SGUARDO CRITICO AI DISCHI
VOLANTI
RENATO VESCO
(2^
PARTE)
Nello scorso giugno il
prof. D.H. Menzel ha cercato di spiegare scientificamente (in base ai
dettami della fisica ottica) la velocità elevata, la silenziosità
e la straordinaria agilità dei Dischi, negando la loro materiale
consistenza ed ascrivendoli ad una classe speciale di miraggi (“lenti
d'aria”). La teoria e le esperienze complementari, indubbiamente
ingegnose, urtano contro le innegabili, recenti documentazioni
fotografiche: esse possono comunque giustificare talune “visioni”
inesplicabili e ridurre a più ragionevoli proporzioni il fenomeno
dell'avvistamento dei “veri” Dischi volanti. A sostegno della
sua tesi il prof, Menzel cita le cosidette “Luci di Lubbock”.
La notte del 28-8-1951 a
Lubbock (texas – U.S.A.) il geologo Robbinson, il chimico Obberg e
l'esperto petrolifero Ducker videro improvvisamente un certo numero
di luci attraversare il cielo in pochi secondi da una estremità
all'altra dell'orizzonte, dando l'impressione che fossero trenta
globi luminosi disposti a mezzaluna. Alcuni istanti dopo un'altra
consimile formazione lampeggiò nell'oscurità. Il prof Ducker fra
l'agosot e il novembre fu testimone di altri dodici identici
passaggi, in regolari formazioni a cuneo, composte in media da 18-20
unità.
La strabiliante
constatazione degli esperti che svilupparono le otto fotografie
concernenti i misteriosi passaggi prese dallo studente C. Hart
(30-8-1951) è che “... questi corpi non risultano di forma sempre
uguale e non sono mai perfettamente regolari. Talvolta sono più
tondi, talvolta più allungato e anche le loro dimensioni
differiscono fortemente, sicchè errerebbe chi si immaginasse questi
corpi come tanti Piatti Volanti dai contorni netti”.
Questa constatazione non
corrisponde a verità.
I corpi luminosi di
Lubbock non sono immagini riflesse di luci lontane, come vorrebbe il
prof. Menzel, Nè differiscono di forma e dimensioni. Essi sono
realmente Dischi Volanti e le fotografie (che traggono tanto in
inganno anche gli osservatori più esperti) riproducono fedelmente
non già i contorni netti dei Dischi (invisibili perchè immersi
nell'oscurità della notte) ma le scie incandescenti dei loro
propulsori o il bagliore dei loro combustori roventi. Si intravvede
inoltre vagamente la superficie ventrale illuminata dai “getti”
ed è nettamente rilevabile (attraverso la forma lenticolare dei
Dischi privi di scia) l'assetto normale ad incidenza negativa che è
proprio degli aeromobili a portanza reattiva lanciati nel volo
velocissimo orizzontale.
La forma delle
caratteristiche scie convalidano tutte le ipotesi sul volo aplano: in
armonia con l'incidenza negativa degli ordigni, i gas di propulsione
si raccolgono in maniera compatta nella zona depressa retrostante al
bordo superiore dei Dischi. I bordi inferiori denunziano chiaramente
la forma lenticolare assunta dalla struttura circolare obliquamente
disposta. Il fatto che le scie non si stacchino nettamente dai bordi
verso l'esterno in forma di distinte colonne gassose falcate ma si
raccolgano invece sul retro degli ordigni è una indiscutibile
testimonianza non solo della elevatissima velocità delle macchine
volanti ma anche della circostanza che l'energia cinetica relativa
del gas espulso è nulla (rendimento di propulsione unitario o
pressochè tale).
Queste scie infuocate il
prof. Menzel tenta di spiegarle col fenomeno della
rifrazione dei colori attraverso un prisma. Francamente questo è
chiedere troppo alle leggi dell'ottica. Specie quando (come accaduto
di recente: 27-5-1952) nel cielo della cittadina spagnola di
Alijaraque, un Disco Volante color arancione compie in pieno giorno
audaci evoluzioni e guadagna quota lasciando dietro di sé una scia
luminosa.
L'esistenza o meno delle
scie incandescenti si spiega facilmente con il diverso ciclo di
propulsione impiegato pe ril volo impiegato per il volo nei diversi
istanti in cui furono scattate le riprese fotografiche. Infatti
allorchè gli ordigni si presentano brillanti ma con bordi netti e
senza traccia di scia,è ragionevole supporre che essi stiano
traslando inerzialmente in autorotazione e che il candore della loro
superficie ventrale sia da ascrivere in parte all'incandescenza
residua delle pareti lambite in precedenza dalle fiamme di scarico ed
in parte ad una combustione mantenuta ai minimi termini per
l'adescamento di una eventuale pronta ripresa del volo a motore
termico, Gli ordigni con scia traslano evidentemente col motore
spinto termicamente al suo massimo regime e la lunghezza della scia
può anche dipendere dalla presenza di perturbazioni atmosferiche
(venti) intersecanti la loro rotta.
Fra le varie ipotesi
avanzate per tentare la spiegazione di questo strano mistero ebbe
(perlomeno sino a qualche anno fa) un'assoluta preminenza la
sensazionale supposizione che i Dischi siano aeronavi lanciate da
qualche altro pianeta all'esplorazione della Terra.
I sostenitori di questa
audace tesi basano le loro asserzioni sul fatto che le dimensioni, la
velocità, la morfologia e le evoluzioni discoidali non trovano alcun
riscontro nelle possibilità attuali della tecnica umana. Il dott.
Walter Riedel, già membro del Centro Sperimentale Germanico per i
siluri a “razzo” di Peenemunde, concorda con i redattori dei
un'inchiesta promossa dalla rivista “Life”, dichiarando che:
a) nessun materiale
conosciuto sulla terra potrebbe resistere alle temperature generate
dall'attrito atmosferico per il velocissimo moto degli ordigni;
b) spesso questi
evoluiscono fulmineamente secondo traiettorie complesse ma regolari
che implicano l'intervento di un pilota umano, inammissibile a bordo
per ragioni fisiologiche, date dalle formidabili accelerazioni
osservate ;
- dal comportamento del motore si desume che esso non rientra nel novero dei tipi conosciuti sulla Terra.
