sabato 9 marzo 2013

                          SGUARDO CRITICO AI DISCHI VOLANTI

                                                                   
                                                        RENATO VESCO
  
                                                             (2^ PARTE)                         

 




Nello scorso giugno il prof. D.H. Menzel ha cercato di spiegare scientificamente (in base ai dettami della fisica ottica) la velocità elevata, la silenziosità e la straordinaria agilità dei Dischi, negando la loro materiale consistenza ed ascrivendoli ad una classe speciale di miraggi (“lenti d'aria”). La teoria e le esperienze complementari, indubbiamente ingegnose, urtano contro le innegabili, recenti documentazioni fotografiche: esse possono comunque giustificare talune “visioni” inesplicabili e ridurre a più ragionevoli proporzioni il fenomeno dell'avvistamento dei “veri” Dischi volanti. A sostegno della sua tesi il prof, Menzel cita le cosidette “Luci di Lubbock”.

La notte del 28-8-1951 a Lubbock (texas – U.S.A.) il geologo Robbinson, il chimico Obberg e l'esperto petrolifero Ducker videro improvvisamente un certo numero di luci attraversare il cielo in pochi secondi da una estremità all'altra dell'orizzonte, dando l'impressione che fossero trenta globi luminosi disposti a mezzaluna. Alcuni istanti dopo un'altra consimile formazione lampeggiò nell'oscurità. Il prof Ducker fra l'agosot e il novembre fu testimone di altri dodici identici passaggi, in regolari formazioni a cuneo, composte in media da 18-20 unità.

La strabiliante constatazione degli esperti che svilupparono le otto fotografie concernenti i misteriosi passaggi prese dallo studente C. Hart (30-8-1951) è che “... questi corpi non risultano di forma sempre uguale e non sono mai perfettamente regolari. Talvolta sono più tondi, talvolta più allungato e anche le loro dimensioni differiscono fortemente, sicchè errerebbe chi si immaginasse questi corpi come tanti Piatti Volanti dai contorni netti”.

Questa constatazione non corrisponde a verità.

I corpi luminosi di Lubbock non sono immagini riflesse di luci lontane, come vorrebbe il prof. Menzel, Nè differiscono di forma e dimensioni. Essi sono realmente Dischi Volanti e le fotografie (che traggono tanto in inganno anche gli osservatori più esperti) riproducono fedelmente non già i contorni netti dei Dischi (invisibili perchè immersi nell'oscurità della notte) ma le scie incandescenti dei loro propulsori o il bagliore dei loro combustori roventi. Si intravvede inoltre vagamente la superficie ventrale illuminata dai “getti” ed è nettamente rilevabile (attraverso la forma lenticolare dei Dischi privi di scia) l'assetto normale ad incidenza negativa che è proprio degli aeromobili a portanza reattiva lanciati nel volo velocissimo orizzontale.

La forma delle caratteristiche scie convalidano tutte le ipotesi sul volo aplano: in armonia con l'incidenza negativa degli ordigni, i gas di propulsione si raccolgono in maniera compatta nella zona depressa retrostante al bordo superiore dei Dischi. I bordi inferiori denunziano chiaramente la forma lenticolare assunta dalla struttura circolare obliquamente disposta. Il fatto che le scie non si stacchino nettamente dai bordi verso l'esterno in forma di distinte colonne gassose falcate ma si raccolgano invece sul retro degli ordigni è una indiscutibile testimonianza non solo della elevatissima velocità delle macchine volanti ma anche della circostanza che l'energia cinetica relativa del gas espulso è nulla (rendimento di propulsione unitario o pressochè tale).

Queste scie infuocate il prof. Menzel tenta di spiegarle col fenomeno  della rifrazione dei colori attraverso un prisma. Francamente questo è chiedere troppo alle leggi dell'ottica. Specie quando (come accaduto di recente: 27-5-1952) nel cielo della cittadina spagnola di Alijaraque, un Disco Volante color arancione compie in pieno giorno audaci evoluzioni e guadagna quota lasciando dietro di sé una scia luminosa.

L'esistenza o meno delle scie incandescenti si spiega facilmente con il diverso ciclo di propulsione impiegato pe ril volo impiegato per il volo nei diversi istanti in cui furono scattate le riprese fotografiche. Infatti allorchè gli ordigni si presentano brillanti ma con bordi netti e senza traccia di scia,è ragionevole supporre che essi stiano traslando inerzialmente in autorotazione e che il candore della loro superficie ventrale sia da ascrivere in parte all'incandescenza residua delle pareti lambite in precedenza dalle fiamme di scarico ed in parte ad una combustione mantenuta ai minimi termini per l'adescamento di una eventuale pronta ripresa del volo a motore termico, Gli ordigni con scia traslano evidentemente col motore spinto termicamente al suo massimo regime e la lunghezza della scia può anche dipendere dalla presenza di perturbazioni atmosferiche (venti) intersecanti la loro rotta.

Fra le varie ipotesi avanzate per tentare la spiegazione di questo strano mistero ebbe (perlomeno sino a qualche anno fa) un'assoluta preminenza la sensazionale supposizione che i Dischi siano aeronavi lanciate da qualche altro pianeta all'esplorazione della Terra.

I sostenitori di questa audace tesi basano le loro asserzioni sul fatto che le dimensioni, la velocità, la morfologia e le evoluzioni discoidali non trovano alcun riscontro nelle possibilità attuali della tecnica umana. Il dott. Walter Riedel, già membro del Centro Sperimentale Germanico per i siluri a “razzo” di Peenemunde, concorda con i redattori dei un'inchiesta promossa dalla rivista “Life”, dichiarando che:

a) nessun materiale conosciuto sulla terra potrebbe resistere alle temperature generate dall'attrito atmosferico per il velocissimo moto degli ordigni;

b) spesso questi evoluiscono fulmineamente secondo traiettorie complesse ma regolari che implicano l'intervento di un pilota umano, inammissibile a bordo per ragioni fisiologiche, date dalle formidabili accelerazioni osservate ;

  1. dal comportamento del motore si desume che esso non rientra nel novero dei tipi conosciuti sulla Terra.

