giovedì 16 agosto 2012

Questo articolo venne pubblicato sul periodico L'ALA n.ro 16 del 15 novembre 1951.
In questo scritto Vesco analizza uno dei concetti base dei DISCHI VOLANTI - la capacità di decollo verticale, già prerogativa dell'elicottero, grazie alla portanza reattiva - applicato ai velivoli del futuro: i cosiddetti CONVERTIPLANI* (anche se Vesco usa il sostantivo CONVERTOplano)
L'incipit dell'articolo è dedicato alle conclusioni di un altro opinionista de L'ALA, G. Faranda, che chiude il suo articolo sul tema con una nota a metà tra il pessimista e l'ironico, bocciando in pratica questo, che per l'epoca era un modo assolutamente originale di intendere l'aeroplano, ovvero, quello di riunire i pregi dell'elicottero (il decollo verticale e il volo a punto fisso o hovering) con le velocità dell'aeroplano (impossibili per qualunque tipo di elicottero).
In più l'autore genovese introduce, trattandolo a grandi linee, il concetto di portanza reattiva , descrivendo ed analizzando brevemente anche alcuni dei suoi esperimenti con piccoli modelli di propulsori “atipici”, terminando con un temerario accenno ai DISCHI VOLANTI come esempio di velivoli APLANI.

RR

* Il convertiplano è un tipo di velivolo dotato normalmente di due motori (anche se vi sono stati modelli sperimentali che ne utilizzavano quattro) basculanti, cioè in grado di ruotare attorno all'asse orizzontale delle ali. Questo permette di generare una spinta verso l'alto per decollare come un elicottero, o in alternativa di funzionare come le eliche traenti di un aereo.

da Wikipedia


Due moderni convertiplani:

                                                           Il Bell Boeing V-22 Osprey

                                            Sopra e sotto l'Agusta Westland AW 609



               NOTA SUI CONVERTOPLANI E SUGLI AEROMOBILI APLANI

                                                     di Renato Vesco

G. Faranda nel secondo numero dello scorso aprile, ha trattato l'argomento del Convertoplano da un “suo” personale punto di vista (quello dell'aerodinamica e del rendimento, per intenderci) rigorosamente esatto, dimostrando però di non avere compreso i reali scopi della costruzione.
Infatti, a conclusione dell'articolo afferma testualmente: “Quindi i convertoplani, per quanto pittoreschi possano essere e per quanto solletichino il desiderio di novità, non mi sembrano particolarmente realizzabili, in quanto non farebbero altro che peggiorare le caratteristiche dell'elicottero classico diminuendone ancora il già scarso rendimento”. Parole che sono, del resto, logico corollario all'introduzione nella quale dichiara: “Invece di affrontare le vere cause dei difetti riscontrati negli elicotteri, con questi convertoplani si vorrebbero aggirare le difficoltà mediante sistemi appariscenti ma che mi sembrano poco efficaci o addirittura controproducenti”.
In realtà i vari progettisti che si dedicano allo studio del convertoplano non intendono affatto perfezionare le aerodine ad ali rotanti, ma tentano di mettere a punto una macchina che rinserri nella sua concezione l'importantissima facoltà di trasformarsi da aeroplano in elicottero e viceversa in determinate fasi del volo(decollo, aerostazionamento, atterraggio). Non mi dilungo sulla definizione del convertoplano e sulle sue caratteristiche, perchè su questo periodico (VI, n. 23) l'argomento è stato trattato brevemente ma con molta chiarezza da M. Vico.
L'aeroplano e l'elicottero “classici” continueranno perciò separatamente la loro evoluzione verso forme e rendimenti migliori e il convertoplano potrà beneficiarne indirettamente come terzo e distinto tipo di macchina volante, sebbene io sia del parere che – per il fatto che le alte velocità proprie degli aerei a reazione siano negate alle aerodine ad ali rotanti – il convertoplano debba, per forza logica di cose, svilupparsi in base ad un ben diverso e davvero rivoluzionario indirizzo, come esporrò in seguito.
I citati autori si sono limitati ad una esposizione e ad una critica concettuali.
Ritengo perciò opportuno esporre in sintesi le varie soluzioni sinora proposte.
L'idea del decollo e atterraggio verticali risale ai primordi dell'aviazione: tale, ad esempio, l'aspirazione di Bleriot quando affermava che l'aeroplano dell'avvenire sarebbe stato “l'aereo-paracadute” nome curioso ma significativo.
Avendo eseguito diligenti ricerche sull'argomento, credo però di poter affermare con sicurezza che il progenitore degli attuali convertoplani americani sia l' “aeroplano-elicottero Marmonier ad eliche orientabili”, descritto con dovizia di particolari e di figure dal suo ideatore, un tecnico francese, sulla nostra “Rivista Aeronautica” nel luglio del 1931.
I progetti recenti – opera generalmente di privati inventori americani spronati dall'incoraggiamento ufficiale del N.A.C.A. - seguono in parte la falsariga del progetto precedente ed in parte copiano lo schema del noto “elicoplano”, adeguandoli alle ultime conquiste della tecnica aeronautica.
Si registrano così a tutt'oggi ben otto diversi tipi di convertoplani e cioè:
  1. progetto Isacco: ala volante con elica trattiva normale ed un rotore sostentatorio a due pale, una delle quali – durante la traslazione orizzontale – si ritrae telescopicamente nell'altra disposta longitudinalmente alla fusoliera;
  2. progetto Wilford: ala volante con rotore monopala che in volo orizzontale si blocca lungo la fusoliera;
  3. progetto Herrick, presidente della Convertoplane Corporation di New York: biplano con ala inferiore fissa di piccolo allungamento e ridotta superficie ed ala superiore a profilo simmetrico, imperniata al centro (con blocco comando) e munita agli estremi di due pulsoreattori a getti contrapposti per imprima alla velatura una rotazione portante al decollo e all'atterraggio. Trazione orizzontale assicurata da una normale elica propulsiva situata fra i travi di coda. Le sue prime esperienze di volo son di poco posteriori alla memoria del Marmonier (6 novembre 1931) tanto che l'Herrick è considerato negli USA come il “padre del convertoplano”. Un secondo tipo, l' “HV-2A” volò nel 1937. Attualmente è in programma l' “HC-6D” tipo ulteriormente perfezionato, derivato dai precedenti;
  4. progetto Flettner: aereo classico munito di quattro eliche portanti imperniate alle estremità di due supporti a sbalzo fissati rigidamente al centro di ogni semiala e paralleli alla fusoliera , di lunghezza tale che il flusso d'aria delle quattro eliche non disturbi la portanza della velatura normale e non interferisca durante il volo librato. Nel volo orizzontale le eliche s'allineano all'asse dei rispettivi supporti;
  5. progetto Zimmermann: ala volante di piccolissimo allungamento, munita di due gondole motrici, profilatissime e prolungate al di là del bordo d'entrata dell'ala, azionanti grandi eliche quadripale. Decollo, atterraggio e traslazione orizzontale si effettuano imprimendo una graduale rotazione di 90° all'asse longitudinale dell'aereo, sino ad avere rispettivamente l'elica in funzione portante oppure traente. Ideato nel 1936, durante la guerra fu costruito a titolo sperimentale dalla Chance Vought (XF5U-1) per conto della Marina Mancano notizie sulla sua ulteriore evoluzione, il che fa supporre che sia stato abbandonato;
  6. progetto Le Page: aereo di tipo classico con eliche tripala di grande diametro collegate alle estremità alari. Per il volo verticale i rotori si comportano come le velature rotanti degli elicotteri. Alla quota desiderata si consegue la traslazione orizzontale ruotando l'asse di propulsori di 90°. Le eliche sono azionate da motori elettrici, in gondole affusolate, alimentate da turbogeneratori applicati alla radice della cellula;
  7. proposta americana anonima: aereo di tipo convenzionale con grande rotore bipala, ausiliario, portante, che nel volo orizzontale viene retratto in fusoliera;
  8. progetto Leonard: aeromobile a due rotori tripala, coassiali, controrotanti, imperniati sull'asse longitudinale della fusoliera – del tipo “a goccia” - immediatamente a poppa della cabina di pilotaggio. Alla partenza ll'aereo si appoggia sulla coda sale verticalmente sino alla quota voluta, dopodichè s'inclina per 910° ed inizia il volo orizzontale. Il tipo Leonard per concezione e funzionamento, si ispira all'elicottero ad alta velocità Focke Wulf a suo tempo incluso nella lista delle nuove armi germaniche. Questo differiva però per il fatto che l'energia motrice era fornita da 3 autoreattori collocati agli estremi di una sola elica tripala, folle sull'asse di fusoliera ed avviata inizialmente mediante un razzo ausiliario. Si assicura che nelle prove questo originale apparecchio diede ottimo saggio della sua maneggevolezza e stabilità. La velocità orizzontale era di circa 800 Km. Orari e quella di salita verticale di 180 Km/h.
Da quanto esposto, risulta chiaramente che siamo ben lontani dal poter opinare che i convertoplani debbono servire come “correttivi” alle imperfezioni dell'elicottero. Le questioni del rendimento aerodinamico o di quello globale passano senz'altro in seconda linea di fronte ai ben più importanti problemi della stabilità durante le delicate fasi della variazione d'assetto, della maneggevolezza, della velocità orizzontale e di salita, della sicurezza di funzionamento, del carico pagante ed infine delle più o meno late possibilità meccaniche ed industriali di costruzione.
Il pretendere oggi che una macchina rivoluzionaria ancora – per così dire – in fasce possa non solo eguagliare i suoi più anziani competitori a velatura fissa, ma anche sanare le congenite imperfezioni di quelli a velatura rotante è tanto assurdo quanto lo sarebbe stato nel 1910 il pretendere che i gloriosi trabiccoli del tempo valicassero d'un sol balzo l'Oceano o lottassero contro il “muro del suono”. Il convertoplano Herriot HC-6D quadriposto, monomotore, pesa in assetto di volo chilogrammi 1750 ed ha una velocità di avanzamento compresa tra 0 ed i 320 Km. Orari. Francamente, come punto di partenza, mi pare che per la relativamente modesta potenza di 300 HP non si possa chiedere di più!
Anche per gli aeromobili trasformabili si preannuncia però in futura crisi, in quanto il loro progressivo allineamento con i velivoli a reazione li farà partecipi degli inconvenienti e delle esigenze per la lotta contro la barriera sonora. E' noto infatti che loe velocità ipersonore sono praticamente realizzabili a condizione che si approntino propulsori di portanza e rendimento adeguati. Il punto critico della questione è invece rappresentato dalla zona transonica, ossia dal passaggio dalla velocità subsonica alla supersonica, poiché in essa, mentre le resistenze passive raggiungono valori massimi, la portanza tende a zero.
La discontinuità della curva di portanza deve essere in qualche modo eliminata. Si è proposto – disponendo di un propulsore esuberante – di lanciare l'aereo a guisa di proiettile fino a oltrepassare il numero di Mach M. 1,2 (circa 1450 Km/h) dopodichè si ripristinano, sebbene su scala diversa, le normali condizioni di volo; Ma è ovvio che una tale soluzione comporta una pericolosa assoluta mancanza di controllo dell'aereo da parte del pilota .
