Questo
articolo apparso sulla Rivista Aeronautica n. 12 del 1957 col
titolo marchianamente errato che cita una “56^ virtù” che non
trova alcun riscontro all'interno del pezzo di Vesco (ovviamente si tratta di un refuso dato che il "5" dovrebbe essere un "4"), il quale
invece, pone l'accento su uno degli aspetti fondamentali della
tecnica dei DISCHI VOLANTI: il controllo (e l'utilizzo) dello “strato
limite”.
Nello
scritto Vesco non parla esplicitamente dei DISCHI VOLANTI
mantenendosi aderente ad una analisi specifica dei fenomeni dell'
“aspirazione” (suction) e “soffiamento” (blowing) dello
strato limite, solo l'accenno ai metalli porosi nella parte finale ci
porta per un attimo a contatto col vero obiettivo del ricercatore
genovese.
RR
LA
56^ “VIRTU'” DELLA PROPULSIONE A REAZIONE
RENATO
VESCO
Rielaborando
un Suo precedente studio, P. Formentini ha portato da trenta a
quarantacinque i vantaggi d'indole meccanica, termodinamica e
operativa offerti dalla propulsione a reazione (cfr. Riv. Aeron. -
aprile 1954, pp 426-429) auspicando ulteriori contributi per il
completamento del già vasto e multiforme quadro.
La
presente nota si propone appunto di richiamare l'attenzione del
lettore su una “virtù” dimenticata – o a torto misconosciuta
perchè suscettibile di integrare ed esaltare il pur già potente
apporto evolutivo della reazione – e che possiamo così
sintetizzare:
46°)
La propulsione a reazione nella sua principale versione, quella
turboreattiva, permetterà di rendere operante il principio di
“controllo dello strato limite”.
Rappresentazione schematica di strato limite laminare, turbolento e relativo punto di transizione su una lastra piana esposta al vento relativo.
Come noto lo “strato limite” è quella sottilissima falda di aria rallentata dall'attrito sulla superficie dei corpi in moto. Sottilissima, perchè come spessore geometrico (ideale) è dell'ordine del decimillimetro, essa tuttavia – per la viscosità del mezzo fluido – aumenta notevolmente la resistenza all'avanzamento per il fatto che l'aumento di spessore dello strato limite lungo il corpo provoca ad un certo punto il distacco della corrente dalla parete dando luogo alla produzione di una scia turbolenta.
Sin
dal 1904 – dopo aver definito il concetto teorico di “strato
limite” - il professor Prandtl pensò di ostacolare il distacco
della corrente mantenendo laminare e aderente da prora a poppa lo
scorrimento del flusso atmosferico per mezzo di una riduzione
artificiale e comandata (ossia del controllo) dello spessore dello
strato limite. Operazione che si può tradurre in pratica usando due
diversi sistemi meccanici a differente assorbimento energetico ma ad
equivalente risultato ossia:
1°)
Aspirazione dell'aria stagnante dall'interno del corpo
(sistema Prandtl) attraverso superfici perforate, fessurate,
grigliate, reticolari oppure porose.
Il primo aereo (sperimentale) che portò in volo un'ala con un sistema completo di aspirazione dello strato limite fu il Northrop X-21, che decollò per la prima volta nell'aprile del 1963. La sua ala era caratterizzata da una serie di sottili fessure (circa 800.000) che si estendevano per tutta l'apertura alare da cui veniva aspirato lo strato limite. Sebbene avesse dimostrato la possibilità di ottenere uno strato limite laminare su circa il 75% della superficie alare, il programma fu in seguito interrotto per l'eccessiva manutenzione necessaria a mantenere le fessure pulite e libere da corpi estranei (da Wikipedia)
Il lavoro venne poi continuato negli anni '90 dalla NASA nell'ambito del progetto di ricerca per un velivolo da trasporto civile supersonico HSCT (High Speed Civil transport). Fu installato sulla semiala sinistra di un F-16KL un impianto di prova costituito da una lastra di titanio modellata sul profilo dell'ala traforata da 12 milioni di micro-fori incisi con il laser collegati mediante un sistema di tubi e valvole di regolazione ad un turbocompressore mosso dall'aria spillata dal compressore del motore.