Il dott. Riedel indubbiamente è uno dei più quotati esperti nel campo della propulsione a razzo. Ma poiché fra i siluri volanti del tipo V.2 ed i Dischi sussistono divergenze costruttive e funzionali rilevabili con estrema facilità, non esito affatto a mettermi decisamente contro un'opinione tanto autorevole, dimostrandone l'infondatezza con l'appoggio di documentazioni ineccepibili tratte dalla fisica sperimentale dalla chimica e dalla metallurgia correntemente applicate.

Le dimensioni degli ordigni sono stimate in base a sensazioni visive. Pertanto vanno accettate con ampie riserve perchè è impresa ben superiore alle nostre possibilità sensorie lo stimare le caratteristiche (dimensioni, quota, distanza, velocità) di oggetti aerei di natura sconosciuta. In linea generale si ammette l'esistenza di tre tipi di Dischi, cioè:

  1. ordigni di piccolissime dimensioni (da 30 centimetri a poco più di un metro di diametro) che si ritiene debbano essere radioguidati e che ascrivo invece alla classe dei fenomeni naturali (fulmini globulari, fuochi fatui atmosferici) salvo qualche rarissimo esemplare della massima dimensione che potrebbe anche essere un proiettile antiaereo sperimentale radioguidato da basi (fisse oppure volanti) relativamente prossime al punto di avvistamento;
  2. i “medi” e grandi Dischi, con diametri tra i 15 e i 150 metri, indifferentemente antropo o radio pilotati:
  3. I Dischi di enormi dimensioni che presentano un massimo diametrale valutato in 250 metri, certamente governati da un equipaggio umano e numeroso.

I Dischi supergiganti furono notati per la prima volta nel settembre 1949 fra le Montagne Rocciose presso la frontiera canadese da una comitiva di geologi americani.

I fautori della tesi marziana sostengono che costruzioni aeronautiche di proporzioni tanto inusitate sono sconosciute sulla Terra e debbono per forza logica di cose da mondi più evoluti: ciò è falso.

Nel marzo 1936 preso gli stabilimenti Zeppelin di Friedrichschafen fu ultimata la costruzione del dirigibile rigido L.Z.”Hindenburg” a scheletro interamente metallico. Le dimensioni di questo colossale aeromobile erano le seguenti:

lunghezza metri 247,20

diametro massimo metri 41,2

volume metri cubi 200,000

peso totale 214 tonnellate

Cifre che possono ben costituire motivo di vanto per l'ingegneria umana che le rese operanti. E poiché nel decennio successivo la tecnica ha compiuto passi giganteschi, la costruzione dei Dischi supergiganti (se realmente esistono) non esula affatto dalle attuali possibilità umane. Oltre alla convenienza, è solo una questione di volontà e, sopratutto di finanza.

L'esperto di aerodinamica prof. M. Biot ritiene che i Dischi per la loro forma ed il loro modo di procedere non sono fatti per muoversi nella nostra atmosfera ma sono atti a volare in una atmosfera loro propria e si pronunzia a favore della provenienza extraterrestre. Più verosimile (per quanto incompleta) l'opinione che assegna alla forma discoidale il compito di agire dinamicamente sull'aria estremamente rarefatta della superstratosfera ( cioè a quote molto superiori ai 30,000 metri) ove le ali del tipo convenzionale divengono inefficienti per gli enormi intervalli che distanziano le molecole dell'aria (superaerodinamica). In realtà la forma ed il funzionamento assolutamente rivoluzionari di queste macchine riposano sui concetti razionalmente scientifici del volo a portanza reattiva .

Gli osservatori brasiliani che ripresero il volo di un Disco nei pressi di Rio affermano che “... l'ordigno visto di profilo da l'impressione che nella sua parte inferiore possegga un secondo piano alare indipendente da quello superiore”..

In realtà è inesatto parlare di piani alari. Infatti per ragioni di simmetria si intuisce la continuità fra la protuberanza centrale superiore (cabina di pilotaggio) e quella parimenti centrale ma inferiore (probabilmente una torretta periscopica ventrale con portelloni di accesso alla cabina), continuità realizzata mediante un asse rigido verticale (parzialmente visibile negli interstizi della macchina) intorno al quale ruota il propulsore a reazione, annegato nel grande disco superiore a spessore variabile. E' invece evidente che la piastra ventrale a spessore costante è collegata rigidamente all'asse centrale verticale: Essa deve forse contenere i serbatoi del combustibile ed un treno retrattile di atterraggio a pattini oppure ruote multiple per i piccoli spostamenti a suolo della macchina s propulsore fermo.

I fotogrammi brasiliani (che per la loro solare evidenza fugano ogni residua incredulità sull'argomento) autenticano alcune vecchie osservazioni risalenti al '48 e confusamente descritte da inesperti in materia. Particolarmente interessante quella dovuta al prof. Hunter di Saint Mary's (Pennsylvania – U.S.A.) relativa all'avvistamento di un corpo volante a circa 150 metri di altezza, del diametro massimo di circa 45 metri, spesso al centro 9 metri, seguito da una scia lunga una sessantina di metri. Il Disco era composto di tre sezioni circolari concentriche :

  1. la sezione esterna sembrava fissa (ala anulare);
  2. quella intermedia appariva mobile roteava producendo un forte fischi (propulsore a rotoreazione)
  3. la sezione interna, la maggiore fra le tre, era a sua volta immobile (piastra ventrale fissa).

Se la descrizione è veritiera parrebbe dunque che il propulsore sia incassato entro quella gigantesca svasatura che attornia l'asse di rotazione , col risultato che mentre la stabilità non risulta menomata, nel volo rettilineo veloce si evitano integralmente i moti spontanei di deriva dell'aeromobile conseguenti alla differente distribuzione della pressione della pressione dinamica e dell'attrito atmosferico sulle superfici esterne superiori dei due semidischi contrapposti (effetto Magnus).