Nei voli sperimentali si penetra nel campo ipersonoro mediante una decisa picchiata verticale, manovra da escludere praticamente per la sua eccessiva pericolosità a causa dell'onda d'urto transonica (instabile e ad alta frequenza vibratoria) e delle sue deleterie conseguenze sull'equilibrio dell'aereo e della sua manovrabilità.
Se a ciò si aggiunge il fatto che l'estrema riduzione delle superfici alari conduce a sempre maggiori incrementi delle già alte velocità d'atterraggio, la messa a punto di un particolare tipo di aeromobile a reazione, la cui sostentazione sia indipendente dalla consueta portanza aerodinamica alare, può risolvere radicalmente il problema dell'abbinamento dal volo veloce al volo librato.
Il concetto meccanico di tale tipo di aerodina - che chiamo genericamente “aeromobile aplano” (senza ali) – è fondamentalmente quello di realizzare “reattivamente” oltre alla propulsione, anche la sostentazione dando al getto propulsivo una componente in opposizione alla gravità (figura 1). Credo di poter vantare una priorità assoluta documentabile in tale campo, in quanto ne ho iniziato lo studio sin dall'aprile 1942.
La notizia delle famose esperienze coll'aeroplano “Campini-Caproni” e più ancora il loro mancato seguito mi indussero ad approfondire le mie cognizioni superficiali in fatto di motori a reazione e di aerodinamica del volo veloce. L'esame dei diagrammi relativi all'efficienza degli aeroplani ultraveloci, mi convinse sin d'allora della necessità di sopprimere le ali realizzando una diversa forma di portanza.
Poiché ben poco si sapeva sul motoreattore Campini e da quel poco risultava comunque che esso era voluminoso e pesante, mi diedi alla ricerca di altri tipi di propulsori a reazione che presentassero le necessarie caratteristiche fondamentali, ossia: ingombro ridotto, e ragionevole peso. Trascurai di proposito il rendimento, considerandolo appannaggio di ulteriori evoluzioni e perfezionamenti, limitandomi al progetto di una macchina che funzionasse per un tempo più o meno breve decollando sulla verticale, traslando orizzontalmente per un certo tratto, librandosi alla stessa quota, retromarciando orizzontalmente senza invertire la rotta ed atterrando infine sulla verticale del punto di partenza.
Scartato il razzo ( a quell'epoca ancora imperfetto) per il suo eccessivo consumo e per la difficile regolazione, scelsi il propulsore Gussalli “a turbina inversa” trasformandolo radicalmente e adeguandolo alla circostanza. Con i dati sperimentali forniti dal Gussalli nelle sue pubblicazioni, calcolai e disegnai un aereo monoposto, munito però di ridottissime ali non portanti (ossia a profilo simmetrico e ad incidenza zero) aventi esclusiva funzione stabilizzatrice trasversale. La relativa relazione tecnica, presentata agli organi militari competenti due anni dopo venne respinta perchè, anche rettificando alcuni particolari errati, il rendimento del propulsore “a presso-reazione” (come lo avevo disegnato [refuso: il termine giusto è > designato – RR]) era praticamente inaccettabile, sia per il fatto che la metallurgia del tempo non disponeva (in Italia) delle leghe resistenti alle altissime temperature. Si ammise comunque esplicitamente che se l'aereo non poteva essere realizzato, il concetto informatore era fondamentalmente esatto e degno di più lontani sviluppi.
Nell'immediato dopoguerra volli sperimentare personalmente il sistema a turbina inversa ma, dato il piccolo diametro del rotore impiegato e la velocità d'emissione del gas inferiore a quella prescritta, il risultato fu negativo. Non potendo, per ragioni economiche, ritentare la prova su scala maggiore, abbandonai definitivamente tale tipo di propulsore per dedicarmi allo studio dei turboreattori che nel frattempo si andavano affermando e sviluppando. Poiché il loro peso e volume non permetteva un'immediata applicazione, ideai perciò un tipo di reattore radicalmente modificato, sebbene rinserrante in sé tutti gli organi fondamentali delle turbine a gas classiche. Un modellino ha regolarmente funzionato nel 1949fino alla sua autodistruzione, causata dal materiale scadente e da una saldatura difettosa. Data la primitività della costruzione, il rendimento è stato naturalmente assai basso, ma un tipo più perfezionato è attualmente in allestimento e da esso mi attendo migliori prestazioni. Parallelamente – ma con altrettanta lentezza per le solite difficoltà economiche, croce tradizionale ed inevitabile – procede la costruzione del modello volante di “aeromobile aplano siluriforme” (avio-siluro) destinato a ricevere i predetti propulsori. Spero di poter completare entro l'anno il montaggio dell'intero complesso e a prove fatte – se l'esito sarà positivo – ritornerò sull'argomento.
A perseverare nella via intrapresa mi inducono inoltre le diverse voci autorevoli che, negli ultimi anni , propugnarono le mie stesse idee.
Prima in ordine di tempo – almeno per quanto mi consta – il gen. G.A. Crocco che, nel suo scritto “Il superamento della barriera del suono in aviazione: nota III” (in “Atti dell'Accademia nazionale dei Lincei” II n.2, febbraio 1947) riprende in esame la questione del “corpo aerodinamico portante” da Lui enunciata diversi anni prima, trattandola compiutamente dal punto di vista analitico e giungendo alle seguenti conclusioni teoriche. Supposto, a titolo d'esempio, che un aeromobile aplano “tipo” presenti le seguenti caratteristiche: peso totale Q= Kg. 7800 – carico di captazione (equivalente al carico alare) Q/omega=7800 (ossia omega = 1mq) - sezione maestra mq. 3 – Cr = 0,165 – coefficiente di spinta del reattore Cs = 0,35 – coefficiente di captazione atmosferica, Cc = 0,69 – efficienza portante del reattore Ep = Cs/Cc = 0,5 – inclinazione del getto rispetto alla linea di traslazione, alfa = 31°, per una velocità orizzontale (a quota costante) pari a M = 2 ( ossia circa 2400 Km/h) ed una velocità allo scarico del gas di 600 m/sec. La quota di volo “economica” risulta approssimativamente di 12 Km. Con un consumo di circa 227 gr/ton/Km di carburante. Per M =3 (ossia intorno a 3600 Km/h) la quota economica sale a 21 Km. Ed il consumo ammonta a circa 278 gr/ton/Km. Cifre di tutt'altro che facile e prossima realizzazione, ma non proibitive.
L'ing. Vittorio Re tratta invece il problema dal punto di vista dei siluri-razzo. Nell'articolo “Considerazioni ponderali sugli stratomobili” (Rivista Aeronautica, XXII n. ¾, marzo-aprile 1946) espone alcuni calcoli relativi a proietti razzo del tipo V.2, suscettibili di percorrere distanze orizzontali previa compensazione della gravità mediante un getto od un insieme di getti. Peraltro le sue conclusioni sono sfavorevoli a tale tipo di macchina, viziato da un formidabile consumo che inversamente i dispositivi di captazione atmosferica possono in varia misura attenuare. Un esempio pratico di tale concezione lo abbiamo nel “Triebflugel flugzeug) aviorazzo germanico incluso nelle “nuove armi”, sul quale i pareri sono discordi data l'assenza di prototipi e di documentazione relativa. Si assicura comunque che esso fu costruito, collaudato e poi distrutto all'approssimarsi degli alleati. Constava (fig.2) di una fusoliera fusiforme munita di impennaggio cruciforme e di mentre brevi ali disposte a 120° tra loro. L'impennaggio prolungato ed irrobustito manteneva al suolo il velivolo in posizione verticale. Completavano la costruzione una cabina prodiera di pilotaggio, due serbatoi per complessive 12 tonnellate di propellente e tre camere di combustione con relativo ugello,collocate alle estremità alari, secondo lo schema proposto nel 1927 dal prof. Hermann Oberth. Il decollo avveniva verticalmente sino ad una quota superiore ai 20Km. Dove l'aereo assumeva la posizione orizzontale, sorreggendosi su due delle tre ali. Riducendo od aumentando la spinta di une dei tre ugelli era possibile imprimere al velivolo movimenti di cabrata, picchiata e virata, Per l'atterraggio, eseguita una planata per risparmio di carburante, l'ordigno riassumeva la posizione verticale e toccava lentamente il suolo decelerando il suo moto, mediante l'azione frenante dell'apparato propulsivo. L'autonomia era ovviamente ridottissima: poco più di una decina di minuti di volo. In compenso, nella traslazione stratosferica si superavano i 2000 chilometri orari.
Cito infine il commodoro F. Whittle, il ben noto pioniere britannico della propulsione a reazione che nel corso di u na radiotrasmissione svoltasi nella seconda metà del '46, espresse incidentalmente l'opinione che non la fusoliera e la coda , ma le ali dovranno in un futuro più o meno lontano sparire dal corredo delle macchine volanti.
Negli anni successivi tacciono i competenti e parlano le cronache perchè – esistano oppure siano parte di allucinate fantasie – i fantomatici “dischi volanti” possono a buon diritto essere annoverati fra gli aeromobili aplani per la loro facoltà di sfrecciare orizzontalmente a velocità vertiginose e di salire e scendere sulla verticale. La forma discoidale non esclude però la siluriforme perchè, infatti, si osservano anche corpi a forte allungamento classificati come “fusi volanti”. Ripeto che non intendo parteggiare per chi crede o per chi diffida: se realmente esistono, chi li fa e perchè li fa, il più o meno prossimo futuro certamente ce lo farà purtroppo sapere. Sono però dell'opinione che il salire o scendere verticalmente senza l'ausilio di eliche o di altri meccanismi visibili non rappresenta affatto – allo stato attuale della tecnica aeronautica – un mistero od un miracolo come credono generalmente i più, perchè da anni tento praticamente di conseguire lo stesso obiettivo ed è naturale che altri – con infinitamente maggiore dovizia di mezzi, tempo e danaro – possano averlo raggiunto per altre vie.
Per concludere, sia in pace che in guerra, i vantaggi offerti dall'adozione delle formule convertoplana ed aplana sono di per sé evidenti. In particolare, un apparecchio capace di elevarsi come un elicottero potrebbe essere utilizzato non solo da navi portaerei gigantesche, costose e vulnerabili – il cui carico volante risulterebbe inoltre almeno triplicato – ma da qualsiasi tipo di nave. A differenza del convertoplano l'aplano richiederebbe un ponte d'involo od una piattaforma munita di intercapedine entro la quale circoli dell'acqua pompata per evitare l'arroventamento delle lamiere investite dal getto reattivo.
E' difficile tracciare con esattezza un quadro completo dell'aviazione futura, perchè l'avvenire ci può riserbare straordinarie sorprese, tuttavia dubito che le attuali macchine volanti debbano cedere integralmente il campo perchè anche le più ardite costruzioni per raggiungere quote e velocità nelle quali dominano poi incontrastate, debbono progressivamente sottostare a tutta una estesa gamma di velocità e di manovre che sono proprie dei loro più umili confratelli – dal silenzioso aliante sino agli attuali bolidi a reazione – la cui costruzione ed il continuo perfezionamento saranno pèerciò altrettanto indispensabili per l'avvenire come lo sono attualmente, per far si che l'emozionatissimo “pinguino” divenga gradatamente un'aquila esperta.