Con questo sistema si possono ottenere coefficiente di portanza massimi dell’ordine di 5 rispetto agli 1,5 di un profilo convenzionale, ma ad oggi non è impiegato su velivoli di produzione a causa della sua complessità operativa. (da Wikipedia)
2°) Soffiamento ossia accelerazione artificiale della stessa aria (sistema Baumann) per mezzo di “getti” d'aria isufflati tangenzialmente alla superficie nei punti interessati dalla formazione del distacco.
Un "jet flap", classico esempio di soffiamento di una superficie portante. Sezione di un flap di Lockheed F-104. Con A sono indicati gli ugelli da cui esce il flusso di aria compressa (in rosso nel disegno) spillata dal compressore del motore General Electric J79 e convogliata nell'ala dal condotto C.
Con jet flap si intende l'eiezione di un getto piano di aria
compressa esteso per tutto il bordo di uscita dell'ala in grado di
indurre un flusso asimmetrico ed una circolazione aggiuntiva sull'ala stessa che produce un effetto pari a quello di un ipersostentatore di grandi dimensioni.
Questo schema, impiegato ad esempio sull'F-104, richiede tubazioni che corrono attraverso l'ala, ed è per questo noto anche come sistema a flusso interno. (da Wikipedia)
Sugli aeroplani a motoelica il controllo dello strato limite non può essere praticamente applicato a causa dell'eccessiva quantità d'aria da “lavorare” affinchè il sistema risulti efficace; occorrerebbe, all'uopo, una apposita sorgente di energia.
Questo schema, impiegato ad esempio sull'F-104, richiede tubazioni che corrono attraverso l'ala, ed è per questo noto anche come sistema a flusso interno. (da Wikipedia)
Sugli aeroplani a motoelica il controllo dello strato limite non può essere praticamente applicato a causa dell'eccessiva quantità d'aria da “lavorare” affinchè il sistema risulti efficace; occorrerebbe, all'uopo, una apposita sorgente di energia.
Sugli
aeroplani a turbina l'apparato motore funziona invece in base ad una
imponente captazione d'aria ( dai 40kg/sec dell'inglese R.R. “Nene”
siamo giunti ormai ai 79 kg/sec del turboreattore americano P&W
“J. 57”). Questa circostanza – che possiamo liberamente
promuovere al rango di “virtù” - fa prevedere appunto la
realizzazione di altissime velocità aviatorie perchè la regolazione
del flusso aderente, oltre al ridurre la resistenza d'attrito
(minimizzando l'entità della scia residua), incrementa sensibilmente
la “portanza massima” delle ali. (Donde ali a superficie più
ridotta e quindi ancor meno resistenti dell'ordinario).
Riporterò.
A titolo d'esempio, un solo dato di paragone: secondo i calcoli del
dr. Warner, l'aspirazione di mc/sec 0,37 per mq. Di superficie
dorsale alare sarebbero già sufficienti per sviluppare un
“coefficiente di portanza” di un normale piano alare.
Fra
il 1904 e il 1937 le ricerche sullo strato limite furono condotte
sporadicamente e senza alcuna coordinazione preludente a qualche
immediata applicazione pratica.
A
partire dal '37 l'Istituto Germanico per le Ricerche Aerodinamiche
(A.V.A.) di Gottinga fece volare il monoplano ad ala alta “AF.1”
(cfr. O. Sckrenk: “L'aspirazione dello strato limite” - Riv.