Il sensibile scarto diametrale fra la piastra ventrale fissa e la fascia superiore periferica convessa lascia supporre che le bocche di scarico dei gas di propulsione siano collocate alla radice della zona convessa, là ove si diparte la fascia sottile periferica. Comparando le fotografie brasiliane con quelle del Disco sorvolante l'Oregon, si nota che la struttura dell'aeromobile nei due anni d'intervallo ha subito appariscenti ed importanti modifiche. La piastra ventrale fissa (in precedenza accuratamente occultata) è ora immersa nella libera atmosfera. Si nota poi l'aggiunta della fascia sottile alla struttura convessa primitiva. Dal che si deduce che il meccanismo di propulsione potrebbe funzionare anche in mancanza di essa. Detto bordo contribuisce evidentemente al miglioramento del rendimento globale dell'aeromobile. La marcata svasatura trova riscontro (beninteso solo concettualmente) nel “diedro invertito e negativo” delle ali di alcuni modernissimi bombardieri pesanti (cfr. trireattore Martin XB.51; ottoreattore Boeing B.52 Stratofortress). La morfologia lievemente imbutiforme della superficie ventrale ha forse il compito di agire dinamicamente sull'aria estremamente rarefatta dell'alta atmosfera e della jonosfera inferiore (cioè a quote comprese fra i 40 e i 100 chilometri di altezza), la ove le ali convenzionali diventano inefficienti per gli enormi intervalli che distanziano le molecole dell'aria.

Il Disco osservato al teodolite dal comandante Mc Laughlin, perchè volante a circa 90 chilometri di quota, traslava in un ambiente con un grado di rarefazione enorme (percorso libero molecolare medio dell'aria = 89 mm.).

Gallerie aerodinamiche per flussi ultrararefatti (1/100 di atmosfera) e velocità ultrasonore (superiori a 12000 chilometri orari) sono in funzione si dal '48 presso alcuni Centri Sperimentali americani e, segnatamente, a Pasadena in California. Duecentoquarantasei milioni di dollari furono stanziati dal presidente Truman nel corso del '49 per la costruzione di altre gallerie ed installazioni accessorie, necessarie “,,,per la realizzazione di aerei ad altissima velocità e di proiettili intercontinentali radiocomandati”. Le gallerie aerodinamiche sono strumenti essenzialmente “pratici: se vi sono le gallerie (che non si possono celare) debbono per forza logica di cose esistere ( sia pure allo stadio di segretissimo prototipo o di progetto) anche gli aerei in esse sperimentati:

Completando l'esame delle caratteristiche morfologiche discoidali, rileverò che sulle funzioni della piastra fissa ventrale non vi possono essere dubbi di sorta: allorchè per inerzia il Disco trasla ad incidenza positiva essa “porta” come una normale ala rotonda

Duemilaquattrocento chilometri orari in aria densa sono una velocità ben lontana dal generare la fusione di un corpo volante, poiché il sopraelevamento di temperatura alle pareti dell'ordigno per effetto dell'attrito atmosferico non raggiunge neppure i 200°C teorici (cfr, Stevens J.H. - La velocità scotta! - “alata” n. 2/1952).

Temperatura che genera difficoltà costruttive ben inquadrabili nei limiti della nostra tecnica attuale. Richiedono cure speciali:



a) la cabina di pilotaggio per il suo delicato contenuto umano;



b) il dispositivo di propulsione perchè già internamente soggetto alle elevate temperature del ciclo.



Accoppiando due lastre di resistente vetro sintetico speciale (ad esempio il “graphite “ che resiste sino ad una temperatura di 138°C) e facendo circolare nell'intercapedine un fluido refrigerante, si possono approntare cupole trasparenti a lastre multiple suscettibili d'impiego su aeromobili ultraveloci quali appunto i Dischi Volanti.

Non è poi da escludere l'ipotesi della sostituzione più o meno integrale delle normali sfinestrature con antenne periscopiche manovrate dall'interno delle cupole metalliche . Anzi, la massiccia antenna che sovrasta il Disco fotografato in volo sull'Oregon presenta dimensioni troppo marcate per una semplice radio-antenna.

Il dispositivo di propulsione (a differenza del corpo centrale fisso che può essere costruito in lega leggera) impone l'uso di leghe ad alta resistenza capaci di sostenere con largo margine di sicurezza le sollecitazioni termiche e angolari. I materiali adatti allo scopo non difettano. Anche senza ricorrere alle costose leghe al rame-nichelio ovvero alle leghe di titanio, vi sono degli ottimi acciai inossidabili che quotidianamente in miriadi di svariate applicazioni danno brillanti prove delle loro eccellenti qualità metallurgiche. Data la speciale conformazione del propulsore rotante, è probabilissimo che le gigantesche camere di combustione siano internamente protette con una fasciatura in materiale refrattario il quale, nonostante la sua modesta densità, permette di spingere le temperature del ciclo ben oltre gli 800°C attuali, lasciando un largo margine alle strutture metalliche esterne per l'eventuale assorbimento del calore generato dall'attrito aerodinamico.

Nel campo dei refrattari la tecnica moderna offre dei prodotti ceramici che presentano una resistenza straordinaria alle alte temperature. Anzi, riguardo al peso, le ceramiche sono senz'altro più resistenti al calore di qualsiasi mentallo disponibile (cfr. N.J. Hoff – Problemi strutturali dell'aeroplano - “Alata” n. 4-5/1952),

Attualmente non sembra si possano utilizzare le ceramiche come elemento strutturale primario perchè piuttosto fragili. Applicate in uno strato sottile di rivestimento (a guisa di smalto) possono però proteggere le superfici esterne degli aeromobili non solo attenuando l'assorbimento del calore d'attrito ma sopratutto combattendo l'ossidazione del metallo.