Ringrazio Giancarlo D'Alessandro (CISU) per avermi fornito il materiale da cui è tratto questo articolo.


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Questo intervento di Renato Vesco sul tema degli aeromobili “aplani” (senza ali) comparve su ALI – Settimanale d'Aviazione n° 4 del 10 febbraio 1952.
L'articolo è corredato da due fotografie e da uno schizzo esplicativo (non riportati in questa sede) di un grosso modello di aereo fusiforme appoggiato su un piano di lavoro. Nessuna delle immagini è corredata da una didascalia esplicativa, i riferimenti si trovano all'interno dell'articolo.
Come al solito Vesco inizia il suo scritto riferendosi a realizzazioni o scritti di altri per accompagnare poi il lettore al nocciolo delle sue argomentazioni.
In questo caso l'incipit è dedicato ad Erik von Holst (non “Holste” come scrive Vesco) famoso studioso di biologia umana ed animale e grande sperimentatore di aerodine ad ala battente, ma l'obiettivo del ricercatore genovese è quello di trattare la portanza reattiva applicata agli aeromobili aplani fusiformi e discoidali.
In parole povere il tipo di propulsione ottimale per i fantomatici DISCHI VOLANTI.

RR


                               MACCHINE VOLANTI DELL'AVVENIRE

La questione del “voliere” di E. von Holste, descritto nel n. 30 del 1951 di ALI, si presta ad alcune interessanti considerazioni sul futuro delle macchine volanti. Innanzitutto occorre premettere l'osservazione che se lo schizzo del “voliere transatlantico”fusiforme è opera dello stesso Holste, egli in definitiva rinnega la sua idea primigenia poiché il complesso propulsivo di cui alla schizzo in questione non è altro che un banale rotore elicoidale potenziato reattivamente , le cui caratteristiche erano note da tempo ed il cui impiego si va progressivamente intensificando nel campo delle aerodine ad ali rotanti.
Dall'esame delle fotografie relative al modellino sperimentale risulta invece che gli studi dell'Holste si riferivano alle aerodine ad ali battenti (ortotteri) come del resto ne fanno fede gli espliciti richiami al volo della libellula e degli insetti in genere.
Comunque sia, è problematico rispondere affermativamente alla domanda finale che si pone il redattore della notizia, ossia se il “voliere” non sia per caso la macchina volante dell'avvenire. Indubbiamente il sistema ad elicoplano è suscettibile di promettenti sviluppi, ma esso va piuttosto considerato come una macchina di transizione fra l'eliccottero e l'aereo di tipo classico.
Mi permetto perciò di dissentire dall'ipoteca sull'avvenire espressa – sia pure in forma interrogativa – da Siculus, perchè anche il “voliere”, al pari dei suoi attuali confratelli alati, dovrà fare i conti con la “barriera sonora”, (approssimativamente da 1150 a 1350 Km/h) e le conclusioni che si possono trarre dai primi tentativi di “frattura” di tale ostacolo anziché al velivolo propriamente detto come architettura indirizzano verso il proiettile esiguamente alato con velature a freccia o a triangolo 8ali a delta) di piccolissima apertura.
Al limite si ha perciò la macchina ideale, quella che non esito a definire la vera macchina volante dell'avvenire: il fuso volante. Propulso reattivamente e con la portanza alare soppressa (più o meno integralmente) a favore della portanza di tipo “reattivo”, esso – vero proiettile antropopilotato – presenterà al vento relativo il minimo indispensabile di superfici penetranti, vale a dire la fusoliera e il complesso degli impennaggi, le cui funzioni potrebbero peraltro essere disimpegnate da un minuscolo reattore poppiero orientabili. Nulla ci vieta inoltre di immaginare varianti di tale macchina munite di piccole ali a carico unitario eccezionalmente elevato da utilizzare nel volo orizzontale ipo ed iper-sonoro, limitando la portanza reattiva alle fasi di decollo, atterraggio e superamento dell'intervallo sonoro, nonché fusi con timoni parzialmente o totalmente retrattili per il surrogamento del “getto” timoniero a quote e velocità ordinarie. Decollo ed atterraggio si effettuano naturalmente sulla verticale.
In sostanza, il concetto meccanico che regge la teoria del fuso volante – che chiamo tecnicamente col nome più appropriato di “aeromobile aplano” (= senz'ali) – è fondamentalmente quello di realizzare reattivamente oltre alla propulsione anche la sostentazione dando al getto una componente in opposizione alla gravità. Dalla composizione vettoriale di cui alla figura nel testo risultano chiaramente le condizioni funzionali della macchina. Supposto che il punto d'applicazione della spinta S, generata dal getto G, coincida col baricentro B del mobile , si ha l'equilibrio delle forze in gioco quando la resistenza ponderale Q e la “componente” portante P da un lato, la resistenza aerodinamica di penetrazione R e la “componente” propulsiva T dall'altro canto, rispettivamente si equivalgono: in tal caso il mobile trasla a quota costante alla velocità massima cui compete il valore di R. Il reattore ausiliario A ruotando sfericamente per circa 180° esplica simultaneamente le funzioni di equilibratore e di timone, nella posaviazione (volo librato) e nell'intervallo sonoro, fasi evolutive della macchina volante in cui i timoni aerodinamici sono per loro natura, assolutamente inefficienti.
Su questa via mi sono messo sin dalla primavera dell'ormai lontano 1942 ma solo di recente ho potuto iniziare la pratica sperimentale su scala ridotta e, nonostante le iniziali incertezze e deficienze, valutare la bontà della mia formula, fattore che mi induce a perseverare nell'impresa.
Le fotografie documentano lo stadio attuale del mio lavoro sperimentale: la fusoliera contiene gli elementi, parte finiti, parte appena sbozzati, necessari per il montaggio del complesso volante e degli accessori fissi relativi. I propulsori – ancora allo stadio di progetto – sono modellati sullo schema dei tutrboreattori ma ne differiscono radicalmente per la diversa conformazione ed accoppiamento degli organi componenti. Un modellino sperimentale di “roto-reattore” ha regolarmente funzionato ai primi del '49, autodistruggendosi a causa del materiale scadente e della primitività della costruzione. Il rendimento è stato ovviamente assai basso ma ciò rientra nelle normali previsioni perchè compito del meccanismo era quello d'illuminarmi sui reali problemi meccanici di funzionamento e costruzione.
Causa l'imperizia dell'operatore fotografo, per fenomeni ottici che mi sono ignoti, purtroppo le fotografie non ritraggono fedelmente la sagoma del modello in quanto la profilatura delle stesso è stata da me curata in modo da sposare l'eleganzad i linee alle necessarie doti di capienza della fusoliera. E' chiaro comunque, che dal modello volante (radiocomandato) di aeromobile aplano siluriforme “VE.RE 42/51” attualmente in costruzione (lenta, molto lenta costruzione per le immancabili strettezze finanziarie e per le difficoltà di reperimento dei materiali d'uso aeronautico sul mercato genovese, prevalentemente orientato verso i problemi del mare), ed eventualmente da altri tipi a profilo discoidale e lenticolare ancora allo studio, non mi attendo velocità eccezionali o velocità sbalorditive: scopo della costruzione è la pratica dimostrazione delle possibilità di fusione dei veloci aeroplani a reazione con le aerodine a decollo e atterraggio verticali (elicotteri e simili) secondo uno schema òmio personale (a cui ho lavorato con fede per ben dieci anni) che esula completamente dalle vie battute sinora anche all'estero ( elicoplani, convertoplani, ecc.) per il conseguimento di tale obiettivo importantissimo ed ambito per ovii motivi.
Come per ogni creazione del genio umano anche il voliere, l'aplano, l'elicoplano, ecc. ecc. hanno il loro “tallone d'Achille” in quanto se è inconcepibile una macchina relativamente lenta che pretenda detenere il monopolio del trasporto transatlantico o circumterrestre al quale decisamente s'addicono le velocità ultrasonore (oltre 1250 Km/h), altrettanto lo sarebbe un'altra macchina che salga a quote ultrastratosferiche per coprire un percorso rettilineo di appena qualche centinaio di chilometri. S delineano perciò dei distinti campi di utilizzazione ( delimitati da particolari valori della velocità e della quota di volo) entro i quali ogni tipo di macchina - dal lento aliante al superveloce fuso volante – potrà svolgere le sue funzioni di trasporto aereo attingendone il massimo rendimento. Ciò perlomeno sino a che un nuovo tipo di carburante supertermogeno od una diversa forma d'energia non si rendano disponibili su scala eccezionale e a modestissimo prezzo, nel qual caso finirebbe per prevalere la convergenza verso un unico tipo di macchina lenta-veloce (vero “aeromobile integrale”), sintesi definitiva di tutte le creazioni che la precedettero.
A parte le sporadiche innovazioni dovute ai singoli ricercatori – a seconda del caso più o meno ingegnose o strampalate – si è facili profeti pronosticando l'avvento ufficiale di nuove forme energetiche per la propulsione e la sostentazione degli aeromobili, ferma restando per il complesso volante la forma fusiforme o discoidale che non si presta ad ulteriori semplificazioni.
Dai micromagneti al magnetismo indotto per rotazione nei corpi metallici; dall'esatta cognizione e riproduzione della radiazione cosmica ionizzante alla scoperta della reale consistenza del fenomeno gravitico sino alla conseguente produzione di campi magnetici in opposizione a quello terrestre; dalla repulsione elettrostatica alla captaziomne su scala industriale dell'energia ad alto potenziale contenuta in quel gigantesco ed inesauribile serbatoio naturale che è l'atmosfera terrestre ; dalla superportanza dei cilindri rotanti alla levitazione dei corpi metallici percorsi da correnti indotte ad alta frequenza con enorme sviluppo di calore; dai termoreattori nuclearmente potenziati a quelli utilizzanti l'espulsione unidirezionale dei prodotti delle disintegrazione nucleare; dalla ionizzazione del propellente in campi elettrostatici generati dalla disintegrazione atomica a tutti gli ulteriori fenomeni che la scienza (sottolineo: la scienza, non la tecnoòogia) quotidianamente ci rivela con impressionante crescendo, le premesse per uno sviluppo diametralmente opposto all'attuale non mancano davvero ed è soprattutto il fatto che l'elettrotecnica avrà una parte preponderante, in un primo tempo integrando e successivamente addirittura soppiantando la termotecnica che – aeromotoristicamente parlando – oggi domina incontrastata. Ciò che oggi è oggetto di pura speculazione scientifica potrebbe in un domani più o meno remoto divenire argomento di pratica applicazione su scala industriale, perchè non va dimenticato – ad esempio – che gli elettromotori, la radiotelegrafia, la radiolocalizzazione, la televisione, ecc.ecc. Altro non sono che gli evoluti pronipoti di quegli umili congegni (pila, elettroforo voltaico, compasso galvanico, ecc. ecc.) che i nostri avi consideravano innocui armamentari per dotti curiosi o semplici macchine da laboratorio didattico.
Quando tutto ciò diverrà realtà? Fra un secolo, un lustro, un decennio? Impossibile risposta: forse i misteriosi e prodigiosi ordigni che solcano periodicamente il cielo non sono che l'avanguardia di creazioni sin da questo istante studiate e allestite con gelosa segretezza per le decisive battaglie di domani....

RENATO VESCO


www.cisu.org
























martedì 10 luglio 2012

Vesco, gli scritti: gli articoli degli anni '50


 Nel quadro degli studi che Vesco fece sui carburanti di ultima generazione (per l’epoca), questa breve recensione da lui firmata, comparve sulla rivista mensile dell'Associazione Scienze Astronautiche nr. 9 del 15 settembre 1954.  

RR

Nota: I testi sono riprodotti seguendo fedelmente gli originali

Corelli: ABBASSAMENTO DEL PUNTO DI CONGELAZIONE DEL TETRANITROMETANO MEDIANTE MEZZI CHIMICI. (Memoria presentata al 4° Congresso Astronautico Internazionale di Zurigo).

Segnalato da VESCO RENATO perito aeronautico, Genova.

….. Il TETRANITROMETANO (C(NO2)4) [nel testo originale ma l’esposizione esatta è: C(NO(2))(4), ma anche CN4O8 - ndr] con il suo 62,5% in peso di ossigeno nitrico particolarmente attivo, costituisce un energico ossidante che può essere utilmente impiegato nei sistemi propulsivi liquidi ad alte prestazioni. Ma, con la generalità di caratteristiche particolarmente favorevoli, come il peso specifico elevato (1,65), la buona stabilità chimica alle condizioni ordinarie di temperatura e pressione, la facile conservazione e manipolazione , l'ininfiammabilità, la pratica inesplosività, il TETRANITROMETANO presenta il serio inconveniente di essere facilmente congelabile, in modo tale che a +13°C già solidifica sotto forma di ammasso cristallino.
E' pertanto interessante studiare la possibilità di abbassare il punto di congelazione del tetranitrometano mediante mezzi chimici chimici diretti (aggiuntivi).
Dopo un certo numero di prove infruttuose, si è finalmente trovato che vi è la POSSIBILITA' DI SCIOGLIERE DELLE FORTI QUANTITA' DI PEROSSIDO D'AZOTO nel tetranitrometano e di ottenere con tal mezzo un importante ABBBASSAMENTO DEL PUNTO DI CONGELAZIONE: per esempio, una soluzione satura contenente all'incirca il 24% in volume di perossido d'azoto comincia a solidificare intorno a meno 10°C.
Con delle concentrazioni più elevate , gli abbassamenti saranno più notevoli.
Si è pure esaminata la possibilità di impedire la solidificazione del tetranitrometano nei serbatoi facendo ricorso a dei mezzi chimici INDIRETTI, cioè mediante il riscaldamento (termostaticamente regolato)che si genera nella decomposizione esotermica dell’acqua ossigenata ad alta concentrazione su di un catalizzatore solido.
NOTE DEL SEGNALATORE:
Il prof. Corelli ha chiamato col nome convenzionale di SUPEROXOL le soluzioni di tetranitrometano più perossido d’azoto (quest’ultimo N2O4 non è altro che la nota IPOAZOTIDE o tetrossido d’azoto delle vecchien esperienze romane del 1929/32) proteggendo la sua scoperta con la domanda N° 70/381 dell’Ufficio Centrale Brevetti.
Il Tetranitrometano si presta alla composizione di interessanti miscele combustibili “binarie” (ossia a due elementi). Fra le principali citerò:
I°) TERANITROMETANO più EPTANO, (I parte in peso di eptano per 7.18 di ossidante) che da una temperatura massima di circa 4900°C e una potenza teorica esplosiva di Kgm 728450 per Kg di miscela.(Assai prossima cioè a quelle prodotte dalla famosa OSSILIQUITE, miscela di ossigeno liquido al 27% di nerofumo e dalla GELATINA ESPLOSIVA).
2°) TETRANITROMETANO più CARBONE (indubbiamente il più interessante tra i “litergoli” o sistemi “liquido più solido”) di poco inferiore alla precedente come potenza resa, ma di gran lunga più economica ed a maggiore concentrazione(densità). Versando del tetranitrometano sul carbone acceso, questo brucia con intenso splendore: l’operazione richiede pertanto le necessarie cautele (pur non essendo in sé pericolosa quanto il maneggio degli esplosivi e dei liquidi combustibili).
La chiusa della recensione (a firma Eula-Partel è apparsa su “L’Aerotecnica” fascicolo 5/1953) accenna ad un metodo “indiretto” di auto-riscaldamento: trattasi probabilmente della nota reazione esotermica (ossia con produzione di abbondante vapore surriscaldato) “perossido di idrogeno (acqua ossigenata all87/90%) più permanganato sodico e potassico (che fra l’altro fu ampiamente usata per muovere le turbopompe del famoso siluro razzo V 2.)
Per maggiori schiarimenti consultare: Corelli – IL TETRANITROMETANO E LA SUA PREPARAZIONE TECNICA – L’AEROTECNICA ,fasc 5/1948;e Corelli – L’ABBASSAMENTO ecc. in “L’AEROTECNICA” – FASC 6/1953

Firmato: RENATO VESCO – Genova

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 Questo articolo di Vesco apparve sul periodico aeronautico “L’Ala” n° 15 – anno VII del 15 ottobre 1951.
In questa occasione l’autore genovese faceva alcune precisazioni sugli autoreattori oltre a descrivere un endoreattore per aeromodelli da lui progettato nel tentativo di sollecitare altri modellisti evoluti dediti alla ricerca sui propulsori a fare altrettanto. In questo momento Vesco aveva già ben chiari i fondamenti tecnici su cui si fondavano i “dischi volanti” ed era parimenti conscio che la sua intuizione se esplicitata con troppa chiarezza avrebbe potuto fornire a qualcuno - magari all’interno di un ufficio progettazione di una grande industria aeronautica - il giusto input che, con gli enormi capitali disponibili, gli avrebbe permesso di realizzare quel capolavoro tecnologico che Vesco sapeva essere esclusiva sua e degli albionici costruttori dei DISCHI VOLANTI.
L’esortazione finale alla condivisione delle idee e dei progetti ha proprio lo scopo di tentare di mettere in comunicazione un pool di modellisti evoluti capaci immaginare e testare propulsori in scala ridotta che oggi definiremmo “esotici”, mantenendo i costi di ricerca alla portata del budget di un singolo individuo.
Ovviamente l’invito cadde nel vuoto, sia per la scarsa propensione dei modellisti a scambiarsi idee nel timore di fornire ad altri “segreti” ottenuti con fatica e non pochi fallimenti, sia perché nessuno - allora come ora - aveva in mente un affresco tecnologico d’avanguardia come quello che troneggiava nella mente di Renato Vesco.   