Aeron. n.5/1941). La ditta britannica “Miles Aircraft Ltd.” dal
canto suo, allestì un interessantissimo velivolo nel quale la
maggior parte del dorso alare era rivestita con della lamiera
perforata. Sette canaletti longitudinale e continui, molto larghi e
appiattiti, portavano in fusoliera l'aria aspirata dal ventilatore.
Con profilo avente uno spessore pari al 20% della corda, si ebbe in
volo una diminuzione del 22% della resistenza aerodinamica della
cellula, cifra già notevole ma suscettibile di forte aumento col
progredire delle conoscenze in materia di “aerodinamica interna”.
Poi
la guerra, colle sue richieste massive di materiale da pronto
impiego, fece progredire ( entro limiti per la verità non troppo
vasti) gli ordinari tipi di cellula. Tuttavia qualcosa di pratico
venne egualmente studiato e tentato anche nel settore del controllo
dello strato limite. In Italia fu messo a punto un
ingegnoso sistema combinante i pregi dell'aspirazione e del
soffiamento che venne provato con successo presso una delle Gallerie
Aerodinamiche esistenti presso l'indimenticabile Centro Sperimentale
di Guidonia. Alla dell' 8 settembre 1943 – che interruppe ogni
residuo lavoro sperimentale – era stata felicemente avviata la
sperimentazione su scala al vero. In Germania, all'incirca verso la
stessa epoca, i professori Prandtl e Baumann disegnarono un caccia ad
alta velocità (mai però realizzato in seguito) in cui lo strato
limite alare, aspirato da fessure praticate in prossimità del punto
di massimo spessore del profilo, avrebbe dovuto essere scaricato
sulla superficie della fusoliera a valle del complesso alare per
mezzo di una stretta “luce” a mezzaluna accelerando. Per
soffiamento lo strato limite caudale sottostante alla zona timoniera.
(Il metodo “combinato” risulta attualmente applicato, a titolo
sperimentale, su un velivolo leggero americano il “Cessna 319” e
su alcuni caccia imbarcati GRUMMAN “F.9 – F.4” mentre i
“tariners” o velivoli da scuola e allenamento dell'U.S. Navy
LOCKHEED “T.2 – V.1” impiegano solo il soffiamento sugli
alettoni e sugli ipersostentatori).
Cessna 319 (sopra)
Il caccia imbarcato Grumman F-9F4 Cougar (sopra)
Cessna 319 (sopra)
Il caccia imbarcato Grumman F-9F4 Cougar (sopra)
Un Lockheed T2V-1 (T-1A) SeaStar e un Lockheed TV-2 (T-33B) Shooting Star in volo nel 1954
Nonostante
la vasta mole dei dati teorici e sperimentali accumulati nel triennio
1937-1939 solo le case germaniche “ARADO” e “DORNIER”
fabbricarono un modesto numero di bombardieri a corsa di rullaggio
ridotta mediante l'aspirazione dello strato limite prelevato da
fessure praticamente in prossimità delle cerniere
dei piani mobili dell'ala (schema A.V.A.).
In
piena guerra gli Inglesi vennero a conoscenza di certe originali
indagini teoriche americane sui profili a bassa resistenza e con
aspirazione, elaborate – sopratutto matematicamente – dal prof.
Goldstein. In base a presupposti della nuova teoria i Britannici
disegnarono allora una nuova “famiglia” di stranissimi e tozzi
profili alari aventi il bordo d'entrata sagomato a lobo e quello
d'uscita foggiato a cuspide concavo-convessa e con una o più fessure
d'aspirazione al punto d'origine dello svasamento dorsale.
Presso
il “National Physical Laboratory” di Teddington il professor
Griffith sperimentò a lungo i nuovi “profili gobbi” rilevando
che, mentre un' “ala laminare” priva d'aspirazione e con uno
spessore del 19,2% poteva fornire un Cpmax = 0,508, con un'ala
“gobba” aspirata da 38/100 di spessore raggiungeva facilmente Cp
= 2,5. Tuttavia la resistenza aerodinamica di quest'ultima risultò
alquanto superiore alle previsioni teoriche e i progetti di
applicazione dei profili “gobbi” aspirati alle cellule di
aeroplanoi del tipo “Wala volante” vennero accantonati e, da
allora mai più ripresi in considerazione.