Il dott. Riedel
indubbiamente è uno dei più quotati esperti nel campo della
propulsione a razzo. Ma poiché fra i siluri volanti del tipo V.2 ed
i Dischi sussistono divergenze costruttive e funzionali rilevabili
con estrema facilità, non esito affatto a mettermi decisamente
contro un'opinione tanto autorevole, dimostrandone l'infondatezza con
l'appoggio di documentazioni ineccepibili tratte dalla fisica
sperimentale dalla chimica e dalla metallurgia correntemente
applicate.
Le dimensioni degli
ordigni sono stimate in base a sensazioni visive. Pertanto vanno
accettate con ampie riserve perchè è impresa ben superiore alle
nostre possibilità sensorie lo stimare le caratteristiche
(dimensioni, quota, distanza, velocità) di oggetti aerei di natura
sconosciuta. In linea generale si ammette l'esistenza di tre tipi di
Dischi, cioè:
- ordigni di piccolissime dimensioni (da 30 centimetri a poco più di un metro di diametro) che si ritiene debbano essere radioguidati e che ascrivo invece alla classe dei fenomeni naturali (fulmini globulari, fuochi fatui atmosferici) salvo qualche rarissimo esemplare della massima dimensione che potrebbe anche essere un proiettile antiaereo sperimentale radioguidato da basi (fisse oppure volanti) relativamente prossime al punto di avvistamento;
- i “medi” e grandi Dischi, con diametri tra i 15 e i 150 metri, indifferentemente antropo o radio pilotati:
- I Dischi di enormi dimensioni che presentano un massimo diametrale valutato in 250 metri, certamente governati da un equipaggio umano e numeroso.
I Dischi supergiganti
furono notati per la prima volta nel settembre 1949 fra le Montagne
Rocciose presso la frontiera canadese da una comitiva di geologi
americani.
I fautori della tesi
marziana sostengono che costruzioni aeronautiche di proporzioni tanto
inusitate sono sconosciute sulla Terra e debbono per forza logica di
cose da mondi più evoluti: ciò è falso.
Nel marzo 1936 preso gli
stabilimenti Zeppelin di Friedrichschafen fu ultimata la costruzione
del dirigibile rigido L.Z.”Hindenburg” a scheletro interamente
metallico. Le dimensioni di questo colossale aeromobile erano le
seguenti:
lunghezza metri 247,20
diametro massimo metri
41,2
volume metri cubi 200,000
peso totale 214 tonnellate
Cifre che possono ben
costituire motivo di vanto per l'ingegneria umana che le rese
operanti. E poiché nel decennio successivo la tecnica ha compiuto
passi giganteschi, la costruzione dei Dischi supergiganti (se
realmente esistono) non esula affatto dalle attuali possibilità
umane. Oltre alla convenienza, è solo una questione di volontà e,
sopratutto di finanza.
L'esperto di aerodinamica
prof. M. Biot ritiene che i Dischi per la loro forma ed il loro modo
di procedere non sono fatti per muoversi nella nostra atmosfera ma
sono atti a volare in una atmosfera loro propria e si pronunzia a
favore della provenienza extraterrestre. Più verosimile (per quanto
incompleta) l'opinione che assegna alla forma discoidale il compito
di agire dinamicamente sull'aria estremamente rarefatta della
superstratosfera ( cioè a quote molto superiori ai 30,000 metri) ove
le ali del tipo convenzionale divengono inefficienti per gli enormi
intervalli che distanziano le molecole dell'aria (superaerodinamica).
In realtà la forma ed il funzionamento assolutamente rivoluzionari
di queste macchine riposano sui concetti razionalmente scientifici
del volo a portanza reattiva .
Gli osservatori brasiliani
che ripresero il volo di un Disco nei pressi di Rio affermano che
“... l'ordigno visto di profilo da l'impressione che nella sua
parte inferiore possegga un secondo piano alare indipendente da
quello superiore”..
In realtà è inesatto
parlare di piani alari. Infatti per ragioni di simmetria si intuisce
la continuità fra la protuberanza centrale superiore (cabina di
pilotaggio) e quella parimenti centrale ma inferiore (probabilmente
una torretta periscopica ventrale con portelloni di accesso alla
cabina), continuità realizzata mediante un asse rigido verticale
(parzialmente visibile negli interstizi della macchina) intorno al
quale ruota il propulsore a reazione, annegato nel grande disco
superiore a spessore variabile. E' invece evidente che la piastra
ventrale a spessore costante è collegata rigidamente all'asse
centrale verticale: Essa deve forse contenere i serbatoi del
combustibile ed un treno retrattile di atterraggio a pattini oppure
ruote multiple per i piccoli spostamenti a suolo della macchina s
propulsore fermo.
I fotogrammi brasiliani
(che per la loro solare evidenza fugano ogni residua incredulità
sull'argomento) autenticano alcune vecchie osservazioni risalenti al
'48 e confusamente descritte da inesperti in materia.
Particolarmente interessante quella dovuta al prof. Hunter di Saint
Mary's (Pennsylvania – U.S.A.) relativa all'avvistamento di un
corpo volante a circa 150 metri di altezza, del diametro massimo di
circa 45 metri, spesso al centro 9 metri, seguito da una scia lunga
una sessantina di metri. Il Disco era composto di tre sezioni
circolari concentriche :
- la sezione esterna sembrava fissa (ala anulare);
- quella intermedia appariva mobile roteava producendo un forte fischi (propulsore a rotoreazione)
- la sezione interna, la maggiore fra le tre, era a sua volta immobile (piastra ventrale fissa).
Se la descrizione è
veritiera parrebbe dunque che il propulsore sia incassato entro
quella gigantesca svasatura che attornia l'asse di rotazione , col
risultato che mentre la stabilità non risulta menomata, nel volo
rettilineo veloce si evitano integralmente i moti spontanei di deriva
dell'aeromobile conseguenti alla differente distribuzione della
pressione della pressione dinamica e dell'attrito atmosferico sulle
superfici esterne superiori dei due semidischi contrapposti (effetto
Magnus).