RR


Nota sui micro-reattori a combustibile liquido e sull’endoreattore VE.RE “Asteroide” per aeromodelli

La lettura dell’articolo “Razzo a combustibile liquido per aeromodelli” firmato da Aldo Dedè (L’ALA – VII, n 7) mi induce a stendere alcune rettifiche accompagnate da un sommario esame del problema.
Innanzi tutto è bene precisare che il termine razzo è impropriamente usato in quanto il reattore A.D. non è un “endoreattore”. I propulsori che funzionano bruciando il combustibile nell’aria spontaneamente captata e compressa per effetto di semplice moto relativo, si chiamano “autoreattori” e nel caso in esame - stante la modesta velocità di traslazione – il dispositivo può essere senz’altro classificato come un “reattore iposonoro”.
L’idea di migliorare il funzionamento dell’autoreattore munendolo di un adatto collettore non è nuova. L’autoreattore C.F.2 (cfr, L’ALA – V, n.8) infatti comportava tale installazione (utilizzata inoltre per carburare il flusso mediante il solito “spillo”) ma dopo una lunga serie di prove esso fu abbandonato dal costruttore perché, sebbene presentasse un funzionamento discretamente regolare, il rendimento era inaccettabile.
Pur essendo problematico se il volo circolare possa neutralizzare almeno in parte gl’inconvenienti lamentati e sorvolando sull’elastica questione del rendimento, lo schema dell’autoreattore A.D. è comunque suscettibile di applicazione sperimentale a condizione di apportarvi due fondamentali modifiche.  In primo luogo occorre rimuovere gli iniettori della camera di combustione (che comporterebbero l’adozione di un serbatoio in pressione) sostituendoli con un comune micro-carburatore collocato nella sezione ristretta del tubo Venturi. Con una presa accuratamente studiata la velocità d’immissione dell’aria nel combustore può raggiungere 200 m sec.: a tale regime i carburatori normali a spillo e tubetto passanti aumentano notevolmente le resistenze allo scorrimento dell’aria.  Perciò il tipo più indicato è quello a spruzzatore anulare, molto diffuso in aeronautica ed impiegato – tanto per citare un esempio – sul motore Allison V1710 C17 che equipaggiava il ben noto “Aircobra” (il riferimento è al caccia monomotore Bell P-39 “AIRACOBRA” – RR).
Data l’indispensabile semplificazione (fig. 1), la regolazione si effettua ruotando il convergente in modo da ampliare o restringere la gola anulare d’erogazione o “getto” del carburante. Anche l’ugello d’efflusso del reattore va completamente ridisegnato assegnandogli un profilo leggermente convergente, ricordando che in linea di massima sulla forma dell’ugello influiscono principalmente i seguenti fattori: la pressione Pc nella camera di combustione, la pressione Pe nel tubo d’efflusso e la pressione atmosferica esterna Pa.
In generale queste ultime non coincidono. Si hanno perciò tre possibili casi: Pe=Pa, Pe>Pa, Pe<Pa. Nel primo caso l’espansione avviene totalmente nell’ugello dal quale esce perciò un getto cilindrico; nel secondo caso il gas continua la sua espansione all’esterno,nel terzo caso (fig. 2) il flusso si contrae staccandosi dalla parete causa il prevelere della pressione atmosferica e si ha una periodica formazione di onde d’urto nella colonna gassosa che ne riduce la velocità d’efflusso ed altera il buon andamento della combustione.  La pressione massima dei cicli autoreattivi è quella spontanea di captazione e per una velocità media di immissione di 150 m sec. - nella migliore delle ipotesi – è appena 1477 mm. H2O ossia 1.18 Kg/cmq. assoluti teorici. Adottando un ugello del tipo Laval, la depressione nel divergente e le relative pulsazioni ondose sarebbero perciò inevitabili.
Giova inoltre ricordare che il rendimento del combustore raggiunge praticamente il suo massimo quando il rapporto fra la sezione di immissione (o bocca semplice di captazione) S2 e quella della camera di combustione S3 vale S2/S3 = 0.16. Una rigorosa trattazione matematica dei problemi termodinamici connessi al progetto delle macchine autopropulse è data dal magg. Gambarucci nella sua “ Teoria elementare del termopropulsore ideale” (L’Aerotecnica, XXI, n. 12/1941) alla quale rimando chi desiderasse maggiori dettagli in proposito. L’autore dell’articolo in esame, ad un certo punto dichiara ad un certo punto dichiara: ”Essendo per noi impossibile portare sul modello il comburente, che è generalmente costituito da ossigeno liquido ecc. useremo come tele l’aria stessa”. Premesso che un “razzo” è tale solo alla condizione che il suo ciclo termico sia totalmente indipendente dall’ambiente circostante, lo schema di un autentico endoreattore a combustibile liquido è stato da tempo illustrato da G. Franceschi (cfr. L’ALA – II, n. 11).  Il congegno consta di una bombolina d’aria compressa a 7 atm. Della capacità di circa 600 cmc., di un serbatoio di combustibile munito di travaso con carburatore a spilloe di una camera di combustione con ugello reattivo.
Impiegando l’ossigeno gassoso fortemente compresso (cfs. L’articolo di P.L. Gnesi (in l’ALA – VI, n.4) in luogo dell’aria e riservando a questa solo il compito di “pompare” il carburante ci si avvicinerebbe maggiormente agli schemi classici degli endoreattori aeronautici e balistici.  Ma – come giustamente osserva l’ideatore del microserbatoio per l’ossigeno compresso – simili ordigni come pure quello che descriverò in seguito, non devono essere maneggiati che da persone in possesso di di una adeguata cultura ed esperienza in materia. Inoltre l’adozione di serbatoi plurimi implica aggravi ponderali, volumetrici e costruttivi difficilmente tollerabili nel campo dell’impiego modellistico.  Forse la soluzione del problema potrebbe essere fornita dall’impiego del nitrometano.
Si deve al prof. L. Crocco la scoperta che il nitrometano (CH3NO2) può essere impiegato singolarmente quale sostanza energetica (mono-propellente) dato che per la sua specifica composizione molecolare è auto-combustibile pur senza essere praticamente esplosivo. Infatti in esso, ad una parte combustibile (CH3….) è associata una parte comburente (….NO2) sotto la forma di ossigeno nitrico.  Beninteso la reazione esotermica si sviluppa spontaneamente solo in base a determinate condizioni di temperatura e di pressione nel combustore , i cui limiti variano in funzione della purezza del prodotto. L’argomento del nitrometano come supercarburante per i motorini a stantuffo è stato trattato da P.L. Gnesi - in l’ALA – VI, n.19) ma per maggiori chiarimenti sulle sue caratteristiche chimiche o sulle modalità di preparazione è consigliabile la consultazione di lavori del prof. M. Corelli (in “Annali della chimica applicata” XXXVIII – 96/1948) che con particolare competenza e diligenza si è dedicato a tale ordine di ricerche in vista delle sue eccezionali qualità come mono propellente per razzi.  Lo stesso autore ha inoltre condotto un’accurata indagine sperimentale per stabilire il preciso grado di solubilità del nitrometano in acqua e viceversa (cfr. “L’Aerotecnica” XXX, n.1/1950), problema importante anche dal nostro punto di vista perché le esperienze potrebbero ad esempio confermare se la diluizione del nitrometano possa condurre ad incrementi di spinta o, comunque, a più ridotti consumi massici di una sostanza che attualmente è di assai difficile reperibilità e molto costosa.  Sarebbe anche interessante sperimentare – s’intende con le dovute cautele - una miscela (CH3NO2 + H2O2) in quanto sono dell’opinione che una saturazione di ossidante possa agevolare la scissione del nitrogruppo dalla molecola fondamentale a pressioni e temperature meno elevate dell’ordinario. Ad ogni modo la diluizione del nitrometano e l’inclusione di adtti catalizzatori liquidi o solidali, sono problemi che richiedono attrezzature sperimentali particolari e non si prestano ad applicazioni immediate. Perciò per un progetto pratico di razzo monoliquido per aeromodellismo occorre ripiegare sull’uso del nitrometano puro, le cui caratteristiche d’impiego sono sufficientemente note.
L’endoreattore VE.RE “Asteroide”che ho ideato da tempo in attesa che una nota ditta milanese ponga in commercio il nitrometano come annunciato dai suoi listini, consta essenzialmente dei seguenti organi:
1)  Una normale camera di combustione in lamiera d’acciaio inossidabile divisa in due parti – per comodità di costruzione e montaggio dell’iniettore – congiunta da una flangia imbullonata con interposta guarnizione incombustibile.
2)Un serbatoio sferico, anch’esso in lamiera d’acciaio, diviso in due collettori emisferici da una lastra circolare piana intermedia . I tre bordi sono equatorialmente congiunti da una saldatura elettrica continua ed i collettori sono muniti rispettivamente di tappo e di valvolina per la carica del liquido e dell’aria compressa.
3)Un rubinetto con riduttore di pressione, applicato alla piastra intermedia dal lato dell’aria in pressione.
4)Un condotto tubolare di piccola sezione collegante il serbatoio alla camera di combustione.
5)Un iniettore con valvolina di non ritorno a sferetta d’acciaio.
Anima di tutto il complesso è il serbatoio che funziona anche da pompa e da regolatore della pressione d’alimentazione del razzo. Sezionandolo longitudinalmente si nota subito che l’organo più importante e complesso è il rubinetto-riduttore costituito dall’incastellatura cilindrica a doppio zoccolo A che, tramite il serraggio dei dadi d’estremità B e C, muniti di adatte guarnizioni plastiche , esercita sulla piastra base e sulla volta emisferica superiore una pressione concomitante di irrigidimento e di bloccaggio. Essa è forata assialmente e nella sua anima ruota a perfetta tenuta il maschio D del rubinetto di pompaggio, prolungato sino all’esterno per ricevere il bottone zigrinato E e munito all’estremo opposto di una testa cilindrica F ricavata per tornitura che ha il compito di bloccare assialmente il rotante e migliorarne l’ermeticità.  Il maschio D – risultante dall’unione di due parti distinte congiunte a filettatura forzata oppure con perno trasversale e ribattiture annegate – rinserra nel suo corpo il riduttore di pressione, il cui uso è assolutamente indispensabile perché rende regolare l’alimentazione del carburatore aumentando la durata di funzionamento del reattore.
Vi sono diversi tipi di riduttori: a sfere oscillanti, a membrane vibranti, a spine fisse di strozzamento.
Ogni tipo ha i suoi pregi ed i suoi difetti caratteristici. Per il progetto dell’ “Asteroide” mi sono avvalso di un tipo non molto semplice ma di sicuro affidamento, che dette ottime prove in aeromodellismo al tempo dei motorini ad aria compressa. Esso è formato da una camera cilindrica divisa internamente in due vani da un diaframma riportato H forato al centro.  In questo foro si adatta una valvola conica M fissata all’estremo del gambo a comunica invece al pistone N a tenuta perfetta e scorrevole entro la camera di decompressione. Il pistone è premuto da una molla a spirale P la cui pressione è regolabile per mezzo del perno P a vite Q, concentrico al maschio del rubinetto. La camera di pressione R è in comunicazione con l’interno del serbatoio mediante fori combacianti S, la camera O comunica invece col serbatoio del nitrometano a mezzo del condotto a gomito T, il cui orifizio di alimentazione è posto inferiormente al pistone e cioè tra questo e il diaframma. Una vitina forzata U tura il foro eccedente praticato per necessità di lavorazione. Il funzionamento il seguente: si supponga di avere nel serbatoio all’inizio del funzionamento una data pressione X e di alimentare il combustore ad una pressione minore Y. Aperto il rubinetto (ed opportune tacche sulla testa F o sul bottone E potranno far si che esso si arresti a colpo sicuro sulla posizione di massima apertura o di massima chiusura) l’aria affluirà con la pressione X nella camera R e passerà nella camera O attraverso lo spazio lasciato libero dalla valvola conica che è tenuta aperta dalla molla.
L’aria con la pressione X agirà contemporaneamente sul liquido del serbatoio sottostante – mettendolo energicamente in moto nella tubazione d’alimentazione, permettendogli così di vincere agevolmente le resistenze supplementari di apertura del circuito – sul pistone N. Quindi su quest’ultimo da un lato agirà la molla regolata per resistere alla pressione Y e dall’altro lato la pressione iniziale X: perciò il pistone si sposterà comprimendo la molla e strozzando l’afflusso dell’aria attraverso la sede della valvola.  Quando attraverso il foro del diaframma può passare soltanto una quantità d’aria tale che espandendosi nella camera O la pressione si riduca al valore Y, il pistone si arresta per il raggiungimento dell’equilibrio fra la molla e la pressione dell’aria. Essendo la valvolina collegata direttamente al pistone, la decomposizione si effettua in modo costante, senza arresti o sbalzi. Quando la pressione nel serbatoio d’aria sarà ridotta al valore Y, la valvola per effetto della molla si aprirà sempre più, lasciando passare maggiori volumi di gas ed assicurando l’alimentazione (a pressione ridotta anche durante l’ultima fase di funzionamento del reattore.
Il materiale da impiegare per la costruzione del rubinetto-riduttore deve essere leggero, resistente, levigabile ed esente da ossidabilità accentuata: l’ottone è il più indicato, ovviamente ad eccezione della molla d’acciaio e del bottone zigrinato che può essere in alluminio o in bachelite. Il montaggio del serbatoio va fatto in due tempi. In primo luogo occorre tarare approssimativamente la molla del riduttore. Collocatala nella sua sede e montato l’intero rubinetto sulla piastra intermedia, si applicano le due semisfere in precedenza munite dei raccordi di carica e di travaso dei fluidi ed infine si saldano elettricamente i bordi realizzando un complesso ermetico e compatto.  Caricato il serbatoio di aria compressa si collega il raccordo di travaso del propellente con la presa di un manometro e si regola il perno Q del riduttore fino a tanto che lo scarico del gas si effettui alla pressione voluta. Occorre astenersi scrupolosamente dal lubrificare il pistone del riduttore ed ogni altro pezzo mobile in genere: la perfetta tenuta fra le varie parti va conseguita esclusivamente mediante la loro accurata rifinitura perché i lubrificanti odierni, in quanto derivati organici del petrolio, possono reagire esplosivamente in presenza del nitrogruppo (NO2) contenuto nel propellente. Il raccordo di carica del serbatoio d’aria deve essere munito di valvolina conica di ritegno, simile per concezione alle comuni valvole da pneumatici per biciclette e motocicli: l’adozione di un tappo filettato di protezione è facoltativa.
Il raccordo di travaso del liquido invece è un tubetto a T coricato, la cui branca inferiore sopporta il tappo di caricamento. Il serbatoio può essere fissato con bulloncini alle fiancate del velivolo mediante due alette diametralmente opposte, ricavate dal corpo della piastra piana intermedia che in tal caso va originariamente tagliata di forma quadrata (col lato eguale al diametro massimo delle mezze sfere bordo compreso). A saldatura ultimata, le due alette laterali vengono smussate e forate mentre le altre, ad esse perpendicolari, si asportano a lima se inservibili.  L’iniettore è del tipo aperto senza parti in movimento. Una sferina funzione da valvola di non ritorno. Ricavato preferibilmente da un tondino di ferro (che poi va cromato) altrimenti d’ottone, deve essere privo di spigoli per evitare disaggregazioni del metallo sotto l’impulso dell’alta temperatura. Il diametro del “getto” va calcolato in base alla pressione che si desidera realizzare nel combustore ed alla “portata” prefissa. La velocità d’iniezione va scelta in modo che risulti possibilmente alquanto superiore a quella di infiammabilità del propellente.  Anche la camera di combustione deve essere priva di spigoli per la stessa ragione: per il suo dimensionamento valgono le note formule correntemente applicate nel progetto dei motori termici.  Qualche parola di più richiede invece il problema dell’accensione. Nelle prime esperienze eseguite nel 1934 sotto il vincolo del segreto i prof. L. Crocco e M. Corelli impiegarono una speciale “bomba a decomposizione” in acciaio inossidabile entro la quale iniettavano il liquido sotto pressione che venuto a contatto con le pareti di un crogiolo inizialmente riscaldato al rosso scuro si decomponeva esotermicamente sviluppando un grande volume di prodotti gassosi. Data l’entità e la costanza della temperatura massima del ciclo è da escludere che una normale candela ad incandescenza possa resistere a lungo. Il problema può essere risolto solo mediante l’impiego di una robusta spirale o di una piattina metallica collocata dinanzi all’iniettore ed arroventata dall’esterno all’avviamento mediante l’uso delle solite pile a secco.  Forma, dimensioni e collocazione dell’accenditore sono elementi che ogni costruttore deve definire caso per caso in base alle sue capacità costruttive ed alle condizioni di funzionamento del razzo. Perciò nello schema allegato l’impianto di accensione risulta omesso.  Ritengo comunque che l’impiego della piattina al ni-cromo sia preferibile all’uso di una spirale. Infatti, mentre l’applicazione di questa risulta laboriosa, dovendo utilizzare una normale candelina modificata (cfr. in L?ALA – V, n. 2 “Lo schema di trasformazione di una candela in una glow plug”) la piattina può essere direttamente bullonata al corpo del combustore con l’interposizione o meno (massa) di adatte guarnizioni isolanti e incombustibili (amianto, mica).  Inoltre la sua compatta sezione se richiede un più elevato consumo di corrente per il riscaldamento iniziale offre in seguito una maggiore resistenza alle notevoli sollecitazioni termiche d’esercizio.  Esaminate in dettaglio tutte le singole parti dell’ “Asteroide” dovrei aggiungere, per completare la trattazione, anche le linee generali del modello volante destinato a riceverlo: ma poiché ciò esulerebbe dallo scopo prefisso ( che era unicamente quello di illustrare un nuovo tipo di micro-reattore) e sottrarrebbe un non indifferente spazio stampabile, mi limiterò a semplici suggerimenti.
Per il volo libero l’eleganza di linee ed il carattere, diciamo così, “futuristico” del tutt’ala “NOR.PA. 49”, opportunamente adattato (cfr. L’ALA – V, n.6) si prestano egregiamente alla valorizzazione dell’ “Asteroide”; per il volo circolare telecontrollato il tipo “Vampiro” (progetto L. Spinelli – L’ALA – III, n. 19), presenta indiscusse doti di preferenza dal punto di vista della stabilità e della maneggevolezza.
Nel montaggio del reattore sull’aereo, oltre allo schermaggio della fusoliera (effettuato con le solite lastrine metalliche distanziate) è bene curare anche il raffreddamento del motore. Le prese d’aria alle radici alari del “NOR.PA. 49” servono ottimamente allo scopo; per il “Vampiro” una serie di persiane disposte a raggiera all'altezza del combustore potrà assicurare una sufficiente ventilazione. Per maggiori precauzioni sarà forse opportuno collocare tra il serbatoio e il combustore un diaframma coibente ed incombustibile, nonché prolungare fino all’esterno del ventre di fusoliera il tubetto di collegamento degli organi predetti, in modo che sia lambito dal vento della corsa ed infine alettare il più fittamente possibile il tratto d’iniettore esterno al combustore, così da neutralizzare al massimo grado le conduzioni di calore verso la sorgente del liquido propellente.  Si sottolinea a tale scopo la fortunata combinazione dell’assenza di ogni pompa meccanica (metallica) comunemente intesa, in quanto l’aria stagnante è per sua stessa natura cattiva conduttrice di calore. Con l’adozione della forma cilindrica in luogo della sferica per il serbatoio è giocoforza scindere in due distinti recipienti il serbatoio munito il primo di rubinetto e di riduttore il secondo: in tal caso per conseguire il massimo rendimento volumetrico è consigliabile adottare recipienti con diametro pari all’altezza, come dimostrato dal calcolo differenziale.
Trattare l’argomento del consumo, della spinta e del rendimento o tentare una comparazione con gli altri tipi di reattori sarebbe puramente accademico: l’essenziale è costruire un congegtno che funzioni, i perfezionamenti verranno in seguito.
Ed ora, per concludere questa fin troppo lunga esposizione, desidero ribadire un “chiodo” che in verità è stato da tempo piantato da altri. Che L’ALA è decisamente benemerita nel campo della pubblicazione di idee motoristiche d’avanguardia e basti citare – oltre alle varie macchine che ho in precedenza nominate e descritte per ragioni di critica o di comparazione – il motoreattore inglese tipo “C.C.” (II, n. 1), il pulsoreattore F. Mercenaro (IV, n. 10), Il turboreattore C.F. 3, il pulsoreattore Anisimow (VI, n. 20), la cadenza di presentazione è però a mio avviso troppo lenta: sino alla data attuale – statisticamente parlando – è di appena una nuova proposta ogni dieci mesi circa! Eppure è certo che il lavoro ferve nel campo di micro-reattori: perché dunque i vari progettisti non rendono note le loro costruzioni, le loro idee e – perché no?! – i loro insuccessi? Uno scambio vicendevole di idee di informazioni varie, di risultati conseguiti, sia positivi che negativi, può essere di reciproca utilità, dissipando dubbi e potendo far condurre a buon fine costruzioni già pericolanti, peraltro meritevoli di successo, nonché impedire che altri battano strade già dimostratesi errate, evitando inutili dispendii di tempo e di danaro.
Con la pubblicazione dell’ “Asteroide” – ed eventualmente altre mie idee che sono attualmente ancora allo stato embrionale – intendo per primo dare praticamente l’esempio per una più vasta collaborazione collettiva “a distanza” sulla materia.  L’ “aeromodellismo sperimentale” propugnato da G. Fabbi esattamente cinque anni fa (cfr. l’articolo “Uscire di minorità”, apparso su questo periodico, II, n. 4) deve divenire una realtà altrimenti – in un’era aeronauticamente rivoluzionaria come la presente – l’aeromodellismo “fossilizzandosi” sui consueti schemi perderà fatalmente a poco a poco mordente e proseliti.
Ho forse detto ciò che non si deve dire?