Ammettendo per ipotesi che le velocità orizzontale dei Dischi (anche alle quote normali) siano molto superiori e tocchino ad esempio i 1000 metri al secondo (=3600 km/h), il sopraelevamento teorico di temperatura raggiungerebbe i 500°C. Allatto pratico per le dispersioni spontanee esso non dovrebbe superare i 400°C: valore comunque molto elevato e tale da mettere in dubbio la possibile sopravvivenza della macchina e del relativo equipaggio. Questo dubbio viene però dissipato:

  1. dal fatto che il sopraelevamento termico non è istantaneo. Esso è infatti condizionato dalla velocità, dalla quota di volo e “sopratutto” dalla durata di detto volo;
  2. per il concomitante fenomeno dell' “isteresi termica”, consistente nell'accertata lentezza di penetrazione del calore entro una superficie unilateralmente riscaldata, fenomeno che impedisce alle strutture di un aeroplano di assumere rapidamente una temperatura uniforme allorchè questi si muove ipersonicamente a quota costante.
    Il ritardo termico è importantissimo nei dischi perchè localizza alle superfici la massima temperatura, facilitandone poi la dissipazione durante il volo lento in aria densa. Un sottile strato ceramico superficiale può inoltre validamente fornire l'isolamento per un'esposizione di breve durata a temperature molto elevate ( ipervelocità troposferica) contribuendo inoltre ad imprimere alle superfici quella lucentezza speculare che rende tanto caratteristici i Dischi.

Esperimenti effettuati dalla “Northrop Aircraft Incorporated” (California – U.S.A.) confermano che rivestimenti in resine sitetiche impregnate di fibra di vetro (Fiberglas) possono garantire un volo duraturo e sicuro sino ad una velocità di circa 3200 chilometri orari. Un rivestimento del genere è inoltre “elettronicamente refrattario”; tale cioè da non riflettere, assorbendolo, il fascio radarico. Si assicura che “...un aereo costruito col materiale plastico in questione rifletterebbe sullo schermo radar solo le parti metalliche (armi e motore) riducendo considerevolmente le dimensioni dell'immagine e la possibilità di avvistamento”. Prerogativa di prim'ordine e bellicamente assai temibile.

La caratteristica lucentezza e levigatezza denunziata dalle superfici della maggioranza dei Dischi potrebbe ascriversi all'uso dell'eccezionale rivestimento descritto, indispensabile anche per minimizzare l'attrito atmosferico. Ciò spiegherebbe allora l'apparente paradosso per cui D|ischi volanti in formazione a quote relativamente modeste fossero nettamente percepiti dagli osservatori al suolo mentre sigli schermi radar nulla compariva o solo tenuissime traccie (Aeroporto di Washington. Avvistamenti dello scorso luglio).

Anche il propulsore rotante può essere periodicamente refrigerato: ciò giustificherebbe la inspiegabile permanenza su località assolutamente insignificanti di vari Dischi aerostazionanti più o meno a lungo in autorotazione a quote relativamente molto basse.

La resistenza umana alle accelerazioni ed alle temperature anormali è molto maggiore di quanto comunemente si crede. E' solo questione di “posizione” e di “protezione”. A 2400 km/h un pilota normalmente seduto vira in 50 sec.ondi su un raggio superiore agli 11 chilometri. In posizione prona il raggio di virata si può ridurre a meno di 6 km. E la durata della manovra si aggira sui 20 secondi.

Nelle “camere termiche” dei Laboratori sperimentali americani di Aeromedicina alcuni uomini selezionati hanno sopportato temperature alle pareti di 120°C senza danno alcuno, se si eccettua la marcata disidratazione del corpo (1.1 kg di peso per una permanenza di 79 minuti in ambiente a 71°C), peraltro rapidamente eliminata tramite abbondanti ingestioni di acqua.

I sistemi protettivi vanno dalla cabina totalmente refrigerata alle specialy tute ermetiche in naylon e metallo, refrigerate con circolazione di aria o acqua pompate, tute o scafandri, che completati con adatte imbottiture e camere elastiche a gonfiamento comandato(tute anti-g) possono inoltre preservare il pilota dalle gravi conseguenze delle accelerazioni anormali e dalle vibrazioni del volo transonico.

Per quel che concerne il funzionamento meccanico del dispositivo discoidale di propulsione occorre senz'altro accantonare le varie ipotesi sull'energia sconosciuta perchè le osservazioni oculari non lasciano dubbi in proposito: si tratta di un motore a reazione di concezione particolarissima, funzionante secondo principi convenzionali.

Significativa in proposito la “presa dinamica” anulare attorniante la torretta centrale, che risalta in maniera particolare sulle foto del Disco che sorvolò il Brasile. Gli aeromobili a reazione notoriamente utilizzano delle “prese” per captare l'aria atmosferica da immettere nel ciclo propulsivo.

All'epoca dei primi avvistamenti, due osservatori nord-americani notarono il passaggio di una formazione discoidale a quota molto bassa su di una foresta. Nonostante l'assoluta assenza di vento “...le cime degli alberi, mentre gli ordigni passavano su di loro, si piegavano come se fossero state sferzate da un violento tifone”; il che esclude dunque categoricamente l'ipotesi che essi traslino sotto l'impulso di un'energia misteriosa che annulla la gravitazione tellurica: il “vento” discoidale documenta che essi per procedere nel loro volo reagivano su “qualcosa” che non può essere che l'aria accelerata dal propulsore secondo modalità note.

All'alba del 5-4-1950 a Palma di Majorca (Isole Baleari) il sig. E. Hausmann Muller, colpito da un suono stridente (una specie di “fischio” proveniente dalla volta celeste) potè distinguere una “veloce raffica luminosa”. Con ammirevole prontezza scattò una fotografia che sviluppata riproduce “...una ellissi circondata da cinque branche luminose che danno l'impressione di un rapido moto rotatorio”. Ad un sagace osservatore, versato ai segreti della propulsione a reazione e alle sue possibilità aplane. Quelle scie falcate e quella forma ellittica dicono molte cose. Infatti le cinque scie incandescenti, nettamente definite e falcate (uscenti a regolari intervalli dal bordo circolare) documentano l'esistenza di processi di compressione , combustione ed espansione svolgentisi in seno alla macchina volante. Altro Disco caratterizzato da un analogo dettaglio fu scorto il 6 luglio u.s. da quattro piloti floridiani (con lunga esperienza bellica e di volo) mentre si librava sopra lo stabilimento atomico di Hanford (Colorado- U.S.A.). Esso era “...perfettamente rotondo, di colore bianco, con piccole scie di vapore che lo attorniavano come tentacoli di polipo. Il Disco era fra i 4000 ed i 5000 metri sotto un banco di nubi. Ad un certo momento arretrò, guadagnò quota e scomparve rapidamente”.