Volarono,
invece, ripettivamente a partire dal '42 e dal novembre del 1947
alcuni prototipi d'alianti (“A.W. 52-G”) e due bimotori a
reazione
(“A.W.
52” Bat o Boomerang) derivanti dalla motorizzazione dei precedenti
ma con ali a profilo laminare e con una limitata aspirazione dello
strato limite verso il bordo d'uscita delle estremità alari per
migliorare la stabilità del velivolo nel volo lento (cfr. “Riv.
Aeron. - dicembre 1946, pp. 780-784 e settembre 1947, pp. 553-560).
L'ala volante Armstrong-Whitworth AW-52 (sopra e sotto)
L'ala volante Armstrong-Whitworth AW-52 (sopra e sotto)
Uno degli apparecchi, ai primi del '49, s'infranse al suoloe il pilota si salvò azionando il dispositivo d'espulsione del seggiolino. A poco a pocole notizie sull' “A.W. 52” superstite si fecero più rade poi cessarono del tutto, essendo stata la formula “tutt'ala” rapidamente declassata dall'avvento della formula “delta” (ala triangolare).
Attualmente
vola in Gran Bretagna un “trainer” DE HAVILLAND “Vampire”
con ali modificate dalla “Handley Page Ltd.” (che nell'immediato
dopoguerra ha assorbito i resti fallimentari della “Miles”). Un
guanto” di 39 fessure longitudinali sull'estradosso della semiala
sinistra (per una lunghezza di circa 1500 mm) riducendo
in volo dell'82% la resistenza d'attrito del tronco alare così
modificato (cfr. “Alata”, giugno giugno 1956 a pag 23).
Progetti
di velivoli da trasporto sia coivile che militare con applicazione
pratica del sistema H.P. Sono già sui tavoli da disegno della
ditta. Tuttavia, secondo secondo il parere dello scrivente, queste
non sono che marginali, modeste applicazioni di un principio che
consente ben altre e più redditizie prestazioni!
Significative
avvisaglie di quanto dovrebbe divenire operante in un futuro non
troppo lontano ( semprechè – causa la nota riservatezza militare –
non si tratti di passati e neppure tanto prossimo...) si ebbero
infatti già diversi anni or sono.
Neol
1946 i progettisti dell'ala volante “A.W. 52” scrissero nel loro
Rapporto Tecnico: “ Negli ultimi tempi si è pensato di abolire le
bocche di captazione negli aeroplani potenziati con turbine a gas
prelevando l'aria per il reattore dalla superficie dell'ala. Si
prevede che la perdita di potenza in seguito alla mancanza
dell'autocompressione dell'aria captata dinamicamente non avrà
importanza rispetto alla prestazione totale del velivolo...”.
Sir
Ben Lockespeiser nel corso di una conferenza svoltasi a Londra nel
dicembre del '46 e concernente i progressi aerodinamici inglesi
nell'ultimo lustro, parlando dello strato limite e dichiarandosi
deciso fautore del sistema , ritenne doveroso ricordare che:
“...l'aeroplano scivolerebbe attraverso l'aria allo stesso modo di
un pezzo di sapone bagnato che sguscia attraverso le dita e la
resistenza – specie per le ali – si ridurrebbe a meno di 1/3 del
normale...”