Renato Vesco

Ringrazio Giancarlo D'Alessandro (CISU) per avermi fornito il materiale da cui è tratto questo articolo.

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giovedì 28 giugno 2012

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Questo blog è dedicato espressamente a Renato Vesco e alla sua filosofia tecnologica, attraverso la quale, fin dai primissimi anni'50 del secolo scorso, ha immaginato e descritto in termini aerotecnici quei veri e propri fantasmi dell'aria che all'epoca erano chiamati DISCHI VOLANTI.
In quegli anni convulsi di un dopoguerra straziato da tremende ferite e sostenuto solo dalla speranza di un futuro migliore, si presentò agli occhi di un'umanità attonita un fenomeno senza precedenti che si impose all'attenzione dell'opinione pubblica e dei militari, quello delle fugaci, ma continue, apparizioni di oggetti volanti sconosciuti dall'aspetto tecnologico estremamente evoluto che nel volgere di pochi giorni dopo il fatidico 24 giugno 1947 avevano fatto la loro comparsa nei cieli di tutta l'Unione, apparendo improvvisamente ed altrettanto velocemente dileguandosi nel mistero.
In pochissimo tempo individui di ogni razza e colore avevano visto gli inafferrabili DISCHI VOLANTI. Gli organi d'informazione non perdevano occasione per riportare la notizia di qualcuno che “aveva visto”, mentre l'opinione pubblica - lacerata dalla nemmeno troppo nascosta angoscia di una nuova guerra mondiale con quell'Unione Sovietica che fino a qualche anno prima era stata un prezioso alleato nella lotta contro il nazismo ed ora si era rivelata come il più terribile e mortale dei nemici – chiedeva ai militari, che assistevano impotenti e confusi, di rendere conto di quelle continue e misteriose incursioni nei cieli nazionali. 
Solo un uomo era tranquillo perchè “sapeva” da dove venivano e cosa erano quei misteriosi congegni.
Quell'uomo era Renato Vesco.


In questa sede proverò a fare un lavoro di ricerca tecnico-storico sulla irrisolta questione dei DISCHI VOLANTI alla luce delle intuizioni e delle teorie che Vesco ha esposto in tre ponderosi volumi sull'argomento, in decine di articoli e in centinaia di pagine dattiloscritte che sono il risultato di un copioso scambio di missive, prima con Marcello Pupilli e poi col sottoscritto.
Renato Vesco era un personaggio molto schivo che rifiutò sistematicamente i ripetuti e pressanti inviti ad incontri personali da parte di vari esponenti di spicco del Centro italiano Studi Ufologici di Torino, che negli ultimi anni della sua vita lo avevano eletto, con sua grande soddisfazione, Socio Onorario.
In quello che sarebbe stato il suo ultimo anno di vita io lo avevo ripetutamente contattato telefonicamente instaurando con lui un rapporto di fiducia, dovuto particolarmente al fatto che entrambi avevamo una consistente competenza aerotecnica, strappandogli (letteralmente!) la promessa di incontrarci personalmente appena possibile. Purtroppo la sua tragica morte avvenuta a Genova il 24 novembre 1999, non permise la realizzazione di questo mio progetto.

COLGO L'OCCASIONE PER RINGRAZIARE IL CENTRO ITALIANO STUDI UFOLOGICI (CISU) NELLE PERSONE DI EDOARDO RUSSO, G.P. GRASSINO, MAURIZIO VERGA E PAOLO FIORINO PER L'ASSISTENZA E L'AIUTO CHE MI HANNO DATO E CONTINUANO ANCORA  A DARMI.
UN RIGRAZIAMENTO PARTICOLARE LO DEVO A MARCELLO PUPILLI (CISU) PER I GRADITI PARERI CHE HA AVUTO LA GENTILEZZA DI DARMI IN TUTTI QUESTI ANNI, OLTRE CHE PER AVERMI FORNITO COPIA DELL'IMPONENTE CARTEGGIO DA LUI  SCAMBIATO CON RENATO VESCO.
RR

I CONCETTI TECNICI

Renato Vesco è l'unico autore che sia riuscito nell'impresa di creare un quadro tecnico in cui i DISCHI VOLANTI hanno una consistenza tecnico-scientifica che con le opportune conoscenze può essere controllato da chiunque.
Nel corso di 13 lustri* decine di autori si sono cimentati nell'impresa di spiegare - entrando anche nel dettaglio - il sistema propulsivo dei “dischi”, ma affascinati e, forse, intimoriti dalle mirabolanti prestazioni descritte dai testimoni, tutti si sono avventurati in ipotesi fantascientifiche, basate sull'energia atomica, sull'elettromagnetismo, sull'antimateria, sull'antigravità e così via, in un crescendo che li ha portati a trattare argomenti posti al limite - se non oltre - delle conoscenze umane rendendo in questo modo poco credibili e in certi casi, risibili, le loro affermazioni.
Invece la teoria veschiana è basata su presupposti aerotecnici avanzati ma non al di fuori delle capacità tecniche attuali
I concetti tecnici fondamentali dei DISCHI VOLANTI veschiani non sono troppo difficili da assimilare, in pratica Vesco afferma che il propulsore e il disco volante sono la stessa cosa.
La turbina radiale che produce la potenza necessaria per il volo, funziona principalmente in virtù della capacità della superficie superiore del disco che è permeabile all'aria di assorbire le enormi quantità di fluido necessarie al funzionamento del rotopropulsore senza la necessità di utilizzare ingombranti prese d’aria, in virtù del concetto di “suction totale” ovvero del risucchio totale dello “strato limite”.
Il controllo dello strato limite, ovvero di quella sottilissima pellicola di molecole di fluido che permea il corpo di qualsiasi cosa si muove in un fluido aumentandone sensibilmente la resistenza all'avanzamento, è ancora oggi oggetto di studi e sperimentazioni estese, ma Vesco concepì il suo disco volante dotato di “suction totale”, propulsore radiale e “portanza reattiva” quando questi concetti, negli anni '50, erano ancora quasi sconosciuti ed ancora pochissimo studiati perchè le esigenze tecniche dell'epoca richiedevano che i velivoli fossero il più possibile semplici, tali da poter essere costruiti in grande numero e facili da pilotare e manutenzionare.
Vesco invece aveva inserito nel disegno dei suoi dischi volanti tutti i concetti tecnici più avanzati di quell'epoca estremamente turbolenta a causa del dualismo tra USA e URSS impegnate allo spasimo nella Guerra Fredda.
La “suction” era possibile solo con l'utilizzo dei “metalli porosi”, il livello di potenza necessaria al raggiungimento delle performance degli UFO descritte dai testimoni, era possibile solo con l'utilizzo di un propulsore a reazione assolutamente innovativo, e così concepì il “turboreattore radiale” che era in grado di sostenere e dirigere il veicolo in toto senza l'utilizzo di nessuna superficie aerodinamica grazie alla “portanza reattiva”.


Questo diagramma inserito nel secondo libro di Vesco " I Velivoli del Mistero" chiarisce i concetti di macro-aspitrazione e portanza reattiva. Come si vede tutta la superficie superiore del disco, attraverso la suction,  è abilitata ad aspirare grandi volumi di fluido che vengono inviati direttamente nel ciclo propulsivo. La massa di gas a temperatura ambiente in entrata M1 è circa uguale alla massa in uscita M2 ad alta temperatura che fornisce la spinta diretta unicamente sul vettore verticale O>T. Questo implica che per avete la traslazione orizzontale il disco deve inclinarsi. Maggiore è la vecità e maggiore sarà l'inclinazione dell'asse principale di simmetria rispetto all'orizzonte.