Spesso in luogo delle scie falcate si osservano aloni luminosi o incandescenti generati dal rapidissimo moto delle macchine volanti. I gas espulsi (e cineticamente pressochè inerti) se pressati dal cosidetto “vento relativo” devono curvare la loro traiettoria sino a lambire i bordi della macchina e , raccogliendosi poi nella depressione poppiera, costituire quella scia permanente il cui contenuto fluido si rinnova continuamente.

Il 20-3-1948 piloti americani avvistarono fra Rock (Arkansas) e Shreveport (Louisiana) un Piatto Volante lanciato a 900 chilometri orari. L'ordigno, grosso modo, assomigliava ad un cono molto piatto; nella parte centrale recava una cupoletta brillante (cabina di pilotaggio) e nella zona centrale inferiore un cono fosforescente (torretta periscopica ventrale). Luci circolari più pallide si scorgevano tra la la cupola e il bordo (prese dinamiche illuminate dal riverbero della combustione interna) mentre tutt'intorno al bordo si notavano fiamme di scappamento, (getti propulsivi) formanti un alone circolare.

All'incirca un mese dopo , ossia il 14-4-1948, su Louisville (Kentucky- U.S.A.) comparve un gigantesco Disco roteante a 3000 metri di quota con velocità stimata in 2500 Km/h. Il corpo circolare, seguito da una lunga scia chiara, era rischiarato da luci rosse con sfumature gialle uscenti da aperture rotonde. Intorno alla periferia si notava un alone bluastro che ad intervalli era interrotto da getti di fiamma. Il Disco “...procedeva circonfuso da una strana fluorescenza multicolore che lo rendeva simile ad un turbine sfolgorante”.

Talcolta, oltre alla scia, i Dischi mutano rapidamente il colore dell'intera macchina. Questo cambiamento è intimamente connesso al normale ciclo termodinamico del loro propulsore. L'anello rotante (propulsore del tipo a “rotoreazionre”) perchè soggetto ad altissime temperature v a costruito in lamiera d'acciaio.

E' noto che se una lastra di detto metallo viene sottoposto a temperature progressivamente crescenti essa assume una tinta caratteristica che dal grigio o blu scuro (se la t° è inferiore a 340°C) passa al blu con riflessi verdastri (sino a 370°C), al rossastro (sino ai 700°C), al rosso vivo ed all'arancione cupo ( tra gli 800 e i 1100°C), al giallo oro a 1200°C, al bianco a 1300°C, poi la tinta diviene abbagliante ed il metallo assume prima uno stato plastico e poi fonde. Naturalmente tali valori sono soggetti ad ampie oscillazioni in relazione alla presenza di altri metalli nella lega; il colore verde ad esempio può essere indice di un forte tenore di rame:

La notte del 25-5-1950Vienna fu sorvolata da un Disco con rotta W-E il quale, dopo a vere effettuato ampi giri sulla città, mutò il suo colore da argento in arancione brillante accelerando rapidamente il suo volo. Altro oggetto brillate, volante orizzontalmente ad imprecisabile ma notevole quota , dalla tinta verdastra che si tramutò successivamente in un colore rosso e poi in una vivace tinta dorata, sorvolò la città australiana di Darwin (28-7-1952). Evidentemente di Dischi Volanti che stavano accelerando il loro moto e le pareti del propulsore (a guisa di specchio fedele) riverberavano nell'atmosfera mutando di colore man mano che aumentava la temperatura del ciclo.

Se la struttura chimica della lega costituente le lamiere del propulsore o la loro temperatura non si prestassero alla formazione di una luminosità verdognola, la composizione cromatica fra la tinta gialla delle lamiere incandescenti e quella azzurrognola dei gas combusti sarebbe più che sufficiente per indurre in un osservatore lontano la percezione del colore verde. Notare poi incidentalmente che - qualora si usino carburanti di tipo sintetico – gli stessi prodotti combusti espulsi dal reattore possono contribuire ad accentuare ovvero ad alterare la tinta luminosa dell'ordigno: miscele a base di alluminio e magnesio danno luogo a combustioni di un abbagliante candore; il boro tinge la fiamma di verde smeraldo; il sodio la colora di giallo.

Spesso la luminosità dei dischi è tale da indurre a considerarli come integralmente incandescenti: illusione ottica di facile spiegazione.

Nella zona poppiera dei Dischi traslanti ad assetto negativo si produce una depressione entro la quale si raccoglie spontaneamente gran parte dei gas combusti espulsi dal propulsore (cfr. le famose “luci di Lubbock”). Se l'atmosfera è secca, o comunque a debole tenore di umidità, la brevissima scia è azzurrina o rossastra o fumosa e si confonde con la luminosità propria dell'ordigno. Se l'atmosfera è satura, la scia biancastra raccogliendosi e e stazionando in una massa più o meno compatta a poppa dell'ordigno assorbe e rifrange la luminosità delle pareti incandescenti e dei getti, velando la tinta opaca della zona ventrale fissa,

Scie e getti falcati biancastri in atmosfera secca presuppongono l'iniezione in ciclo (fase di compressione) di liquidi d'apporto , in armonia con quanto si pratica da tempo con tutti gli attuali tipi di motori termici a ciclo aperto.

Dischi emananti una luce gialla che a tratti volgeva al rosso sino a sparire completamente nel giro di pochi secondi evoluirono a lungo nel cielo a 30 miglia da Washington la sera del 26 luglio u.s. Questa manovra si spiega facilmente col fatto che gli ordigni (spenta o ridotta la minimo la combustione) mutavano rapidamente d'assetto (ruotando parzialmente intorno al loro asse trasversale) per passare dal volo a motore ( ad incidenza negativa) a quello librato (ad incidenza positiva), presentando in tal modo il dorso opaco agli osservatori lontani.

S sostiene che il volo dei Dischi sia assolutamente silenzioso. Testimonianze degne di fede provano che talvolta le loro evoluzioni sono accompagnate da un sibilo acuto o da un ronzio. I fautori della tesi marziana asseriscono che “...nessun tipo di aeromobile di origine tellurica potrebbe spostarsi così celermente in assoluto silenzio”.