Il sensibile scarto
diametrale fra la piastra ventrale fissa e la fascia superiore
periferica convessa lascia supporre che le bocche di scarico dei gas
di propulsione siano collocate alla radice della zona convessa, là
ove si diparte la fascia sottile periferica. Comparando le
fotografie brasiliane con quelle del Disco sorvolante l'Oregon, si
nota che la struttura dell'aeromobile nei due anni d'intervallo ha
subito appariscenti ed importanti modifiche. La piastra ventrale
fissa (in precedenza accuratamente occultata) è ora immersa nella
libera atmosfera. Si nota poi l'aggiunta della fascia sottile alla
struttura convessa primitiva. Dal che si deduce che il meccanismo di
propulsione potrebbe funzionare anche in mancanza di essa. Detto
bordo contribuisce evidentemente al miglioramento del rendimento
globale dell'aeromobile. La marcata svasatura trova riscontro
(beninteso solo concettualmente) nel “diedro invertito e negativo”
delle ali di alcuni modernissimi bombardieri pesanti (cfr.
trireattore Martin XB.51; ottoreattore Boeing B.52 Stratofortress).
La morfologia lievemente imbutiforme della superficie ventrale ha
forse il compito di agire dinamicamente sull'aria estremamente
rarefatta dell'alta atmosfera e della jonosfera inferiore (cioè a
quote comprese fra i 40 e i 100 chilometri di altezza), la ove le ali
convenzionali diventano inefficienti per gli enormi intervalli che
distanziano le molecole dell'aria.
Il Disco osservato al
teodolite dal comandante Mc Laughlin, perchè volante a circa 90
chilometri di quota, traslava in un ambiente con un grado di
rarefazione enorme (percorso libero molecolare medio dell'aria = 89
mm.).
Gallerie aerodinamiche per
flussi ultrararefatti (1/100 di atmosfera) e velocità ultrasonore
(superiori a 12000 chilometri orari) sono in funzione si dal '48
presso alcuni Centri Sperimentali americani e, segnatamente, a
Pasadena in California. Duecentoquarantasei milioni di dollari furono
stanziati dal presidente Truman nel corso del '49 per la costruzione
di altre gallerie ed installazioni accessorie, necessarie “,,,per
la realizzazione di aerei ad altissima velocità e di proiettili
intercontinentali radiocomandati”. Le gallerie aerodinamiche sono
strumenti essenzialmente “pratici: se vi sono le gallerie (che non
si possono celare) debbono per forza logica di cose esistere ( sia
pure allo stadio di segretissimo prototipo o di progetto) anche gli
aerei in esse sperimentati:
Completando l'esame delle
caratteristiche morfologiche discoidali, rileverò che sulle funzioni
della piastra fissa ventrale non vi possono essere dubbi di sorta:
allorchè per inerzia il Disco trasla ad incidenza positiva essa
“porta” come una normale ala rotonda
Duemilaquattrocento
chilometri orari in aria densa sono una velocità ben lontana dal
generare la fusione di un corpo volante, poiché il sopraelevamento
di temperatura alle pareti dell'ordigno per effetto dell'attrito
atmosferico non raggiunge neppure i 200°C teorici (cfr, Stevens J.H.
- La velocità scotta! - “alata” n. 2/1952).
Temperatura che genera
difficoltà costruttive ben inquadrabili nei limiti della nostra
tecnica attuale. Richiedono cure speciali:
a) la cabina di pilotaggio
per il suo delicato contenuto umano;
b) il dispositivo di
propulsione perchè già internamente soggetto alle elevate
temperature del ciclo.
Accoppiando due lastre di
resistente vetro sintetico speciale (ad esempio il “graphite “
che resiste sino ad una temperatura di 138°C) e facendo circolare
nell'intercapedine un fluido refrigerante, si possono approntare
cupole trasparenti a lastre multiple suscettibili d'impiego su
aeromobili ultraveloci quali appunto i Dischi Volanti.
Non è poi da escludere
l'ipotesi della sostituzione più o meno integrale delle normali
sfinestrature con antenne periscopiche manovrate dall'interno delle
cupole metalliche . Anzi, la massiccia antenna che sovrasta il Disco
fotografato in volo sull'Oregon presenta dimensioni troppo marcate
per una semplice radio-antenna.
Il dispositivo di
propulsione (a differenza del corpo centrale fisso che può essere
costruito in lega leggera) impone l'uso di leghe ad alta resistenza
capaci di sostenere con largo margine di sicurezza le sollecitazioni
termiche e angolari. I materiali adatti allo scopo non difettano.
Anche senza ricorrere alle costose leghe al rame-nichelio ovvero alle
leghe di titanio, vi sono degli ottimi acciai inossidabili che
quotidianamente in miriadi di svariate applicazioni danno brillanti
prove delle loro eccellenti qualità metallurgiche. Data la speciale
conformazione del propulsore rotante, è probabilissimo che le
gigantesche camere di combustione siano internamente protette con una
fasciatura in materiale refrattario il quale, nonostante la sua
modesta densità, permette di spingere le temperature del ciclo ben
oltre gli 800°C attuali, lasciando un largo margine alle strutture
metalliche esterne per l'eventuale assorbimento del calore generato
dall'attrito aerodinamico.
Nel campo dei refrattari
la tecnica moderna offre dei prodotti ceramici che presentano una
resistenza straordinaria alle alte temperature. Anzi, riguardo al
peso, le ceramiche sono senz'altro più resistenti al calore di
qualsiasi mentallo disponibile (cfr. N.J. Hoff – Problemi
strutturali dell'aeroplano - “Alata” n. 4-5/1952),
Attualmente non sembra si
possano utilizzare le ceramiche come elemento strutturale primario
perchè piuttosto fragili. Applicate in uno strato sottile di
rivestimento (a guisa di smalto) possono però proteggere le
superfici esterne degli aeromobili non solo attenuando l'assorbimento
del calore d'attrito ma sopratutto combattendo l'ossidazione del
metallo.