Da
parte sua il professor Relf scrisse testualmente in “Flight” del
6 giugno 1946 (cfr. Recenti progressi aerodinamici inglesi):
“...Recentemente presso l'N.P.L. È stato preso preso in
considerazione un ulteriore sistema di regolazione dello strato
limite mediante aspirazione. Si riferisce ad un succhiamento
attraverso minuti fori distribuiti su di una superficie anziché
attraverso una o più fessure. Quest'idea non è nuova. Ciò che è
nuovo è la produzione di un materiale poroso, sotto la forma
di bronzo spugnoso, che possiede interstizi molto piccoli e
ravvicinati fra loro. (...Un “bronzalluminio” sinterizzato ,
dunque – N.d.S.). Il dr. Preston ha considerato questo problema
secondo l'aspetto teorico ed è convinto che è molto promettente.
E' in corso di preparazione una serie di esperienze in proposito...”.
In
precedenza a guisa d'introduzione ad una conferenza tenuta presso la
“Royal Aeronautical Society” di Londra, lo stesso professor Relf
aveva dichiarato: “ I recenti esperimenti di aerodinamica
sull'aspirazione dello strato limite appaiono ricchi di possibilità
per il futuro.... ho l'impressione che ci troviamo alla vigilia di
scoperte ed avvenimenti altrettanto sensazionali quanto il volo di
Orville Wright 43 anni fa...”.
Decisamente
viviamo in un tempo di miracoli (miracoli tecnici, naturalmente). Si
è perciò facili profeti scrivendo che la 46/ma virtù della
propulsione a reazione non mancherà di ampliare notevolmente il già
grandioso quadro delle possibilità aeronautiche umane.
oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
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Reattore Rolls-Royce Derwent 8
Rolls-Royce Derwent sezione trasversale
Gloster Meteor (sopra e sotto)
NB - Ovviamente i "vantaggi" e gli "svantaggi" elencati con tanta pignoleria da Formentini riguardano la tecnologia dei reattori del 1953. Rapportando il tutto alla situazione attuale è facile arguire che queste liste dovrebbero essere completamente cambiate perchè nel frattempo la tecnologia progettativa e realizzativa dei propulsori a reazione ha fatto passi da gigante.
Reattore Junkers Jumo 004
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Reattore Rolls-Royce Derwent 8
Rolls-Royce Derwent sezione trasversale
Gloster Meteor (sopra e sotto)
Per
maggiore chiarezza ritengo interessante presentare al lettore
l'intervento di Pietro Formentini che ha dato lo spunto a Vesco per
intervenire a sua volta a completamento di una serie di valutazioni
che all'epoca erano oggetto di serrato confronto tra
specialisti.
Dobbiamo
tenere presente che alla metà del secolo scorso la propulsione a
reazione era ancora una novità con enormi potenzialità, tutte da
scoprire e testare. I primi velivoli a getto prodotti in serie
risalivano a meno di dieci anni prima ed erano il tedesco
Messerschmitt Me-262 “Schwalbe”, con ala a freccia, che era
spinto da due turbogetti Junkers Jumo 004 B-1 da 900 kg/spinta
ciascuno, utilizzato nell'ultimissima parte del secondo conflitto
mondiale e l'inglese Gloster “Meteor”, anch'esso bireattore, ma
con ala dritta, dotato di due propulsori Rolls-Royce Derwent da 1500
kg/spinta. Poi arrivarono gli americani col Lockheed P-80 seguito
dagli altri caccia della “serie 80” (F-84; F-86 ecc.).
Lo
scritto di Formentini comparve sulla “Rivista Aeronautica” n. 4 –
aprile 1954, ma era già stato pubblicato da “La Tecnica Italiana”
nel dicembre 1953.
RR
NB - Ovviamente i "vantaggi" e gli "svantaggi" elencati con tanta pignoleria da Formentini riguardano la tecnologia dei reattori del 1953. Rapportando il tutto alla situazione attuale è facile arguire che queste liste dovrebbero essere completamente cambiate perchè nel frattempo la tecnologia progettativa e realizzativa dei propulsori a reazione ha fatto passi da gigante.