Premesso che una certa rumorosità, sia pure impercettibile (specie ad osservatori collocati ad una certa distanza dalla fonte sonora ed immersi nell'abituale frastuono della vita cittadina) deve forzatamente manifestarsi a causa dello spostamento atmosferico provocato dal rapidissimo passaggio della macchina, se il propulsore è insonoro (o pressochè tale) ciò va ascritto al suo rendimento dinamico molto prossimo al valore unitario. Il che si verifica allorchè la velocità delle bocche di scarico propulsive e quelle dell'efflusso gassoso (getti) sono eguali e contrarie, in modo che l'emissione gassosa (priva di energia cinetica relativa), per così dire, si deposita, colmandolo, nel solco creato dal moto del propulsore nella massa atmosferica.

Infatti una notevole aliquota dell'energia prodotta nei reattori aeronautici di normale concezione viene dissipata attraverso in “getto” che è ancora troppo caldo e troppo veloce relativamente alla temperatura atmosferica ed alla traslazione del velivolo. Attualmente le massime velocità orizzontali raggiungono a malapena i 320 metri al secondo (1150 chilometri orari) e la velocità di efflusso del gaso oscilla fra i 450 e i 560 m/sec. Con temperature finali del “getto” sii 550-600°C. Il rumore caratteristico degli attuali aeroplani a reazione è dunque generato (di massima) dagli enormi travasi atmosferici di energia termodinamica inutilizzata che riscaldano e respingono violentemente l'aria circostante, generando in essa tutta una serie di onde d'urto.

La questione dell'insonorità dei Dischi può essere così sintetizzata: il dispositivo a reazione genera un rombo ovvero un sibilo acuto che si attenua man mano che il rendimento meccanico dei “getti” si approssima al valore unitario. Allorchè subentrano le fasi del volo autorotante il sibilo si trasforma in un morbido ronzio. Tanto il sibilo che il fruscio sono percettibili a condizione che l'ordigno trasli o stazioni a quote eccezionalmente basse, altrimenti la rarefazione atmosferica smorza ogni vibrazione sonora. Poiché per le loro colossali dimensioni si è indotti (per una errata valutazione ottica) ad assegnare ai Dischi quote di volo apparenti molto inferiori a quelle reali, ne consegue che la traslazione di questi ordigni (concepiti per il volo a quote molto elevarte) deve nella maggior parte dei apparire assolutamente silenziosa agli occasionali osservatori, usi ad impiegare quale termine di paragone l'intensa rumorosità degli aeromobili alati.

Se un aeromobile intensamente elettrizzato (per avere attraversato un certo numero di zone temporalesche ovvero avere assorbito spontaneamente scariche statiche per effetto triboelettrico) attraversa una zona del cielo elettrizzata di segno opposto, la differenza di potenziale può provocare la scarica elettrica e la macchina viene colpita dal fulmine. L'entità della carica elettrica assorbita dagli aeromobili è in diretta dipendenza delle condizioni fisiche dell'atmosfera attraversata e dalla velocità del volo secondo una potenza assai prossima al cubo. Ciò oltre a spigare la crescente importanza assunta dal fenomeno delle odierne velocità di volo (specie per quel che concerne il campo radiotecnico), lascia intuire a quale cospicua elettrizzazione debbano andare soggetti i Dischi per le loro formidabili velocità orizzontali, per le loro dimensioni e per la natura resinosa del loro rivestimento dorsale. E' perciò naturale che periodicamente essi compiano adatte manovre per neutralizzare queste pericolose cariche spontanee.

A manovre di depolarizzazione elettrostatica si debbono probabilmente ascrivere la “controreazione” di due dischi accostati bordo a bordo e roteanti sulla verticale di Salmon Dam ( Idaho -U.S.A.) nell'estate del '47, nonché l'aerostazionamento di tre Dischi giganti (dal diametro stimato in 250 metri) sulla verticale di Monte Dome (Montagne Rocciose, settembre del '49) i quali si abbassarono a turno sin quasi sfiorarne l'aguzza cima (vero gigantesco parafulmine naturale). Significativa l'apparizione di lampi e scintille crepitanti nella zona d'ombra dei Dischi, chiaro indice dello svolgimento di fenomeni di natura elettrostatica.

Il fatto che mai almeno in base ad affermazioni ufficiali o di pubblico dominio – qualcuna di queste macchine sia stata costretta a compiere atterraggi o che mai seri incidenti abbiano compromesso il suo volo, frangendola al suolo in modo da reperirne i frammenti e ricostruirne la struttura, deporrebbe a favore di una perfezione che è ben lungi dall'essere raggiunta dalla tecnica umana attuale. In realtà è dimostrato che anche questi ordigni sono soggetti ad avarie talvolta lievi, tal'altra letali e le osservazioni in proposito risalgono sino ai primissimi tempi della loro “scoperta”.

Nel luglio del '47 una dozzina di piccoli ordigni discoidali, larghi circa cinque metri e spessi all'incirca uno , nell'attraversare il cielo del Parco Nazionale di Yellowstone (U.S.A.) incrociarono un bimotore Curtiss P.38 (in realtà il P-38 “Lightning”era prodotto dalla Lockheed Aircraft. mentre la Curtiss produceva il caccia monomotore P-40 “Tomahawk” - N.d.R.) fotoricognitore. Il capogruppo investito dal vortice elicoidale dell'aereo si disarticolò, precipitando, ma i suoi rottami rimasero irreperibili probabilmente perchè chi aveva interesse a tutelare il segreto li rese tali.

La notte del 29-4-1950 un grande Disco metallico esplose nel cielo di Seattle (Stato del Washington – U.S.A.) dissolvendosi senza che fosse possibile reperirne la min9ima traccia. (Notare incidentalmente che Seattle si trova presso la frontiera canadese e in una zona battuta con insolita frequenza dalle formazioni discoidali).