Ammettendo per ipotesi che
le velocità orizzontale dei Dischi (anche alle quote normali) siano
molto superiori e tocchino ad esempio i 1000 metri al secondo (=3600
km/h), il sopraelevamento teorico di temperatura raggiungerebbe i
500°C. Allatto pratico per le dispersioni spontanee esso non
dovrebbe superare i 400°C: valore comunque molto elevato e tale da
mettere in dubbio la possibile sopravvivenza della macchina e del
relativo equipaggio. Questo dubbio viene però dissipato:
- dal fatto che il sopraelevamento termico non è istantaneo. Esso è infatti condizionato dalla velocità, dalla quota di volo e “sopratutto” dalla durata di detto volo;
- per il concomitante fenomeno dell' “isteresi termica”, consistente nell'accertata lentezza di penetrazione del calore entro una superficie unilateralmente riscaldata, fenomeno che impedisce alle strutture di un aeroplano di assumere rapidamente una temperatura uniforme allorchè questi si muove ipersonicamente a quota costante.Il ritardo termico è importantissimo nei dischi perchè localizza alle superfici la massima temperatura, facilitandone poi la dissipazione durante il volo lento in aria densa. Un sottile strato ceramico superficiale può inoltre validamente fornire l'isolamento per un'esposizione di breve durata a temperature molto elevate ( ipervelocità troposferica) contribuendo inoltre ad imprimere alle superfici quella lucentezza speculare che rende tanto caratteristici i Dischi.
Esperimenti effettuati
dalla “Northrop Aircraft Incorporated” (California – U.S.A.)
confermano che rivestimenti in resine sitetiche impregnate di fibra
di vetro (Fiberglas) possono garantire un volo duraturo e sicuro sino
ad una velocità di circa 3200 chilometri orari. Un rivestimento del
genere è inoltre “elettronicamente refrattario”; tale cioè da
non riflettere, assorbendolo, il fascio radarico. Si assicura che
“...un aereo costruito col materiale plastico in questione
rifletterebbe sullo schermo radar solo le parti metalliche (armi e
motore) riducendo considerevolmente le dimensioni dell'immagine e la
possibilità di avvistamento”. Prerogativa di prim'ordine e
bellicamente assai temibile.
La caratteristica
lucentezza e levigatezza denunziata dalle superfici della maggioranza
dei Dischi potrebbe ascriversi all'uso dell'eccezionale rivestimento
descritto, indispensabile anche per minimizzare l'attrito
atmosferico. Ciò spiegherebbe allora l'apparente paradosso per cui
D|ischi volanti in formazione a quote relativamente modeste fossero
nettamente percepiti dagli osservatori al suolo mentre sigli schermi
radar nulla compariva o solo tenuissime traccie (Aeroporto di
Washington. Avvistamenti dello scorso luglio).
Anche il propulsore
rotante può essere periodicamente refrigerato: ciò giustificherebbe
la inspiegabile permanenza su località assolutamente insignificanti
di vari Dischi aerostazionanti più o meno a lungo in autorotazione a
quote relativamente molto basse.
La resistenza umana alle
accelerazioni ed alle temperature anormali è molto maggiore di
quanto comunemente si crede. E' solo questione di “posizione” e
di “protezione”. A 2400 km/h un pilota normalmente seduto vira in
50 sec.ondi su un raggio superiore agli 11 chilometri. In posizione
prona il raggio di virata si può ridurre a meno di 6 km. E la durata
della manovra si aggira sui 20 secondi.
Nelle “camere termiche”
dei Laboratori sperimentali americani di Aeromedicina alcuni uomini
selezionati hanno sopportato temperature alle pareti di 120°C senza
danno alcuno, se si eccettua la marcata disidratazione del corpo (1.1
kg di peso per una permanenza di 79 minuti in ambiente a 71°C),
peraltro rapidamente eliminata tramite abbondanti ingestioni di
acqua.
I sistemi protettivi vanno
dalla cabina totalmente refrigerata alle specialy tute ermetiche in
naylon e metallo, refrigerate con circolazione di aria o acqua
pompate, tute o scafandri, che completati con adatte imbottiture e
camere elastiche a gonfiamento comandato(tute anti-g) possono inoltre
preservare il pilota dalle gravi conseguenze delle accelerazioni
anormali e dalle vibrazioni del volo transonico.
Per quel che concerne il
funzionamento meccanico del dispositivo discoidale di propulsione
occorre senz'altro accantonare le varie ipotesi sull'energia
sconosciuta perchè le osservazioni oculari non lasciano dubbi in
proposito: si tratta di un motore a reazione di concezione
particolarissima, funzionante secondo principi convenzionali.
Significativa in proposito
la “presa dinamica” anulare attorniante la torretta centrale, che
risalta in maniera particolare sulle foto del Disco che sorvolò il
Brasile. Gli aeromobili a reazione notoriamente utilizzano delle
“prese” per captare l'aria atmosferica da immettere nel ciclo
propulsivo.
All'epoca dei primi
avvistamenti, due osservatori nord-americani notarono il passaggio di
una formazione discoidale a quota molto bassa su di una foresta.
Nonostante l'assoluta assenza di vento “...le cime degli alberi,
mentre gli ordigni passavano su di loro, si piegavano come se fossero
state sferzate da un violento tifone”; il che esclude dunque
categoricamente l'ipotesi che essi traslino sotto l'impulso di
un'energia misteriosa che annulla la gravitazione tellurica: il
“vento” discoidale documenta che essi per procedere nel loro volo
reagivano su “qualcosa” che non può essere che l'aria
accelerata dal propulsore secondo modalità note.
All'alba del 5-4-1950 a
Palma di Majorca (Isole Baleari) il sig. E. Hausmann Muller, colpito
da un suono stridente (una specie di “fischio” proveniente dalla
volta celeste) potè distinguere una “veloce raffica luminosa”.
Con ammirevole prontezza scattò una fotografia che sviluppata
riproduce “...una ellissi circondata da cinque branche luminose che
danno l'impressione di un rapido moto rotatorio”. Ad un sagace
osservatore, versato ai segreti della propulsione a reazione e alle
sue possibilità aplane. Quelle scie falcate e quella forma ellittica
dicono molte cose. Infatti le cinque scie incandescenti, nettamente
definite e falcate (uscenti a regolari intervalli dal bordo
circolare) documentano l'esistenza di processi di compressione ,
combustione ed espansione svolgentisi in seno alla macchina volante.
Altro Disco caratterizzato da un analogo dettaglio fu scorto il 6
luglio u.s. da quattro piloti floridiani (con lunga esperienza
bellica e di volo) mentre si librava sopra lo stabilimento atomico di
Hanford (Colorado- U.S.A.). Esso era “...perfettamente rotondo, di
colore bianco, con piccole scie di vapore che lo attorniavano come
tentacoli di polipo. Il Disco era fra i 4000 ed i 5000 metri sotto un
banco di nubi. Ad un certo momento arretrò, guadagnò quota e
scomparve rapidamente”.