Reattore Junkers Jumo 004
“
"45” VANTAGGI DELLA MOTOPROPULSIONE A REAZIONE
"45” VANTAGGI DELLA MOTOPROPULSIONE A REAZIONE
Allorchè
tre anni or sono, il compilatore di queste note, presentava sulla
Rivista Aeronautica nell'articolo “Aspetti del turboreattore”, un
elenco inedito di 30 vantaggi della propulsione a reazione pensava
che sarebbe stato difficile allungarlo ulteriormente.
L'elenco
era costato un paziente lavoro di analisi e di sintesi estesa a tutti
i vari aspetti delle nuove macchine e del loro impiego. Tre anni di
successive esperienze e di imponente sviluppo della propulsione a
reazione, hanno illuminato maggiormente il quadro fornendo elementi
per formulare un'altra quindicina di vantaggi. Presentiamo l'elenco
al personale dell'A.M. col convincimento che, oltrechè soddisfare la
curiosità, esso rappresenti un utile indice di argomenti per
acquistare familiarità con il campo della propulsione a reazione.
Sembra arduo, ora, superare i 45, che le difficoltà di formularne
crescono con... legge esponenziale. Non disperiamo tuttavia di
arrivare al traguardo dei 50, perchè contiamo anche sulla
collaborazione dei lettori ai quali chiediamo di fare pervenire
all'Ufficio Studi dello S.M.A.M. (Stato Maggiore dell'Aeronautica
Militare – RR) i loro graditi suggerimenti.
(Naturalmente
Vesco non poteva mancare un'occasione del genere così invio le sue
valutazioni scritte, che, come sappiamo vennero pubblicate. - RR)
- - Semplicità e quindi minor facilità di avarie, avendo il 70% circa in meno di pezzi.
- - Leggerezza fino a 4-5 volte maggiore.
- - Maggiore regolarità di marcia, assenza di vibrazioni e minor rumore (specie di quelli dovuti all'elica) che contribuiscono a rendere meno faticoso il pilotaggio e meno tormentate le strutture.
- - La riduzione delle vibrazioni permette di alleggerire l'intera struttura del velivolo.
- - La maggiore regolarità nella prestazione della potenza, fornita con continuità anziché con intermittenza come ai motori alternativi dà il vantaggio di basse pressioni di lavoro in relazione al dimensionamento.
- - Non richiede carburanti speciali ad alto valore di ottano.
- - Maggior sicurezza in quanto l'uso del Kerosene, in luogo della benzina riduce i pericoli d'incendio.
- - Minore ingombro frontale, miglior profilo aerodinamico ed eliminazione della resistenza dell'elica. Anche il deflusso aerodinamico lungo e intorno alla cellula, non è perturbato dal flusso dell'elica.
- - Il rendimento propulsivo, come quello termodinamico, aumentano con la velocità del velivolo ed anche con la quota mentre il rendimento del motoelica diminuisce alle alte velocità.
- - Il valore della spinta resta pressochè costante con l'aumentare della velocità mentre la trazione dell'elica diminuisce sensibilmente e progressivamente dal decollo in poi.
- - La legge di diminuzione della spinta con la quota è meno rapida di quella della densità ed a maggior ragione meno rapida di quella della potenza dei motori alternativi normali.
- - Il consumo specifico ad alta quota è minore che al suolo.
- - L'autonomia chilometrica aumenta con la quota, mentre col motore alternativo resta costante.
- - L'autonomia oraria non diminuisce con la quota come accade invece per i motoelica.
- - La realizzazione di potenze sempre più elevate non è limitata – come nei motori alternativi – dalla diminuzione del rapporto potenza/peso.
- - Il minor peso dei motori consente – a parità di carico alare – di aumentare il carico pagante o quello del carburante.
- - Risparmio di peso per alleggerimento delle strutture alari di sostegno dei motori.
- - Risparmio di tempo nella durata dei viaggi per le maggiori velocità realizzabili.