Nell'immediato dopoguerra si apprese che agli inizi dell'estate 1944 un siluro-razzo V.2 sperimentale ( privo di carica esplosiva) cadde a Baeckedo (Svezia). Gli esperti svedesi (dopo avere trasportato a Stoccolma oltre due tonnellate e mezza di frammenti metallici e meccanismi deformi) Iniziarono uno sconcertante rompicapo scientifico nell'intento di rimontare la macchina. Raddrizzando e misurando le schegge, analizzandole chimicamente, composero lentamente un preciso quadro del gigantesco siluro. Dopo delicate trattative segrete (data la neutralità della Svezia) i Britannici ottennero il permesso di trasportare a Londra l'intero materiale, studiandone i dettagli in modo che, quando il primo V.2 cadde sull'Inghilterra, già si sapeva di che si trattava.

E' chiaro dunque che non basta far esplodere un ordigno per conservarne il segreto:”occorre invece “annientarlo”, disintegrandolo atomicamente ovvero disperdendolo in minutissimi frammenti fusi o combusti. La distruzione dei Dischi Volanti avariati non può essere che artificialmente provocata, tramite la concorrenza di particolari azioni termiche e meccaniche. La sera del 18-2-1950 un piccolo proprietario terriero di Copenhagen (Danimarca) osservò il passaggio di due Dischi Volanti: “il primo procedeva ad altissima quota, l'altro sui 500 metri, sembrava indeciso sulla rotta da scegliere . Oscillava, roteava furiosamente prendendo quota, poi rallentava il suo moto scendendo sino a 150 metri. Il Disco in alta quota si era fermato e sembrava che aspettasse. Dopo qualche minuto di immobilità scese a precipizio, si pose quasi a contatto con l'altro, poi si sollevò e sparì. Qualche secondo dopo quello “incerto”esplodeva avvolgendosi in una fiammata globulare che lo consumava interamente”. L'intimo contatto tra i due Dischi può essere giustificato con l'estremo salvataggio dell'equipaggio in pericolo. Effettuato mediante il trasbordo dalla calotta emisferica ventrale del Disco sovrastante (Torretta chiaramente chiaramente individuabile sulle fotografie del “passaggio” brasiliano), salvataggio che testimonia dell'abitabilità di detti Dischi.

Un Disco sceso in volo librato e autorotante sino a breve distanza dalla superficie del mare onde espellere residui combusti, o frammenti del rivestimento refrattario avariato od altro materiale inerte, fu osservato presso l'isola Maury nello stretto di Puget ( (Tacoma, Stato del Washington, U.S.A.) il 25-6-7947. E' probabile il corpo fosforescente, circolare e roteante, avvistato da centinaia di testimoni la sera de 9 settembre u.s. Mentre con parabola discendente s'approssimava al centro del Lago di Lugano fosse appunto un Disco impegnato in una analoga manovra

La sibillina frase che gli ultraveloci aerei inglesi “potranno, se necessario, compiere varie volte il giro del mondo senza scalo” si può spiegare:

  1. col fatto che grandissime distanze possono essere coperte col volo “di taglio” (volo slittato) a debole incidenza portante (volo librato) specie se detto volo prende avvio da quote superstratosferiche, in modo che il mobile venga a beneficiare di tutta una “successione di rimbalzi” sull'atmosfera più densa delle quote sottostanti (cfr. A. Fenoglio: I progetti di Saenger e l'aereo antipodico - “Ali”, n. 6/1952);
  2. ma sopratutto perchè i Dischi, scagliati dall'eccezionale potenza del loro propulsore a quote inimmaginabili, ivi trasformano la loro ascesa verticale in una traiettoria curva inerziale, tangenziale alla superficie terrestre.

La seconda ipotesi, integrabile con la precedente , presuppone il raggiungimento da parte dei Dischi di una velocità iniziale assai prossima a quella che genera la “sostentazione planetaria” ( 7,8 km/sec). Allora ruoterebbero per un certo numero di volte intorno alla Terra, decelerando gradualmente il loro velocissimo moto a causa del lieve ma costante frenamento operato dalla locale atmosfera estremamente rarefatta. La gravitazione residua, flettendo ulteriormente fino a renderla “spiraliforme, esalterebbe inoltre in forte misura tale frenamento sino a ricondurre alle quote e alle velocità normali gli ordigni, la navigazione circumterrestre sarebbe pertanto limitata nel tempo. (“satelliti artificiali” effimeri).

E' comunque chiaro che maggiore è la massa impegnata nell'azione, maggiore sarà l'energia iniziale accumulata e quindi più duratura la circuitazione tellurica. Il progressivo evolvere dei Dischi verso dimensioni diametr

ali sempre maggiori (con punte sui 250 metri stimati) sarebbe ampiamente giustificato.

L'avvistamento Mc Laughlin, la dichiarazione Hall, l'indiscrezione Doolittle sono altrettante assicurazioni che le velocità di ordine newtoniano sono state praticamente conseguite per mezzo di aeromobili di nuova concezione (Dischi Volanti).

D'altronde un enorme Disco potrebbe agevolmente trasportare sino ai limiti superiori dell'atmosfera un siluro-razzo, il quale decollando dalla sua “base di lancio volante” potrebbe raggiungere la quota voluta ed ivi “fissarsi” nello spazio. Ripetendo varie volte l'operazione si potrebbe costruire in quota una “stazione spaziale” con un'economia di materiali e combustibili quale vanamente ci attenderemo dai “razzi a stadi multipli” a lancio diretto dalla superficie terrestre.

La sera del 29+4-1952 alcuni cittadini londinesi osservarono ad altissima quota uno strano e velocissimo aeromobile “...dal quale dal quale improvvisamente se ne staccò uno più piccolo, seguito subito dopo da un altro e poi da un terzo. I tre “oggetti”, così rapidamente espulsi, presero direzioni diverse, vorticando per qualche secondo nel cielo e sparendo poi unitamente all'aeromobile principale”. Sebbene il Ministro dell'Aria britannico abbia manifestato un deciso scetticismo, dal punto di vista tecnico, la cosa è senz'altro fattibile, poiché aeromobili (dirigibili, idrovolanti, bombardieri pesanti) di cospicue dimensioni utilizzabili quali basi di lancio per aerei di più ridotte proporzioni non sono affatto una novità.