In realtà questo era solo il quadro generale perché il sistema motopropulsivo non avrebbe potuto fornire la potenza necessaria senza l’uso di carburanti esotici o supercarburanti, come venivano chiamati negli anni ’50.
I centri di ricerca americani li chiamavano “ZIP fuel” o HEF (high energy fuel) e tra questi figuravano il magnesio, l'alluminio, il berillio, il litio e i “compound” a base di boro, i cosiddetti borani che fornivano un'energia specifica quasi doppia rispetto ai carburanti normalmente usati come il JP-4 e l'RP-1
L’Air Force Project HEF aveva individuato un’intera famiglia di questi carburanti derivati dal boro che differiva unicamente per la diversa combinazione molecolare dei componenti.
HEF-1 era etildiborano, HEF-2 era propilpentaborano, HEF-3 era etildecaborano, HEF-4 era metildecaborano e HEF-5 era etilacetilenedecaborano.
Tutti avevano la caratteristica di emettere luce verde al momento della combustione ed anche quella di essere molto tossici e abrasivi sulle parti in rotazione del motore, quindi poco adatti per  l'utilizzo in  propulsori con flusso assiale dotati di componenti con alta velocità radiale e temperature d'esercizio molto elevate e in alcuni casi vicine alla soglia critica, oltre che ad essere maneggiati da personale mediamente qualificato come quello che si trova nelle basi aeree di tutto il mondo. Questo li aveva fatti accantonare- dopo una decina d'anni di costosissime ricerche -alla fine degli anni '60.
Vesco nei primi anni '50 si era anche interessato all'utilizzo del tetranitrometano come combustibile, cosa che avevano fatto anche i tecnici nazisti durante la II Guerra Mondiale e i centri di ricerca americani nel periodo immediatamente successivo, sotto la direzione tecnica di Wernher von Braun.
Nello stesso periodo aveva realizzato alcuni progetti di propulsori per razzomodelli (uno di questi lo aveva chiamato Ve.Re. utilizzando i bisillabi iniziali del suo nome) ed aveva tentato un paio di esperimenti con modelli di turboreattori radiali senza troppo successo, come era facilmente prevedibile, a causa dell'estrema complessità realizzativa del meccanismo.

* Cioè da quando un pilota privato di nome Kenneth Arnold nel pomeriggio del 24 giugno 1947 avvistò una formazione di nove strani velivoli discoidali che volavano "come piattini che rimbalzano sull'acqua" (da qui deriva la definizione "flying saucer" che italiano venne distorta in "disco volante") a ridosso delle cime del Cascade Range, la catena montuosa che attraversa anche lo stato di Washington negli USA.
Per questo il 24 giugno 1947 viene considerata la data di nascita dell'Ufologia Moderna.
RR

                                PILLOLE VESCHIANE

Per lasciare inalterato lo spirito originale i testi riportano fedelemente quanto è scritto nelle fonti di riferimento, compreso il MAIUSCOLO, il sottolineato, il corsivo ed eventuali refusi o errori di battitura.

RR
  • PRIMA ANCORA CHE APPARISSERO ( i dischi volanti- n.d.r.) IO SAPEVO GIA' CHE GLI <UFO> ESISTEVANO E PRIMA O POI AVREBBERO FATTO LA LORO APPARIZIONE.Essendomi stato concessa, grazie alla divisa che indossavo,*  la consultazione delle pubblicazioni ministeriali “riservate", perché stampate in tirature ristrette e non accessibili al pubblico, avendo letto nel corso del '46 quelle notizie che già conosce, provenienti da autorevoli fonti britanniche (e mai riprese e diffuse dalla nostra stampa specializzata, tranne qualche rarissimo, sommario cenno e PROBABILMENTE CONTINUAVA A SUBIRE UN LARVATO CONTROLLO ALLEATO e, in particolare, inglese) mi aspettavo che quegli aeromobili straordinari –  preannunziati da fonti autorevolissime - comparissero dopo il solito quinquennio (OSSIA NON PRIMA DEL 1952) che di norma era il tempo minimo necessario per lo sviluppo di ogni nuovo PROGETTO di aeroplano. (Era persino da presumere che, date le strabilianti prestazioni dichiarate essi richiedessero persino qualche anno di più per sperimentazioni di vario genere e collaudi finali). GRANDE fu perciò la mia sorpresa nell'apprendere che erano già presenti nei cieli (occidentali) della Terra solo un anno dopo (1947),sia pure in modo stranamente e “pubblicamente” UNOFFICIAL" (un segreto visibile...).  L'unica, ma valida, spiegazione che si può fornire è che trattandosi appunto – come precisavano le stesse notizie originarie - di SVILUPPO (DEVELOPMENTS) di aeromobili già esistenti e non di PROGETTI (PROJECTS) da sviluppare “ab ovo” essi riguardavano delle macchine trovate già pronte per il collaudo in Germania o, comunque, ad uno stadio avanzatissimo delle medesime; od ancora imperfette ma facilmente perfettibili.  Oppure, al limite,  già sviluppate in segreto dagli stessi Inglesi nel corso degli ultimi due o tre anni della guerra, sia in base a progetti nazionali poi integrati da quelli germanici di preda bellica, sia a piani d'officina tedeschi carpiti in precedenza dall'attivissimo spionaggio britannico.  Un esempio probante?  Eccolo: ai Germanici occorsero quasi 12 anni (1932-1944) per sviluppare il siluro-razzo “V-2”. AGLI AMERICANI ED AI RUSSI BASTARONO OVVIAMENTE NON PIU' DI UN PAIO D'ANNI PER COPIARLO.”

    * Vesco nell'immediato dopoguerra era ancora in servizio nell'Aeronautica Militare Italiana - N.d.A.
         (Da una lettera inviata a Marcello Pupilli il 22 luglio 1992)

  • La loro specifica provenienza (il lontano Canada invece della madrepatria britannica) mi venne suggerita dall'impiego del sistema delle “frecce geografiche direzionali” descritto nel mio manoscritto inviato al CISU e rapidamente confermato da quanto avevo letto (e accantonato nella mia memoria) nel '46 sui futuri sviluppi dell'industria aeronautica canadese.
         (Da una lettera inviata a Marcello Pupilli il 22 luglio 1992)

  • Relativamente alla scoperta dei sistemi propulsivi degli UFO, a quel che già scrissi nel manoscritto del CISU a proposito dei miei vecchi e pluriennali precedenti aerotecnici, posso aggiungere, in via complementare, che oltre ad essermi sempre occupato con molta passione di propulsione a reazione fin dagli anni trenta, avevo anche studiato in proprio e con molto interesse, uno strano sistema propulsivo (proposto per il volo interplanetario) che il suo ideatore ( il capitano L. Gussalli) aveva chiamato “PROPULSIONE A DOPPIA REAZIONE” e che invece io avevao pensato di modificare meccanicamente per adattarlo alla propulsione aeronautica chiamandolo “PROPULSIONE A PRESSO-REAZIONE”.
    Il sistema – nonostante certi miei successivi perfezionamenti – restava alquanto macchinoso. Comunque presentai la mia brava relazione tecnica agli uffici competenti del Ministero dell'Aeronautica del tempo che, come d'uso, mi ringraziarono e poi lo mandarono all'archivio tecnico (la guerra andava già maluccio e non potevano più permettersi delle “novità...”).
    Il quale dopo l'8 settembre venne asportato in blocco dai Germanici e il resto della storia ovviamente non posso conoscerlo.  Essendo inoltre già vagamente al corrente dell'esistenza delle nostre “bombe volanti ad autoreattori rotanti” prebelliche, quando le prime testimonianze UFO provviste di “incredibili” (per il volgo e gli stessi tecnici “profani”...) dettagli tecnici (assetto di volo ad una assurda INCIDENZA NEGATIVA {meno alfa}; getti periferici rotanti e FALCATI; ASSENZA di “luci di captazione “ dinamica; assenza di impennaggi e presenza di scarichi gassosi verticali “gettosostentatori”) compresi subito di cosa si trattava , come funzionavano (almeno in linea di principio) e chi, dove e quando li avevano inventati.  All'occorrenza avrei anche potuto stendere un piano costruttivo elementare .  Naturalmente per macchine volanti non eccedenti Mach 2 (2400 km/h), escludendo cioè tutti i possibili perfezionamenti, sia in corso a quell'epoca che futuri, a base di elettromagnetismo, carburanti sintetici, e applicazioni atomiche (più o meno affini a quelle che potenziarono gli UFO saturniformi).  Mi limitai invece a trattarli da UFO (quali dopotutto, erano).  Nel corso di varie animate discussioni con i membri più autorevoli dello SMA, dell'ACA e dell'AIDA (AIDAA) spiattellai tutto quello che sapevo e che pensavo.  Molti mi approvarono; altri rimasero ostinatamente scettici; uno, dopo qualche tempo chiese un brevetto per un ritrovato che aveva curiosamente denominato MARS ( acronimo di “Motore Aeronautico a Reazione Sostentatrice...).  Dapprima rimasi un po' sorpreso e perplesso ma poi ci feci sopra una bella risata. Per cause varie ero stato costretto ad essere molto sintetico o a restare nel vago su certi particolari meccanici di primaria importanza.  Quindi se egli avesse trasformato il suo MARS in un aeromobile sarebbe andato incontro a meschini risultati ( complicazioni costruttive; modesta “efficienza globale” a causa del basso “rapporto di compressione” del ciclo termodinamico; instabilità aerodinamica intrinseca;disturbi precessionali).  Insomma, tanto per fare un paragone di facile comprensione, avrebbe costruito un'automobile con un modesto motore ordinario lento alimentato a gasolio invece di un auto con un potente motore veloce supercompresso e alimentato con benzina ad alto N.O.  Una specie di carriola volante.....
          (Da una lettera inviata a Marcello Pupilli il 22 luglio 1992)

  • Quindi il vero mito è il “MITO degli UFO”...Che se si prolungherà ancora per molto finirà per diventare per davvero qualcosa di molto simile ad un CULTO profano-tecnologico ….
          (Da una lettera inviata a Marcello Pupilli il 22 luglio 1992)

  • I principi meccanici delle turbine piatte a scarico radiale, la sostentazione “gasdinamica” e l'applicazione macroscopica del “controllo dello strato limite (che produssero il miracolo dei “flying saucer”) se integrati da altri principi, elaborati parallelamente e/o in seguito, possono benissimo aver condotto anche a quello FLYING TRIANGLES.
          (Da una lettera inviata a Gian Paolo Grassino in data 21 aprile 1992)

  • Se si tiene conto del fatto che - come ritengo di avere ben documentato nel mio libro “Intercettateli senza Sparare” - fin dall'immediato dopoguerra i tecnici bitannici avevano più volte dichiarato esplicitamente che ci si doveva aspettare delle GRANDI COSE dagli speciali studi e sviluppi in corso sulla tecnica del “controllo dello strato limite” e in particolare della “suction” (aspirazione)combinata alla ancora giovanissima propulsione a reazione (si scrisse “ricche possibilità per il futuro”; scoperte e avvenimenti sensazionali”; “(idee) molto promettenti”; “un tempo ricco di possibilità spettacolari; (idee e scoperte) capaci di schiudere rivoluzionari orizzonti al corso del progresso aeronautico (…) tuttora coperte dal segreto”; “è certo che nel breve spazio di due o tre anni gli schemi dei velivoli e dei motori esistenti saranno completamente superati”; “alcuni tipi a reazione in uno stadio di sviluppo già tanto avanzato da far prevedere il loro impiego per la metà del 1947 (e il 24 giugno 1947 compaiono i primi “dischi volanti”)”; “velivoli che avranno quote superiori ai 15 mila metri e delle velocità spaventose”; “esperimenti con un aeroplano capace di raggiungere le 4500 miglia orarie (7200 km/h allorchè gli aeroplani da primato, del tempo, ragglingevano a malapena i 1000 chilometri orari! - Dichiarazione di Sir B. Lockespeiser del M.O.S; Londra , luglio 1946); ecc. ecc. E i portenti, i prodigi, gli aerei da 7200 km/h, i “suction” aircraft dove sono finiti? Tutta fantascienza?!Tutte illusioni fallite?!...Eppure lo sappiamo benissimo che i flemmatici Britanni sono tutt'altro che degli sbruffoni. Quel che dicono lo fanno...e infatti gli UFO sono comparsi proprio a partire dal '47 ed hanno continuato e continuano a sorvolare e e sorvegliare “privily”i settori di volta in volta più caldi del pianeta (** DOPO IL 57 SU QUEI PUNTI DOVEVA ESSERCI UNA CERTA CONFUSIONE, AEREI SATELLITI UFO...RR) 

    (Da una lettera inviata a Gian Paolo Grassino in data 21 aprile 1992)