Spesso in luogo delle scie
falcate si osservano aloni luminosi o incandescenti generati dal
rapidissimo moto delle macchine volanti. I gas espulsi (e
cineticamente pressochè inerti) se pressati dal cosidetto “vento
relativo” devono curvare la loro traiettoria sino a lambire i bordi
della macchina e , raccogliendosi poi nella depressione poppiera,
costituire quella scia permanente il cui contenuto fluido si rinnova
continuamente.
Il 20-3-1948 piloti
americani avvistarono fra Rock (Arkansas) e Shreveport (Louisiana) un
Piatto Volante lanciato a 900 chilometri orari. L'ordigno, grosso
modo, assomigliava ad un cono molto piatto; nella parte centrale
recava una cupoletta brillante (cabina di pilotaggio) e nella zona
centrale inferiore un cono fosforescente (torretta periscopica
ventrale). Luci circolari più pallide si scorgevano tra la la cupola
e il bordo (prese dinamiche illuminate dal riverbero della
combustione interna) mentre tutt'intorno al bordo si notavano fiamme
di scappamento, (getti propulsivi) formanti un alone circolare.
All'incirca un mese dopo ,
ossia il 14-4-1948, su Louisville (Kentucky- U.S.A.) comparve un
gigantesco Disco roteante a 3000 metri di quota con velocità
stimata in 2500 Km/h. Il corpo circolare, seguito da una lunga scia
chiara, era rischiarato da luci rosse con sfumature gialle uscenti da
aperture rotonde. Intorno alla periferia si notava un alone bluastro
che ad intervalli era interrotto da getti di fiamma. Il Disco
“...procedeva circonfuso da una strana fluorescenza multicolore che
lo rendeva simile ad un turbine sfolgorante”.
Talcolta, oltre alla scia,
i Dischi mutano rapidamente il colore dell'intera macchina. Questo
cambiamento è intimamente connesso al normale ciclo termodinamico
del loro propulsore. L'anello rotante (propulsore del tipo a
“rotoreazionre”) perchè soggetto ad altissime temperature v a
costruito in lamiera d'acciaio.
E' noto che se una lastra
di detto metallo viene sottoposto a temperature progressivamente
crescenti essa assume una tinta caratteristica che dal grigio o blu
scuro (se la t° è inferiore a 340°C) passa al blu con riflessi
verdastri (sino a 370°C), al rossastro (sino ai 700°C), al rosso
vivo ed all'arancione cupo ( tra gli 800 e i 1100°C), al giallo oro
a 1200°C, al bianco a 1300°C, poi la tinta diviene abbagliante ed
il metallo assume prima uno stato plastico e poi fonde. Naturalmente
tali valori sono soggetti ad ampie oscillazioni in relazione alla
presenza di altri metalli nella lega; il colore verde ad esempio può
essere indice di un forte tenore di rame:
La notte del
25-5-1950Vienna fu sorvolata da un Disco con rotta W-E il quale, dopo
a vere effettuato ampi giri sulla città, mutò il suo colore da
argento in arancione brillante accelerando rapidamente il suo volo.
Altro oggetto brillate, volante orizzontalmente ad imprecisabile ma
notevole quota , dalla tinta verdastra che si tramutò
successivamente in un colore rosso e poi in una vivace tinta dorata,
sorvolò la città australiana di Darwin (28-7-1952). Evidentemente
di Dischi Volanti che stavano accelerando il loro moto e le pareti
del propulsore (a guisa di specchio fedele) riverberavano
nell'atmosfera mutando di colore man mano che aumentava la
temperatura del ciclo.
Se la struttura chimica
della lega costituente le lamiere del propulsore o la loro
temperatura non si prestassero alla formazione di una luminosità
verdognola, la composizione cromatica fra la tinta gialla delle
lamiere incandescenti e quella azzurrognola dei gas combusti sarebbe
più che sufficiente per indurre in un osservatore lontano la
percezione del colore verde. Notare poi incidentalmente che - qualora
si usino carburanti di tipo sintetico – gli stessi prodotti
combusti espulsi dal reattore possono contribuire ad accentuare
ovvero ad alterare la tinta luminosa dell'ordigno: miscele a base di
alluminio e magnesio danno luogo a combustioni di un abbagliante
candore; il boro tinge la fiamma di verde smeraldo; il sodio la
colora di giallo.
Spesso la luminosità dei
dischi è tale da indurre a considerarli come integralmente
incandescenti: illusione ottica di facile spiegazione.
Nella zona poppiera dei
Dischi traslanti ad assetto negativo si produce una depressione entro
la quale si raccoglie spontaneamente gran parte dei gas combusti
espulsi dal propulsore (cfr. le famose “luci di Lubbock”). Se
l'atmosfera è secca, o comunque a debole tenore di umidità, la
brevissima scia è azzurrina o rossastra o fumosa e si confonde con
la luminosità propria dell'ordigno. Se l'atmosfera è satura, la
scia biancastra raccogliendosi e e stazionando in una massa più o
meno compatta a poppa dell'ordigno assorbe e rifrange la luminosità
delle pareti incandescenti e dei getti, velando la tinta opaca della
zona ventrale fissa,
Scie e getti falcati
biancastri in atmosfera secca presuppongono l'iniezione in ciclo
(fase di compressione) di liquidi d'apporto , in armonia con quanto
si pratica da tempo con tutti gli attuali tipi di motori termici a
ciclo aperto.
Dischi emananti una luce
gialla che a tratti volgeva al rosso sino a sparire completamente nel
giro di pochi secondi evoluirono a lungo nel cielo a 30 miglia da
Washington la sera del 26 luglio u.s. Questa manovra si spiega
facilmente col fatto che gli ordigni (spenta o ridotta la minimo la
combustione) mutavano rapidamente d'assetto (ruotando parzialmente
intorno al loro asse trasversale) per passare dal volo a motore ( ad
incidenza negativa) a quello librato (ad incidenza positiva),
presentando in tal modo il dorso opaco agli osservatori lontani.
S sostiene che il volo dei
Dischi sia assolutamente silenzioso. Testimonianze degne di fede
provano che talvolta le loro evoluzioni sono accompagnate da un
sibilo acuto o da un ronzio. I fautori della tesi marziana
asseriscono che “...nessun tipo di aeromobile di origine tellurica
potrebbe spostarsi così celermente in assoluto silenzio”.