A condizione che che il gruppo di turbocompressione sia mantenuto in rapidissima rotazione, in via eccezionale anche i dispositivi a turboreazione possono funzionare in base ad un ciclo endoreattivo (razzo) , ovviamente con mediocri rendimenti per la bassa pressione in ciclo. Ciò vale anche per la rotoreazione. Le prestazioni migliorano separando i due cicli, mediante l'accoppiamento dei distinti meccanismi in un solo complesoo propulsivo. (Un tipico esempio lo abbiamo nel turboreattore germanico ed endoreattore ausiliario B.M.W. 003 R. con prese di moto per le pompe del razzo B.M.W. 718 inserito nelle strutture resistenti del precedente).

Immagazinando a bordo di un Disco supergigante una congrua quantità di adatto monopropellente sussidiario (per esempio il Nitrometano, CH3NO2)oppure dei composti a base di idrogeno e fluoro, l'ordigno (una volta attinta la massima quota raggiungibile mediante la captazione atmosferica) potrebbe funzionare per breve tempo in base ad un ciclo ad endoreazione (razzo), elevando la sua tangenza a valori eccezionali grazie all'azione combinata della rarefazione atmosferica e della gravitazione decrescente, trasformandosi poi in una “stazione siderale” permanente.

Dispositivi ausiliari ad endoreazione(annegati nello spessore dell'anello rotante propulsivo) permetterebbero di mantenere in lenta rotazione il gigantesco anello (stabilizzatore girostatico), provvedendo spontaneamente alla propria alimentazione e propellendo l'ordigno discoidale nel volo extra-atmosferico. La carenatura fissa antideriva funzionerebbe da “schermo” contro gli innumerevoli frammenti meteoritici di piccolissime dimensioni e l'anello del propulsore (decelerato ed ermetizzato) potrebbe ospitare l'equipaggio umano della “stazione”. La cabina centrale e la piastra ventrale funzionerebbero da punto d'attracco per le astronavi in transito, svolgendo inoltre le mansioni di magazzini per i viveri, i combustibili, l'ossigeno terapeutico, ecc. Infine il bordo periferico fisso od ala anulare potrebbe contenere altri reattori ausiliari (endoreattori, reattori classici, reattori “radioattivi”, jonireattori, ecc.) per i piccoli spostamenti spaziali del Disco (se utilizzato come “satellite artificiale”) o per la sua traslazione cosmica (se trasformato in veicolo interplanetario).

Un corrispondente da Washington del “New York Post” in data 27 settembre u.s. Ha comunicato, fra l'altro che l'Aviazione americana è in possesso di importantissimi documenti comprovanti lo spostamento interplanetario dei misteriosi ordigni. Detta affermazione trae probabilmente lo spunto dal fatto che (secondo alcune indiscrezioni risalenti alla primavera del 1952) un astrofisico americano osservando la Luna con un potente telescopio avrebbe scorto alcuni punti lucenti spuntare oltre il bordo del Satellite: “....Procedevano a velocità vertiginosa ma dopo alcuni minuti, durante un loro cambiamento di rotta, distinse la nota forma circolare dei Dischi Volanti”:

Il prof. Abetti, titolare della cattedra di Astronomia all'Università di Firenze e direttore dell'Osservatorio Astronomico di Arcetri, ritiene che tali corpi semoventi e luminescenti sono “pianetini vaganti” ossia meteoriti di cospicue dimensioni, i quali – perchè animati da velocità vertiginose – seguono traiettorie particolari suscettibili di contrastare con successo l'attrazione gravitazionale dei pianeti sorvolati.

Ma se la notizia è veritiera, è allora probabile che abitanti della Terra (anziché di Marte od altri pianeti del Sistema Solare) hanno raggiunto segretamente il Satellite, base strategica di incalcolabile valore. Comunque sia, il mancato abbordaggio del suolo lunare non escluderebbe l'eventualità di una serie di circuitazioni esplorative dell'astro da parte di uomini o più semplicemente di ordigni automatici, la cui provenienza terrestre è ormai un fatto di indiscussa acquisizione.

Nella primavera del 1950 alcuni studiosi, dopo aver a lungo frugato fra le polverose carte degli archivi, comunicarono che si dalla metà del XVIII secolo furono visti volare dei Dischi luminosi e ne rimase memoria scritta. Dato il lungo periodo (circa due secoli) tali “segnalazioni” sono numerosissime.

In genere tutte queste presunte osservazioni discoidali si riconducono facilmente a macchine ed avvrnimenti aeronautici o storici del tempo. E' sufficiente l'attenta lettura di una dettagliata “Storia dell'Aviazione” per sincerarsi della veridicità del mio asserto. I residui ed ancor numerosi episodi si spegano ascrivendoli volta a volta a palloni aerostatici, ai primi dirigibili, ai fulmini globulari e perlitici, a vari tipi di miraggi ottici, a nubi lenticolari ecc.

I primi dischi volanti (nella più completa accezione del termine e nella loro più recente fase evolutiva) sono dunque macchine anglo-canadesi e risalgono soltanto al biennio 1946-47. Essi sono macchine rivoluzionarie, antesignane delle “basi spaziali” e tratto d'unione fra l'Aeronautica e l'Astronautica. Umanamente perfette, di quella perfezione meccanica che è delle cose semplici, la loro costruzione dovrebbe risultare relativamente economica perchè la morfologia circolare non richiede l'approntamento (come invece si verifica per i normali aerei alati) di una miriade di pezzi diversi l'uno dall'altro per forma,qualità e dimensioni. Approntati gli utensili per la costruzione degli elementi di un “settore”, tutta la macchina (di massima beninteso!) sorge dalla collocazione di un certo numero di analoghi pezzi intorno all'asse centrale comune.

Il che giustifica il fatto che detti ordigni (ovviamente sperimentali) possono non solo venire montati in zone desertiche soggette a gelosa vigilanza ma anche a essere lanciati a gruppi che raggiungono persino le trenta unità (Lubbock, 1951) mentre è noto che per i prototipi alati non si approntano che tre, quattro esemplari al massimo, i quali volano singolarmente


















































































 

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