  • Ricordo che nel dopoguerra il razzotecnico Rolf Engel, ospite di parenti romani, visitò l'Associazione Culturale Aeronautica (A.C.A.) fondata qualche anno prima dal Gen, Mecozzi e frequentata anche dai migliori ingegni del tempo (Crocco, Costanzi, Eula, Santangelo ecc.) e si prestò gentilmente a delucidare alcune questioni relative alle “armi segrete” germaniche, realizzate oppure rimaste sulla carta, sulle quali si tendeva a favoleggiare alquanto.  Ristabilita la verità nelle sue giuste proporzioni però accennò anche a dei ritrovati che erano rimasti nella fase iniziale di progetto o addirittura di studio. Fra i quali, se non ricordo male, ci furono anche le questioni della sostentazione “gasdinamica” (per la quale il Crocco preferiva però il suo vecchio termine “aerotermodinamica”) e l'applicazione dell'energia atomica alla propulsione aerea. Un po' per la difficoltà delle lingue e del linguaggio tecnico e un po' perchè non mi fu possibile presenziare a tutti gli incontri (che furono quattro o cinque) ricordo solo che accennò -tra l'altro piuttosto vagamente – ad un tipo di sostentazione gasdinamica a superficie portante conica-cocleare, molto compatta (sulla quale poi – mi venne riferito – si ebbero fra i nostri tecnici vivaci discussioni perchè c'era chi la metteva in dubbio ritenendola una “forza interna”e la quale – che io sappia – non è mai apparsa sulla scena della tecnica aeronautica – ufficialmente....- applicata o anche solo discussa. Poi accennò a dei lavori condotti nei laboratori del barone von Ardenne per il progetto di apparati elettro-nucleari da impiego aeronautico. Sempre de non venne frainteso, doveva trattarsi di turbocompressori mossi dall'aria riscaldata per mezzo di archi voltaici e/o di speciali resistenze elettriche parietali, attivate da correnti ad altissima tensione.  Quando parlò dell'energia atomica sfortunatamente anche quella volta non ero presente (e forse avrei capito lo stesso ben poco...) ma mi venne sommariamente riferito che egli aveva dichiarato che “un buon lavoro” era stato condotto “quasi” a termine presso i laboratori austriaci, i quali avevano ripreso in esame e perfezionato un “vecchio e ben noto” esperimento britannico (l'unico a nostra conoscenza era ed è quello del prof. Cockcroft con il Litio, effettuato nel 1932).  Forse si trattò dei lavori, durati alcuni anni, condotti dal prof. Rausch von Traubenberg – iniziati a Praga poco prima della guerra e poi continuati presso alcuni laboratori austriaci dell'Università di Vienna – sui quali trapelò ben poco e poi calò un silenzio assoluto. Quel poco che ho saputo – in base a quanto scritto dal prof. Franzini – è che, mentre l'inglese aveva aveva impiegato una differenza di potenziale di 800 mila Voltper bombardare il Litio 7 con dei nuclei di idrogeno (protoni) in modo da spezzarlo (ossia “fissionarlo”) in due atomi di Elio con la liberazione di un'energia di legame di 17,52 MeV – il Traubenberger ed i suoi assitenti erano riusciti a realizzare la stessa trasmutazione impiegando delle tensioni nell'ordine delle poche DECINE DI MIGLIAIA di Volt, però con una resa energetica mille volte minore. Essi avevano poi, pian piano, migliorato – non si sa però né quanto né come – il rendimento del processo fissile. Nel '45 “qualcuno” ( i T-Men inglesi?...) provvide a far “sparire” tutto, facendo poi certamente continuare “altrove” (Glasgow?...) quei lavori così promettenti.  Inoltre dai Rapporto B.I.O.S. e C.I.O.S. Inglesi del dopoguerra risulta che i germanici avevano tentato disperatamente di realizzare in extremis degli straordinari ritrovati di carattere elettrotecnico oppure atomico – alcuni interconnessi – fra i quali sono particolarmente degni di menzione per i loro probabili successivi sviluppi aeronautici segreti:
    I°) “un aeroplano a propulsione atomica capace di raggiungere teoricamente velocità dell'ordine di 10,000 m.p.h. (=16,000 km. Orari)” (da “Eight Army News”; Trieste, 28 agosto 1945).
    II°) un “Uran-Brenner” (=reattore all'Uranio), miniaturizzato, sferico, a foro assiale polare, contenente solo 551 chilogrammi di materiale fissile. Costruito ad Ilm dal prof.Diebner. Già regolarmente funzionante nei primi mesi del '45. Manca dal bottino americano...
    III°) un aeromobile a campi magnetici repulsivi attivati dall'intervento di appropriate sostanze radioattive. Proposto invano agli americani dall'ing, Hans Friedrich Gold, un ingegnere chimico della divisione “razzi” del Luftahrtforschungsanstalt “Hermann Goering” di Volkenrode, Braunschweig, il più grande degli istituti militari aeronautici germanici.
    IV°) un “generatore elettrico radioattivo”, di forma sferica, ad intercapedine, senza parti in movimento, da alimentare con soluzioni saline ad emissioni “alfa” oppure “beta” (niente “gamma”!), suscettibile di collegamenti in serie e in parallelo con gli ordinari accumulatori elettrici, che però sviluppava delle correnti ad altissimo potenziale (all'incirca un milione di volt).
    V°) un leggerissimo ed efficiente motore elettrostatico da 200-600 mila Volt, derivato da un adattamento del meccanismo del generatore elettrostatico portatile Wimshurtst-Bosch (che poteva essere alimentato dal congegno precedente; forse contribuendo anche allo sviluppo dei progetti I°) e III°). 
    Come vede il materiale su cui riflettere non manca . 
    In quanto all'indagarlo oggi...sarebbe, come si suol dire, un “altro paio di maniche”...Solo se l'altrettanto Atomic Energy Bill governativo inglese dell'ottobre'46 non avesse fatto calare un impenetrabile sipario anche sulle “informations or news of aeronautical and military concern” oggi sapremmo, con certezza e con precisione, cosa preannunciavano certi “peana” britannici (ufficiali) del dopoguerra relativi “ alla vigilia della scoperta di un nuovo metodo per la produzione di energia atomica (...) e di procedimenti diversi da quelli posti in atto dagli americani (…) e di una forma nuova di energia forse esente dalle pericolose radiazioni (…) dell'Uranio (…) ideale per la propulsione aerea; la produzione di “una particolare forma di energia sub-nucleare prodotta da un isotopo dell'Elio (o del Torio? O da isotopi del Litio o del Mercurio? O di un amalgama? (...-R.V.) sotto l'influsso di appropriate radiazioni ultrapenetranti” (Raggi cosmici? Oppure una specie di “fusione fredda” (eventualmente ad una temperatura elevata ma non eccessiva) realmente efficace e potente? - R.V.); il perfezionamento di reattori H.S.N.P. a combustibile metallico liquido (senti, senti...-R.V.) per la propulsione aerea, quella navale (…) e per piccole centrali nucleo-elettriche trasportabili (anche sulla Luna?...Perchè no?!...-R.V.); “Sembra che il nuovo reattore nucleare per aerei ha una base vasta poco più di un metro quadrato”; Una “pila” che sviluppa un'energia pari a molte migliaia di HP. (e che) non supera le dimensioni di una latta di benzina. Aeroplani ad energia nucleare diverranno possibili tra breve tempo grazie a questa pila”.
    E gli Americani? E i Russi? Tentativi molti ma poi.... un mortificante, esplicito silenzio.
          (Da una lettera inviata a Gian Paolo Grassino in data 21 aprile 1992)
  • Ricordo ancora , ma solo vagamente, che nel '46 il Cap. Ing. Engel – che frequentò per qualche giorno gli ambienti romani dell'ACA e dell'AIDA – fra l'altro accennò, scienza scendere in dettagli (che forse non conosceva) ad un sistema di sostentazione aerotermodinamica che chiamò SCHNECKEN- FLUEGEL,(ala-cocleare). Lì per lì e neppure in seguito nessuno comprese di cosa si trattava. Né qualcosa apparve in seguito sulla stampa tecnica anglosassone (su quella germanica sarebbe stato persino inutile cercarla). Se ne dedusse però, in seguito, che doveva trattarsi di una proposte (disse infatti che era rimasta sulla carta, essendo stata avanzata solo nell'autunno del '44) e forse sottintendeva qualche congegno atto a consentire anche il decollo e l'atterraggio verticali e l'aerostazionamento dell'aeromobile. Probabilissimo. Ma come?!  Io allora mi interessavo solo di motori e non anche di aerodinamica.  Quello che mi colpì e mi rimase ben fissato nella mente fu lo strano aggettivo. Di altro non saprei proprio cosa dire (e poi vengono a raccontarci che i segreti NON possono durare a lungo....)
          (Da una lettera inviata a Marcello Pupilli in data 18 febbraio 1993)


                                               ENGLISH VERSION

 
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This blog is dedicated specifically to Renato Vesco and its technological philosophy , through which , from the very first 50s of the last century , has imagined and described in terms aerotecnici those real ghosts of the air at the time were called  FLYING SAUCER .In those turbulent years of a war torn by terrible wounds and sustained only by the hope of a better future , he presented himself in the eyes of astonished humanity an unprecedented phenomenon that came to the attention of the public and the military, that of fleeting , but continuous , apparitions of unknown flying objects from the technological extremely evolved that within just a few days after the fateful June 24, 1947 had made ​​their appearance in the skies of the whole Union , suddenly appearing and disappearing just as quickly in mystery.

In no time individuals of every race and color had seen the elusive SAUCERS . The media wasted no opportunity to report the news of someone who "saw " while public opinion - not too torn apart by the hidden anguish of a new world war with the Soviet that union until a few years before had been a valuable ally in the fight against Nazism and now had proved to be the most terrible and deadly enemies - asked for military personnel who assisted impotent and confused , to account for the continuous raids and mysterious in the skies national .  Only one man was quiet because he "knew " where they came from and what were these mysterious devices . 
The man was Renato Vesco .  Here I will try to do a research on the technical and historical unresolved question of flying saucers in the light of the insights and theories that Vesco has exhibited in three ponderous volumes on the subject, in dozens of articles and hundreds of typed pages that are the result of a copious exchange of letters , first with Marcello Pupilli and then over subscribed .  Renato Vesco was a very self-effacing that systematically refused the repeated and pressing invitations to personal meetings by various leaders of the Italian Center for UFO Studies of Turin, who in the last years of his life had elected him , to his great satisfaction , Partner honorary .In what would be his last year of life I had repeatedly contacted by telephone by establishing a relationship of trust with him , especially due to the fact that we both had a substantial competence aerotechnics ripping out (literally!) the promise to meet in person as soon as possible . Unfortunately, his tragic death on November 24, 1999 in Genoa , did not allow the realization of this project .I take this opportunity to thank the ITALIAN CENTER for UFO Studies ( CISU ) IN PEOPLE OF EDoardo RUSSO , GP GRASSINO , MAURIZIO VERGA AND PAOLO FIORINO FOR THE SERVICE AND THE HELP THAT THEY GAVE ME AND CONTINUE TO GIVE ME AGAIN THANKS ALSO TO  MARCELLO PUPILLI ( CISU ) FOR APPRECIATE OPINIONS THAT HAD TO GIVE ME THE KINDNESS IN ALL THESE YEARS , AS WELL AS for providing me with the imposing CHART COPY FROM HIM EXCHANGED WITH RENATO VESCO . 

RR 

                                                  TECHNICAL CONCEPTS 

Renato Vesco is the only author who has succeeded in creating a technical framework in which SAUCERS have a technical- scientific consistency with the appropriate skills can be controlled by anyone. In 13 + decades dozens of authors have attempted to explain in the enterprise - also entering into the detail - the propulsion system of " hard " , but fascinated and perhaps intimidated by the amazing performances described by the witnesses , all have ventured into hypothesis science fiction , based on atomic energy , electromagnetism , antimatter , on antigravity and so on, in a crescendo that led them to treat the matters to the limit - if not more - of human knowledge , thereby making little credible and in some cases, laughable , their claims.Instead, the theory is based on assumptions veschiana aerotecnici advanced but not outside the technical capacity current. 
The fundamental technical concepts of Vesco's SAUCERS  are not too difficult to assimilate in practice Vesco states that the engine and the drive wheels are also the same thing.The radial turbine which produces the power required for flight , it works mainly by virtue of the ability of the upper surface of the disk that is permeable to absorb the huge amount of fluid necessary to the functioning of rotary engine without the need to use bulky plugs d ' air , by virtue of the concept of " total suction " or the total suction of the " boundary layer " .
The control of the boundary layer , or of the thin film of fluid molecules that permeates the body of whatever moves in a fluid by increasing significantly the resistance to progress , is still the subject of extensive studies and experiments , but Vesco conceived his flying saucer with " total suction " radial impeller and "lift reactive " when these concepts , in the 50s , they were still almost unknown and still very little studied because the technical requirements of the time required that the aircraft be as simple as possible , such that they can be manufactured in large numbers and easy to drive and maintain.  Vesco had instead included in the design of his flying saucers all the technical concepts more advanced at that time extremely turbulent due to the duality between the U.S. and USSR engaged in agony in the Cold War .The " suction " was only possible with the use of " porous metals " , the power level required to achieve the performance of the UFO described by witnesses , was only possible with the use of a jet engine absolutely innovative , and so conceived the " Turbojet radial " which was able to support and direct the vehicle in toto without the use of any aerodynamic surface thanks to the "lift reactive " .This diagram inserted in the second book of Vesco " Velivoli del Mistero " (The Aircraft of the Mystery) clarifies the concepts of macro- suction lift and responsive. As you can see the whole upper surface of the disc , through the suction , is enabled to suck large volumes of fluid that are sent directly in the cycle propulsion . The mass of gas at room temperature in entry M1 is approximately equal to the mass M2 in output at high temperature that provides the direct thrust solely on the vertical vector O> T. This implies that for the horizontal translation you should tilt the disc . The greater the speed and the greater the inclination of the main axis of symmetry relative to the horizon .In fact this was only the general framework motopropulsivo because the system could not provide the necessary power without the use of exotic fuels or superfuels , as they were called in the 50s.The American research centers called them "ZIP fuel" or HEF ( high energy fuel) and among them included the magnesium , aluminum , beryllium , lithium and "compound " boron-based , so-called boranes , which provided a ' specific energy almost twice the fuel normally used as the JP -4 and RP- 1
The Air Force Project HEF had identified a whole family of these fuels derived from boron that differed only by the different molecular combination of the components.HEF -1 was etildiborano , HEF -2 was propilpentaborano , HEF -3 was etildecaborano , HEF -4 was metildecaborano and HEF -5 was etilacetilenedecaborano .All had the characteristic of emitting green light at the time of combustion and also to be very toxic and abrasive on the rotating parts of the engine, therefore not suitable for use in engines equipped with axial flow components with high radial velocity and temperature d ' very high operating and in some cases close to the critical threshold, as well as to be handled by qualified personnel on average as what is in the air bases around the world . This had made them - aside after a decade of costly research - to late '60s .Vesco in the early '50s he was also interested in the use of tetranitromethane as fuel , something that had even the technical Nazis during World War II and American research centers in the immediate aftermath , under the technical direction of Wernher von Braun .At the same time he realized some projects thrusters to rocket model ( one of them had called him Ve.Re. using the initial syllable of his name) and had tried a couple of experiments with models of radial turbojets without much success , as was easily predictable , due to the extreme complexity of the mechanism embodiment .* That is since a private pilot named Kenneth Arnold on the afternoon of June 24, 1947 sighted a formation of nine strange disc-shaped aircraft flying " saucers as bouncing on the water" (hence the term " flying saucer" that Italian was distorted in " flying saucer" ) close to the peaks of the Cascade Range , the mountain range which crosses the state of Washington in the USA.For this June 24, 1947 is considered the date of birth Modern Ufology . 