Premesso che una certa
rumorosità, sia pure impercettibile (specie ad osservatori collocati
ad una certa distanza dalla fonte sonora ed immersi nell'abituale
frastuono della vita cittadina) deve forzatamente manifestarsi a
causa dello spostamento atmosferico provocato dal rapidissimo
passaggio della macchina, se il propulsore è insonoro (o pressochè
tale) ciò va ascritto al suo rendimento dinamico molto prossimo al
valore unitario. Il che si verifica allorchè la velocità delle
bocche di scarico propulsive e quelle dell'efflusso gassoso (getti)
sono eguali e contrarie, in modo che l'emissione gassosa (priva di
energia cinetica relativa), per così dire, si deposita, colmandolo,
nel solco creato dal moto del propulsore nella massa atmosferica.
Infatti una notevole
aliquota dell'energia prodotta nei reattori aeronautici di normale
concezione viene dissipata attraverso in “getto” che è ancora
troppo caldo e troppo veloce relativamente alla temperatura
atmosferica ed alla traslazione del velivolo. Attualmente le massime
velocità orizzontali raggiungono a malapena i 320 metri al secondo
(1150 chilometri orari) e la velocità di efflusso del gaso oscilla
fra i 450 e i 560 m/sec. Con temperature finali del “getto” sii
550-600°C. Il rumore caratteristico degli attuali aeroplani a
reazione è dunque generato (di massima) dagli enormi travasi
atmosferici di energia termodinamica inutilizzata che riscaldano e
respingono violentemente l'aria circostante, generando in essa tutta
una serie di onde d'urto.
La questione
dell'insonorità dei Dischi può essere così sintetizzata: il
dispositivo a reazione genera un rombo ovvero un sibilo acuto che si
attenua man mano che il rendimento meccanico dei “getti” si
approssima al valore unitario. Allorchè subentrano le fasi del volo
autorotante il sibilo si trasforma in un morbido ronzio. Tanto il
sibilo che il fruscio sono percettibili a condizione che l'ordigno
trasli o stazioni a quote eccezionalmente basse, altrimenti la
rarefazione atmosferica smorza ogni vibrazione sonora. Poiché per
le loro colossali dimensioni si è indotti (per una errata
valutazione ottica) ad assegnare ai Dischi quote di volo apparenti
molto inferiori a quelle reali, ne consegue che la traslazione di
questi ordigni (concepiti per il volo a quote molto elevarte) deve
nella maggior parte dei apparire assolutamente silenziosa agli
occasionali osservatori, usi ad impiegare quale termine di paragone
l'intensa rumorosità degli aeromobili alati.
Se un aeromobile
intensamente elettrizzato (per avere attraversato un certo numero di
zone temporalesche ovvero avere assorbito spontaneamente scariche
statiche per effetto triboelettrico) attraversa una zona del cielo
elettrizzata di segno opposto, la differenza di potenziale può
provocare la scarica elettrica e la macchina viene colpita dal
fulmine. L'entità della carica elettrica assorbita dagli
aeromobili è in diretta dipendenza delle condizioni fisiche
dell'atmosfera attraversata e dalla velocità del volo secondo una
potenza assai prossima al cubo. Ciò oltre a spigare la crescente
importanza assunta dal fenomeno delle odierne velocità di volo
(specie per quel che concerne il campo radiotecnico), lascia intuire
a quale cospicua elettrizzazione debbano andare soggetti i Dischi per
le loro formidabili velocità orizzontali, per le loro dimensioni e
per la natura resinosa del loro rivestimento dorsale. E' perciò
naturale che periodicamente essi compiano adatte manovre per
neutralizzare queste pericolose cariche spontanee.
A manovre di
depolarizzazione elettrostatica si debbono probabilmente ascrivere la
“controreazione” di due dischi accostati bordo a bordo e roteanti
sulla verticale di Salmon Dam ( Idaho -U.S.A.) nell'estate del '47,
nonché l'aerostazionamento di tre Dischi giganti (dal diametro
stimato in 250 metri) sulla verticale di Monte Dome (Montagne
Rocciose, settembre del '49) i quali si abbassarono a turno sin quasi
sfiorarne l'aguzza cima (vero gigantesco parafulmine naturale).
Significativa l'apparizione di lampi e scintille crepitanti nella
zona d'ombra dei Dischi, chiaro indice dello svolgimento di fenomeni
di natura elettrostatica.
Il fatto che mai almeno in
base ad affermazioni ufficiali o di pubblico dominio – qualcuna di
queste macchine sia stata costretta a compiere atterraggi o che mai
seri incidenti abbiano compromesso il suo volo, frangendola al suolo
in modo da reperirne i frammenti e ricostruirne la struttura,
deporrebbe a favore di una perfezione che è ben lungi dall'essere
raggiunta dalla tecnica umana attuale. In realtà è dimostrato che
anche questi ordigni sono soggetti ad avarie talvolta lievi,
tal'altra letali e le osservazioni in proposito risalgono sino ai
primissimi tempi della loro “scoperta”.
Nel luglio del '47 una
dozzina di piccoli ordigni discoidali, larghi circa cinque metri e
spessi all'incirca uno , nell'attraversare il cielo del Parco
Nazionale di Yellowstone (U.S.A.) incrociarono un bimotore Curtiss
P.38 (in realtà il P-38 “Lightning”era prodotto dalla Lockheed
Aircraft. mentre la Curtiss produceva il caccia monomotore P-40
“Tomahawk” - N.d.R.) fotoricognitore. Il capogruppo investito
dal vortice elicoidale dell'aereo si disarticolò, precipitando, ma i
suoi rottami rimasero irreperibili probabilmente perchè chi aveva
interesse a tutelare il segreto li rese tali.
La notte del 29-4-1950 un
grande Disco metallico esplose nel cielo di Seattle (Stato del
Washington – U.S.A.) dissolvendosi senza che fosse possibile
reperirne la min9ima traccia. (Notare incidentalmente che Seattle si
trova presso la frontiera canadese e in una zona battuta con insolita
frequenza dalle formazioni discoidali).
Nell'immediato dopoguerra
si apprese che agli inizi dell'estate 1944 un siluro-razzo V.2
sperimentale ( privo di carica esplosiva) cadde a Baeckedo (Svezia).