- - Lubrificazione ridotta al minimo per mancanza di organi striscianti e conseguente riduzione di peso di olio e di ingombro serbatoi.
- - Assenza di impianti di accensione e carburatori.
- Semplicità di impianto di alimentazione in confronto ai complicati compressori dei motori alternativi.
- - Assenza di impianto di raffreddamento il cui sistema è incorporato nel motore.
- - Mette a disposizione gran quantità di aria calda per il riscaldamento cabina, per le armi e per l'impianto antighiaccio.
- - Semplicità e rapidità di avviamento e di portata a regime e nessuna necessità di riscaldamento preventivo del motore.
- - Semplicità di comandi e strumenti del motore e assenza di quelli dell'elica.
- - Sensibile riduzione degli effetti giroscopici, malgrado l'elevato numero di giri.
- - Assenza della coppia di reazione dell'elica.
- - Assenza degli effetti di scia delle eliche e minor molestia al volo per aerei retrostanti.
- - L'assenza di organi in moto alternativo consente velocità angolari più elevate e quindi maggiori potenze.
- - E' possibile ottenere in caso di emergenza notevoli incrementi di spinta e quindi di potenza.
- - Facilità ed economia di manutenzione, di ispezionabilità e di impiego non richiedendo revisioni frequenti.
- - L'assenza di vibrazioni permette di ridurre la manutenzione degli strumenti di bordo e delle varie installazioni ed impianti del velivolo.
- - Semplicità di impianto e di sistemazione sui velivoli e possibilità di sostituire un turboreattore in meno di mezz'ora.
- - Possibilità di montare gruppi accoppiati vicini l'uno all'altro lungo l'apertura alare a diffrenza dell'elica il cui diametro non lo consente.
- L'ingombro, la forma ed il peso dei turboreattori, permettono di incorporarli completamente nella fusoliera e nelle ali con possibilità di ulteriore sviluppo dei velivoli tutt'ala e senza cosa.
- - Minor costo e minor tempo di progettazione, costruzione e messa a punto.
- - Più facile e rapida progettazione di un versione ridotta od aumentata in scala, rispetto al modello collaudato.
- - Per le linee civili la propulsione a reazione rende più confortevoli i viaggi data l'assenza di vibrazioni, di urti metallici ed il ridotto rumore dei gas di scarico.
- - Permette di ridurre l'altezza del carrello di atterraggio e il suo peso.
- - Il basso centro di gravità facilita la frenatura del velivolo e permette di ridurre il raggio di virata a terra.
- - Migliori requisiti di pilotabilità dei velivoli a reazione per la maggiore maneggevolezza.
- - Minore vulnerabilità del motoelica all'offesa aerea avversaria.
- - Offre al pilota una migliore sistemazione, un campo visivo più ampio ed una maggiore sistemazione , un campo visivo più ampio ed ed una maggiore area anteriore per armamento. Sugli idrovolanti la migliore visibilità riduce i rischi.
- Consente maggiore precisione di tiro per l'assenza di vibrazioni e del rollio.
- - Intervento più pronto nel campo tattico per la maggiore velocità.
Svantaggi della propulsione a
reazione
Ogni
medaglia ha il suo rovescio ed il turboreattore non sfugge a tale
sorte. Gli svantaggi che esso presenta rispetto al motoelica si
possono raggruppare nel seguente elenco:
- - Consumo specifico elevato e quindi minori autonomie.
- - Basso rendimento alle alte velocità.
- - Deficienza di spinta al decollo rispetto ad un motoelica di pari potenza.
- - Scarsa flessibilità di prestazione.
- - Deficiente prontezza di ripresa.
- - Delicatezza di costruzione.
- - Delicatezza per ghiaccio, sabbia, neve.
- - Sollecitazioni elevate nelle evoluzioni.
- - Non consente il frenamentp aerodinamico all'atterraggio.
- - Esige maggiori lunghezze di piste.
Pietro
Formentini
www.cisu.org
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