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BIT OF VESCO THOUGHT
To leave unaltered the original spirit of the texts report fedelemente what is written in reference sources , including the CAPITALS , underline , italic, and any misprints or typographical errors . 



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" EVEN BEFORE IT appeared ( flying saucers -ed) I already knew ' <UFO> EXISTED AND THAT THE SOONER OR LATER HAVE DONE THEIR
appearance. Having been granted , thanks to the uniform I wore , * the consultation of publications ministerial " reserved "because printed editions restricted and not accessible to the public , having read the news during the '46 he already knows , from authoritative British sources (and never recovered and disseminated by our press, except for some very rare , summary and nod PROBABLY CONTINUING TO  BE AN ALLY CONTROL disguised and, in particular , English. I was expecting that those aircraft overtime - foretold by authoritative sources - would be seen after the usual five-year period (ie not before 1952 ), which was usually the minimum time required for the development of PROJECT each new airplane . ( it was even to assume that , given the amazing performances they have required even a few more years to experimentation of various kinds and final tests ) . Great , therefore, was my surprise to learn that were already present in the skies (Western) Earth's only a year later (1947) , albeit strangely and " publicly " UNOFFICIAL " ( a secret visible ... ) . The only but valid explanation that can be given is that since this fact - as specified the same original news - DEVELOPMENT ( DEVELOPMENTS ) of existing aircraft and not of PROJECTS ( PROJECTS ) to develop "ab ovo " they concerned the machines found ready for testing in Germany or , anyway, a very advanced stage of the same ; od still imperfect but easily perfectible . Or , at least, have already been developed in secret by the same British in the last two or three years of the war , both on the basis of national projects then supplemented by those of German war booty , both plans workshop Germans snatched from above ' British intelligence is very active . A convincing example ? Here it is: the Germans it took nearly 12 years ( 1932-1944 ) to develop the torpedo - rocket " V -2" . THE AMERICANS AND THE RUSSIANS were enough OBVIOUSLY NOT MORE ' FOR A COUPLE OF YEARS to copy it. "

    
* Vesco after the war was still serving Italian Air Force - author's note

         
(From a letter sent to Marcello Pupilli July 22, 1992 )

    
Their specific origin ( Canada instead of the distant motherland British ) I was suggested by the use of the system of " geographical directional arrows " described in my manuscript sent to CISU and quickly confirmed by what I had read ( and set aside in my memory) in ' 46 on the future development of the aviation industry in Canada. 

   (From a letter sent to Marcello Pupilli July 22, 1992 )

    
With regard to the discovery of the propulsion systems of UFOs , from what I have already written in the manuscript CISU about my old and multi previous aerotecnici , I may add, in a complementary way , that besides myself always busy with a lot of passion for jet propulsion since the thirties, I had also studied in own and with great interest , a strange propulsion system ( proposed for interplanetary flight ) and its creator ( captain L. Gussalli ) had called " DOUBLE REACTION PROPULSION " and which I thought avevao mechanically modify to fit the aircraft propulsion calling it " PROPULSION AT  REACTION ."The system - despite some of my subsequent refinements - remained somewhat cumbersome . However, I presented my good technical report to the relevant departments of the Ministry of Aviation of the time , as usual, thanked me and then sent him to the archive technician (the war was already pretty bad and could no longer afford the "newness .. . " ) .Which after September 8, was removed en bloc by the Germans and the rest of the story of course I can not know . As also already vaguely aware of the existence of our " flying bombs to autoreattori rotating " pre-war , when the first evidence of UFO feature " incredible " (for the common people and the same technical " profane " ...) technical details ( trim flight to an absurd NEGATIVE IMPACT less { alpha }; peripheral jets rotating scythe ; ABSENCE of " lights collection " dynamic , lack of tail surfaces and the presence of gaseous discharges vertical "jetlifter" ) quickly realized what it was , how it worked (at least in principle ), and who, where and when they had invented. If necessary, I could also roll out a constructive plan grade. Of course for flying machines not exceeding Mach 2 (2400 km / h) , ie excluding all possible improvements , both in progress at the time and future, based on electromagnetism , synthetic fuels , and nuclear applications (more or less similar to those propelled that UFOs Saturn shaped ) . I just instead to treat them as UFOs ( which after all were) . During various animated discussions with the most senior members of the SMA , the ACA and AIDA ( AIDA )
blurt out everything I knew and what I thought. Many approved of me , others stayed stubbornly skeptical , one , after some time he asked for a patent for an invention that had curiously called MARS (an acronym for "Engine Aeronautical Reaction to Support... ) . At first I was a bit ' surprised and puzzled but then we did a good laugh . 
 For various reasons I was forced to be very brief or remain vague on certain mechanical parts of primary importance. So if he had turned his MARS in an aircraft would face petty results ( structural complications ; modest " overall efficiency " because of the low " compression ratio " of the thermodynamic cycle ; inherent aerodynamic instability ; disorders precessional ) . So , just to make a comparison easy to understand , he would build a car with a small engine ordinary slow on diesel fuel instead of a car with a powerful engine fueled with gasoline and fast super-compressed high- NO A kind of wheelbarrow wheel .....

          
(From a letter sent to Marcello Pupilli July 22, 1992 )

    
So the real myth is the " Myth of UFOs " ... What if you extend much longer to eventually become really something very similar to a layman CULT - technology ....

          
(From a letter sent to Marcello Pupilli July 22, 1992 )

    
The mechanical principles of the turbines to flat radial discharge , the sustentation " gas dynamics " and the application of the macroscopic " boundary layer control ( which produced the miracle of the " flying saucer " ) if supplemented by other principles , developed in parallel and / or following , may well have led also to the FLYING TRIANGLES .

          
(From a letter sent to Gian Paolo Grassino on April 21, 1992)

    
If we take into account the fact that - as I think I have well documented in my book " without Intercettateli Shoot " - immediately after the war technicians bitannici had repeatedly stated explicitly that we have expected great things from special studies and developments in course on the technique of " boundary layer control " and in particular the " suction " (intake) combined with the still very young jet propulsion ( you wrote " rich possibilities for the future" ; discoveries and sensational events " ; " (ideas ) very promising " " a time full of dramatic possibilities ; ( ideas and discoveries ) able to open up horizons to the revolutionary course of aeronautical progress (...) still secrecy , "" it is certain that in the short space of two or three years the patterns of aircraft and existing engines will be completely scrapped , "" certain reaction in a stage of development already so advanced that it is likely their use by the middle of 1947 ( and 24 June 1947 appear the first " flying saucers ") " ; " aircraft that will altitudes above 15,000 feet and speeds appalling " ; " experiments with an airplane capable of reaching 4,500 miles per hour (7200 km / h) policies where the airplanes record-breaking time , ragglingevano barely 1,000 kilometers per hour ! - statement of Sir B. Lockespeiser MOS ; London,
July 1946 ) ; etc. . etc. . And the portents , prodigies , aircraft 7200 km / h , the " suction " aircraft where did they go? whole science fiction ? ! illusions bankrupt All ? ! ... Yet we know very well that the phlegmatic Britons are far from the braggarts . What they say they do ... and in fact UFOs have appeared just from '47 and have continued and continue to fly over ee monitor " privily " sectors from time to time hottest spots (** AFTER 57 ON THOSE POINTS THERE WAS SOME CONFUSION , AIR SATELLITE ... UFO - RR )

    
(From a letter sent to Gian Paolo Grassino on April 21, 1992)

    
I remember that after the war the
specialist of the rockets Rolf Engel , host of relatives Romans , visited the Cultural Association of Aeronautics (ACA ) founded a few years earlier by Gen, Mecozzi and visited by the best minds of the time ( Crocco , Costanzi , Eula , Santangelo etc.). and kindly lent to clarify some issues related to the " secret weapons " Germanic , made or remained on paper , on which there was a tendency to fantasize a little. Re-established the truth in its true proportions , however, also mentioned in the found who had remained in the initial phase of the project or even study. Including , if I remember correctly , there were also issues of sustenance " gas dynamics " (for which the Crocco preferred but his old term " Aerothermodynamics " ) and the application of atomic energy to air propulsion . A bit 'for the difficulty of language and technical language and a little' because I was not able to attend all meetings (which were four or five) I only remember that hinted rather vaguely - among other things - to a kind of sustenance gas dynamics in cone - bearing surface cochlear very compact (on which later - I was told - there were lively discussions between our technicians because there were those who questioned the deeming an " internal force " and which - to my knowledge - has never appeared on the scene of aviation technique - officially .... - applied or even just discussed . then motioned to the work conducted in the laboratory of Baron von Ardenne for the design of equipment electro- nuclear airborne . was not always de misunderstood , it had to be moved from the turbochargers heated by means of arcing and / or special electric heaters wall , activated by the high-voltage current . When he spoke Atomic Energy unfortunately even then I was not there (and maybe I would have understood the same little ... ) but I was summarily reported that he had stated that " a good job" had been conducted "almost" out at the laboratories of the Austrians, who had re-examined and perfected an "old and well-known " British experiment ( the only one who was and is to our knowledge of prof. Cockcroft with Lithium, carried out in 1932).
Perhaps these were the works, which lasted a few years , led by prof. Rausch von Traubenberg - started in Prague just before the war and then continued at some Austrian laboratories of the University of Vienna - on which leaked very little and then fell completely silent . what little I knew - according to what is written by prof. Franzini - is that , while English had had employed a potential difference of 800 thousand Voltper bombard the Lithium 7 with the hydrogen nuclei ( protons) in order to break it (ie " fissionarlo " ) in two atoms of helium with the release of a binding energy of 17 , 52 MeV - the Traubenberger and its assitenti had managed to make the same transmutation using the tensions in the order of a few tens of thousands of volts, but with an energy yield a thousand times less . they had then, slowly , improved - not known, however, nor how much or how - the performance of fissile process . '45 in the "someone" ( the T -Men British? ... ) arranged to be "disappeared " everything, then certainly continue doing "elsewhere" (Glasgow ? .. . ) those jobs so promising . Moreover report by BIOS and CIOS British post-war shows that the Germans had tried desperately to realize at the last minute of the extraordinary variety of electrical or atomic character - some interrelated - among which are particularly worthy of mention for their likely future developments aeronautical secrets:

    
I °) " a nuclear-powered aircraft theoretically capable of reaching speeds of 10.000 mph ( = 16.000 km . Hours ) "(from" Eight Army News " , Trieste , August 28, 1945 ) .

    
II ) a " Uran - Brenner" ( = uranium reactor ) , miniature , spherical, axial hole in polar , containing only 551 kilograms of fissile material. Built at the Ilm prof.Diebner . Already operates regularly in early '45 . Missing from the American booty ...

    
III ) an aircraft repulsive magnetic fields triggered by the activation of appropriate radioactive substances. Unsuccessfully proposed to the Americans by the engineer , Hans Friedrich Gold is a chemical engineer of the division " rockets " of Luftahrtforschungsanstalt " Hermann Goering " of Volkenrode , Braunschweig, the largest of the German aeronautical military institutes .

    
IV ) an " electrical generator radioactive", spherical in shape , jacket, with no moving parts to be stocked with saline solutions in emissions " alpha " or "beta" (no " range " !) , Capable of connections in series and in parallel with the ordinary electric batteries , but developed high potential currents ( about a million volts).


   V °), a lightweight and efficient electrostatic motor from 200-600 thousand volts, derived from an adaptation of the mechanism of electrostatic generator portable Wimshurtst -Bosch (which could be powered from the previous device , perhaps also contributing to the development of the projects I °) and III ° ) .

    
How do you see the material to reflect upon not missing.

    
As invesigate today ... it would be , as they say , a " ballgame " ... Only if the equally Atomic Energy Bill dell'ottobre'46 British government had not made an impenetrable curtain fall also on " informations or news of aeronautical and military concern" today we would know , with certainty and precision , something foretold certain " paean " British (officials) concerning the post-war "on the eve of the discovery of a new method for the production of atomic energy (.. . ) and procedures other than those put in place by the Americans (...) and a new form of energy may exempt from the dangerous radiation (...) uranium (...) ideal for air propulsion , the production of " a particular form sub-nuclear energy produced by an isotope of helium (or thorium ? O isotopes of lithium or Mercury ? or an amalgam ? ( ... -RV ) under the influence of appropriate radiation ultra tangier" ( cosmic Rays or do you a kind of "cold fusion" (possibly at a high temperature but not excessive) really effective and powerful ? - RV ), the improvement of fuel liquid metal reactors HSNP ( listen, listen ... -RV ) for propulsion aerial , naval one (...) and for small power core - transportable electric (even on the moon ? ... Why not? ... -RV ), " it seems that the new nuclear reactor for aircraft has a wide base just over a square meter " a " stack " that develops energy equal to many thousands of HP . (and which ) does not exceed the size of a can of gasoline . Airplanes to nuclear energy will become possible within a short time thanks to this stack ."And the Americans ? And the Russians ? Many attempts but then .... a mortifying , explicit silence.

          
(From a letter sent to Gian Paolo Grassino on April 21, 1992)


  I still remember , but only vaguely , that in '46 Capt. Ing Engel - which he attended for a few days the Roman circles of the ACA and AIDA - among others nodded , science go into details ( you may not know ) to a system of sustenance aerothermodynamics he called Schnecken - FLUEGEL , (ala - cochlear ) . There and then , and even after no one understood what it was . Or something then appeared in the technical press Anglo-Saxon ( of Germanic would be useless to even look for it ) . If deduced , however , as a result , it had to be a proposed ( in fact he said that had remained on paper, as it was only made in the fall of '44 ) and maybe some implied device designed to allow even take-off and vertical landing and hovering aircraft. Probable . But how ? ! I then I was interested not only engine and also aerodynamics. What struck me and I remained firmly fixed in the mind was the strange adjective. Otherwise I would not know what to say (and then come to tell us that the secrets may NOT last long ....)

          
(From a letter sent to Marcello Pupilli on February 18, 1993)


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