Gli esperti svedesi (dopo avere trasportato a Stoccolma oltre due
tonnellate e mezza di frammenti metallici e meccanismi deformi)
Iniziarono uno sconcertante rompicapo scientifico nell'intento di
rimontare la macchina. Raddrizzando e misurando le schegge,
analizzandole chimicamente, composero lentamente un preciso quadro
del gigantesco siluro. Dopo delicate trattative segrete (data la
neutralità della Svezia) i Britannici ottennero il permesso di
trasportare a Londra l'intero materiale, studiandone i dettagli in
modo che, quando il primo V.2 cadde sull'Inghilterra, già si sapeva
di che si trattava.
E' chiaro dunque che non
basta far esplodere un ordigno per conservarne il segreto:”occorre
invece “annientarlo”, disintegrandolo atomicamente ovvero
disperdendolo in minutissimi frammenti fusi o combusti. La
distruzione dei Dischi Volanti avariati non può essere che
artificialmente provocata, tramite la concorrenza di particolari
azioni termiche e meccaniche. La sera del 18-2-1950 un piccolo
proprietario terriero di Copenhagen (Danimarca) osservò il passaggio
di due Dischi Volanti: “il primo procedeva ad altissima quota,
l'altro sui 500 metri, sembrava indeciso sulla rotta da scegliere .
Oscillava, roteava furiosamente prendendo quota, poi rallentava il
suo moto scendendo sino a 150 metri. Il Disco in alta quota si era
fermato e sembrava che aspettasse. Dopo qualche minuto di immobilità
scese a precipizio, si pose quasi a contatto con l'altro, poi si
sollevò e sparì. Qualche secondo dopo quello “incerto”esplodeva
avvolgendosi in una fiammata globulare che lo consumava interamente”.
L'intimo contatto tra i due Dischi può essere giustificato con
l'estremo salvataggio dell'equipaggio in pericolo. Effettuato
mediante il trasbordo dalla calotta emisferica ventrale del Disco
sovrastante (Torretta chiaramente chiaramente individuabile sulle
fotografie del “passaggio” brasiliano), salvataggio che
testimonia dell'abitabilità di detti Dischi.
Un Disco sceso in volo
librato e autorotante sino a breve distanza dalla superficie del mare
onde espellere residui combusti, o frammenti del rivestimento
refrattario avariato od altro materiale inerte, fu osservato presso
l'isola Maury nello stretto di Puget ( (Tacoma, Stato del Washington,
U.S.A.) il 25-6-7947. E' probabile il corpo fosforescente, circolare
e roteante, avvistato da centinaia di testimoni la sera de 9
settembre u.s. Mentre con parabola discendente s'approssimava al
centro del Lago di Lugano fosse appunto un Disco impegnato in una
analoga manovra
La sibillina frase che
gli ultraveloci aerei inglesi “potranno, se necessario, compiere
varie volte il giro del mondo senza scalo” si può spiegare:
- col fatto che grandissime distanze possono essere coperte col volo “di taglio” (volo slittato) a debole incidenza portante (volo librato) specie se detto volo prende avvio da quote superstratosferiche, in modo che il mobile venga a beneficiare di tutta una “successione di rimbalzi” sull'atmosfera più densa delle quote sottostanti (cfr. A. Fenoglio: I progetti di Saenger e l'aereo antipodico - “Ali”, n. 6/1952);
- ma sopratutto perchè i Dischi, scagliati dall'eccezionale potenza del loro propulsore a quote inimmaginabili, ivi trasformano la loro ascesa verticale in una traiettoria curva inerziale, tangenziale alla superficie terrestre.
La seconda ipotesi,
integrabile con la precedente , presuppone il raggiungimento da parte
dei Dischi di una velocità iniziale assai prossima a quella che
genera la “sostentazione planetaria” ( 7,8 km/sec). Allora
ruoterebbero per un certo numero di volte intorno alla Terra,
decelerando gradualmente il loro velocissimo moto a causa del lieve
ma costante frenamento operato dalla locale atmosfera estremamente
rarefatta. La gravitazione residua, flettendo ulteriormente fino a
renderla “spiraliforme, esalterebbe inoltre in forte misura tale
frenamento sino a ricondurre alle quote e alle velocità normali gli
ordigni, la navigazione circumterrestre sarebbe pertanto limitata nel
tempo. (“satelliti artificiali” effimeri).
E' comunque chiaro che
maggiore è la massa impegnata nell'azione, maggiore sarà l'energia
iniziale accumulata e quindi più duratura la circuitazione
tellurica. Il progressivo evolvere dei Dischi verso dimensioni
diametr
ali sempre maggiori (con
punte sui 250 metri stimati) sarebbe ampiamente giustificato.
L'avvistamento Mc
Laughlin, la dichiarazione Hall, l'indiscrezione Doolittle sono
altrettante assicurazioni che le velocità di ordine newtoniano sono
state praticamente conseguite per mezzo di aeromobili di nuova
concezione (Dischi Volanti).
D'altronde un enorme Disco
potrebbe agevolmente trasportare sino ai limiti superiori
dell'atmosfera un siluro-razzo, il quale decollando dalla sua “base
di lancio volante” potrebbe raggiungere la quota voluta ed ivi
“fissarsi” nello spazio. Ripetendo varie volte l'operazione si
potrebbe costruire in quota una “stazione spaziale” con
un'economia di materiali e combustibili quale vanamente ci
attenderemo dai “razzi a stadi multipli” a lancio diretto dalla
superficie terrestre.
La sera del 29+4-1952
alcuni cittadini londinesi osservarono ad altissima quota uno strano
e velocissimo aeromobile “...dal quale dal quale improvvisamente se
ne staccò uno più piccolo, seguito subito dopo da un altro e poi da
un terzo. I tre “oggetti”, così rapidamente espulsi, presero
direzioni diverse, vorticando per qualche secondo nel cielo e
sparendo poi unitamente all'aeromobile principale”. Sebbene il
Ministro dell'Aria britannico abbia manifestato un deciso
scetticismo, dal punto di vista tecnico, la cosa è senz'altro
fattibile, poiché aeromobili (dirigibili, idrovolanti, bombardieri
pesanti) di cospicue dimensioni utilizzabili quali basi di lancio per
aerei di più ridotte proporzioni non sono affatto una novità.
A condizione che che il
gruppo di turbocompressione sia mantenuto in rapidissima rotazione,
in via eccezionale anche i dispositivi a turboreazione possono
funzionare in base ad un ciclo endoreattivo (razzo) , ovviamente con
mediocri rendimenti per la bassa pressione in ciclo. Ciò vale anche
per la rotoreazione. Le prestazioni migliorano separando i due
cicli, mediante l'accoppiamento dei distinti meccanismi in un solo
complesoo propulsivo. (Un tipico esempio lo abbiamo nel
turboreattore germanico ed endoreattore ausiliario B.M.W. 003 R. con
prese di moto per le pompe del razzo B.M.W. 718 inserito nelle
strutture resistenti del precedente).
Immagazinando a bordo di
un Disco supergigante una congrua quantità di adatto monopropellente
sussidiario (per esempio il Nitrometano, CH3NO2)oppure dei composti a
base di idrogeno e fluoro, l'ordigno (una volta attinta la massima
quota raggiungibile mediante la captazione atmosferica) potrebbe
funzionare per breve tempo in base ad un ciclo ad endoreazione
(razzo), elevando la sua tangenza a valori eccezionali grazie
all'azione combinata della rarefazione atmosferica e della
gravitazione decrescente, trasformandosi poi in una “stazione
siderale” permanente.
Dispositivi ausiliari ad
endoreazione(annegati nello spessore dell'anello rotante propulsivo)
permetterebbero di mantenere in lenta rotazione il gigantesco anello
(stabilizzatore girostatico), provvedendo spontaneamente alla propria
alimentazione e propellendo l'ordigno discoidale nel volo
extra-atmosferico. La carenatura fissa antideriva funzionerebbe da
“schermo” contro gli innumerevoli frammenti meteoritici di
piccolissime dimensioni e l'anello del propulsore (decelerato ed
ermetizzato) potrebbe ospitare l'equipaggio umano della “stazione”.
La cabina centrale e la piastra ventrale funzionerebbero da punto
d'attracco per le astronavi in transito, svolgendo inoltre le
mansioni di magazzini per i viveri, i combustibili, l'ossigeno
terapeutico, ecc. Infine il bordo periferico fisso od ala anulare
potrebbe contenere altri reattori ausiliari (endoreattori, reattori
classici, reattori “radioattivi”, jonireattori, ecc.) per i
piccoli spostamenti spaziali del Disco (se utilizzato come “satellite
artificiale”) o per la sua traslazione cosmica (se trasformato in
veicolo interplanetario).
Un corrispondente da
Washington del “New York Post” in data 27 settembre u.s. Ha
comunicato, fra l'altro che l'Aviazione americana è in possesso di
importantissimi documenti comprovanti lo spostamento interplanetario
dei misteriosi ordigni. Detta affermazione trae probabilmente lo
spunto dal fatto che (secondo alcune indiscrezioni risalenti alla
primavera del 1952) un astrofisico americano osservando la Luna con
un potente telescopio avrebbe scorto alcuni punti lucenti spuntare
oltre il bordo del Satellite: “....Procedevano a velocità
vertiginosa ma dopo alcuni minuti, durante un loro cambiamento di
rotta, distinse la nota forma circolare dei Dischi Volanti”:
Il prof. Abetti, titolare
della cattedra di Astronomia all'Università di Firenze e direttore
dell'Osservatorio Astronomico di Arcetri, ritiene che tali corpi
semoventi e luminescenti sono “pianetini vaganti” ossia meteoriti
di cospicue dimensioni, i quali – perchè animati da velocità
vertiginose – seguono traiettorie particolari suscettibili di
contrastare con successo l'attrazione gravitazionale dei pianeti
sorvolati.
Ma se la notizia è
veritiera, è allora probabile che abitanti della Terra (anziché di
Marte od altri pianeti del Sistema Solare) hanno raggiunto
segretamente il Satellite, base strategica di incalcolabile valore.
Comunque sia, il mancato abbordaggio del suolo lunare non
escluderebbe l'eventualità di una serie di circuitazioni esplorative
dell'astro da parte di uomini o più semplicemente di ordigni
automatici, la cui provenienza terrestre è ormai un fatto di
indiscussa acquisizione.
Nella primavera del 1950
alcuni studiosi, dopo aver a lungo frugato fra le polverose carte
degli archivi, comunicarono che si dalla metà del XVIII secolo
furono visti volare dei Dischi luminosi e ne rimase memoria scritta.
Dato il lungo periodo (circa due secoli) tali “segnalazioni”
sono numerosissime.
In genere tutte queste
presunte osservazioni discoidali si riconducono facilmente a macchine
ed avvrnimenti aeronautici o storici del tempo. E' sufficiente
l'attenta lettura di una dettagliata “Storia dell'Aviazione” per
sincerarsi della veridicità del mio asserto. I residui ed ancor
numerosi episodi si spegano ascrivendoli volta a volta a palloni
aerostatici, ai primi dirigibili, ai fulmini globulari e perlitici, a
vari tipi di miraggi ottici, a nubi lenticolari ecc.
I primi dischi volanti
(nella più completa accezione del termine e nella loro più recente
fase evolutiva) sono dunque macchine anglo-canadesi e risalgono
soltanto al biennio 1946-47. Essi sono macchine rivoluzionarie,
antesignane delle “basi spaziali” e tratto d'unione fra
l'Aeronautica e l'Astronautica. Umanamente perfette, di quella
perfezione meccanica che è delle cose semplici, la loro costruzione
dovrebbe risultare relativamente economica perchè la morfologia
circolare non richiede l'approntamento (come invece si verifica per
i normali aerei alati) di una miriade di pezzi diversi l'uno
dall'altro per forma,qualità e dimensioni. Approntati gli utensili
per la costruzione degli elementi di un “settore”, tutta la
macchina (di massima beninteso!) sorge dalla collocazione di un certo
numero di analoghi pezzi intorno all'asse centrale comune.
Il che giustifica il fatto
che detti ordigni (ovviamente sperimentali) possono non solo venire
montati in zone desertiche soggette a gelosa vigilanza ma anche a
essere lanciati a gruppi che raggiungono persino le trenta unità
(Lubbock, 1951) mentre è noto che per i prototipi alati non si
approntano che tre, quattro esemplari al massimo, i quali volano
singolarmente